Prospettive assistenziali, n. 20, ottobre-dicembre 1972

 

 

DOCUMENTI

 

NOTA PASTORALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE PIEMONTESE SUI PROBLEMI DEL MONDO DEL LAVORO

 

 

Nel documento approvato il 23-9-1971 dai Sindacati CGIL, CISL, UIL, dalle ACLI, dall'Unione italiana per la promozione dei diritti del minore e per fa lotta contro l'emarginazione sociale e dall'Associazione per la lotta contro le malattie mentali (1) erano indicate alcune fondamentali condizioni necessarie per una trasformazione radicale dell'assistenza.

Fra le principali:

- un adeguato trasferimento di stanziamenti dai consumi privati ai consumi collettivi;

- il riconoscimento del diritto alla protezione sociale mediante la piena occupazione, e, per coloro che non possono svolgere appieno un'atti­vità o ne sono usciti, garanzie economiche che assicurino il minimo vitale;

- la scuola intesa come momento di formazione a carattere globale e permanente.

È con soddisfazione che troviamo indicazioni simili nella nota pasto­rale, che pubblichiamo integralmente, della Conferenza episcopale piemon­tese del 10-11-1972, nota che fra l'altro sottolinea la priorità assoluta della dignità della persona umana nei luoghi di lavoro e di vita, e il diritto di tutti i membri della comunità, in particolare degli anziani e degli handicap­pati, di partecipare alla equa distribuzione dei frutti del lavoro comune.

 

 

Testo del documento

I vescovi della regione piemontese, prenden­do in considerazione l'attuale momento della vita sociale della nostra regione, hanno fermato la lo­ro attenzione su due fatti di particolare rilievo: la situazione occupazionale e il rinnovo di alcuni im­portanti contratti di lavoro. Essi vogliono anzi­tutto richiamare l'attenzione delle comunità cri­stiane, alla luce della Sacra Scrittura e del magi­stero, su alcuni punti di maggiore importanza dal punto di vista religioso e pastorale; e questo per stimolare ed aiutare tutti i cristiani e tutti coloro cui sta a cuore la sorte dell'uomo a cogliere in una visione globale sia la gravità di alcune situa­zioni, sia le prospettive e le indicazioni di solu­zione che vengono proposte particolarmente nei rinnovi contrattuali.

 

1. La situazione occupazionale

Una grave crisi colpisce da tempo diversi set­tori produttivi e vaste zone del Piemonte. Molte aziende chiudono o riducono la loro attività; in altre la riduzione dei posti di lavoro viene effet­tuata attraverso il blocco delle assunzioni o la mancata sostituzione di coloro che lasciano l'a­zienda.

Dalla chiusura degli stabilimenti o dalle ridu­zioni di personale attraverso i licenziamenti, so­no particolarmente colpiti i lavoratori più anziani, per i quali costituisce grave danno la perdita dei diritti connessi alla anzianità di lavoro e sono in maggiore difficoltà a trovare nuovo impiego.

Sono pesanti gli effetti negativi che si fanno sentire anche per i giovani; spesso sono costret­ti ad accettare ruoli di sotto occupazione, non riuscendo ad inserirsi in quei settori per cui si sono qualificati. La situazione assume particolari aspetti di gravità per molti immigrati che hanno lasciato la loro terra attratti dallo sviluppo indu­striale. Su di loro e sulle loro famiglie il peso della disoccupazione si fa sentire con maggior forza. Concorrono a creare questa situazione di­versi fattori connessi alla fase attuale di sviluppo della nostra società industriale e collegati alle scelte fatte, o mancate, a livelli di responsabilità più generale.

Pur sapendo che non è di loro competenza ana­lizzare a fondo queste cause, né dettare soluzio­ni, i vescovi riconoscono gli sforzi in atto per mi­gliorare la situazione; non possono tuttavia di­menticare il fatto che si continua ad impegnare capitali ed energie umane per la produzione di beni destinati prevalentemente al consumo indi­viduale, sovente superfluo, mentre sembra anco­ra troppo scarsa l'attenzione rivolta alla creazio­ne di strutture per la produzione di beni e servizi destinati al consumo sociale. Si manifesta inoltre sempre di più la esigenza, anche nel campo indu­striale, di favorire una diversificazione delle atti­vità produttive, per impedire il sorgere di gravi pericoli occupazionali derivanti da situazioni di vera e propria monocultura. È necessario dare priorità alla produzione di beni di utilità comune. Uno stimolo più forte alla produzione di questi beni, una diversificazione di strutture produttive e di beni prodotti, potrebbero insieme costituire una fonte cospicua di occupazione soprattutto per le giovani generazioni.

Di fronte a questo stato di cose i vescovi av­vertono di dover mettere in evidenza alcune esi­genze fondamentali, rispondendo alle quali si ren­de possibile un ulteriore passo verso l'umanizza­zione della nostra vita sociale, economica e poli­tica: a) l'esigenza di creare nuove fonti di impie­go, dando priorità di risposta ai bisogni comuni, rispetto ai consumi privati. Ciò comporterà un serio impegno a livello politico ed economico per elaborare ed attuare organici piani di sviluppo, capaci di orientare l'attività di tutti all'interesse comune, nel superamento dei particolarismi e della ricerca preponderante dell'interesse priva­to; b) l'esigenza di usare i capitali, frutto della comune attività di generazioni di imprenditori e di lavoratori, per l'utilità pubblica realizzando concretamente quella «funzione sociale» della proprietà più volte richiamata dal magistero della Chiesa; c) l'esigenza di promuovere, all'interno delle aziende e con iniziative più ampie nel cam­po dell'istruzione professionale, la continua ri­qualificazione dei lavoratori, per favorirne il reim­piego e per soddisfare al diritto umano di un con­tinuo progresso ed elevazione culturale; d) l'esi­genza che sia riconosciuto ai lavoratori un giusto spazio a livello aziendale e a livello politico, se­condo l'insegnamento ribadito nella «Mater et Magistra» (nn. 84-88). Troppo spesso si constata infatti che i lavoratori, con il licenziamento, subi­scono le conseguenze di scelte operate a diversi livelli, senza alcuna loro partecipazione. Talora neppure forti movimenti di protesta motivata rie­scono a far ascoltare la propria voce; e) l'esigen­za di affrontare solidalmente i costi dello svilup­po, delle crisi, delle ristrutturazioni, di creare un sistema che garantisca ai lavoratori un reddito permanente, in modo da evitare di far portare il peso maggiore ai più poveri e socialmente più deboli; f) l'esigenza di attuare una distribuzione sempre più equa dei frutti del lavoro comune, in modo da farvi partecipare a pieno diritto tutti i membri della comunità sociale, particolarmente i vecchi, gli invalidi, gli handicappati, ancora la­sciati in condizione di emarginazione.

 

2. I rinnovi dei contratti di lavoro

Importanti categorie di lavoratori stanno rinno­vando o hanno appena rinnovato i loro contratti collettivi di lavoro. I vescovi non possono dimen­ticare la grande importanza che hanno avveni­menti di questo genere per milioni di persone e per la creazione di condizioni di sempre più gran­de giustizia nei rapporti economici e sociali. Per questo motivo dedicano la loro attenzione a que­sti fatti, coscienti che le attuali piattaforme con­trattuali presentano interessanti e positive indi­cazioni di soluzioni per la nostra vita sociale. In particolare:

a) per quanto riguarda il rapporto di lavoro, l'orizzonte contrattuale tende sempre più ad am­pliarsi, da problemi di prevalente carattere sala­riale verso nuove soluzioni di tipo normativo, atte a difendere meglio la dignità morale e l'integrità psico-fisica del lavoratore: tali sono il supera­mento delle mansioni dequalificate e dequalifi­canti; la proposta di forme concrete di continua riqualificazione dei lavoratori; il consolidamento del diritto di libera organizzazione all'interno de­gli stabilimenti e del diritto di assemblea, il di­ritto di un maggior controllo dei lavoratori nei confronti degli ambienti, dei procedimenti e dei ritmi di lavoro;

b) ancora all'interno delle strutture produttive è significativo l'impegno per eliminare ingiuste sperequazioni e anacronistiche distinzioni, fon­date su concezioni non più attuali riguardo al la­voro stesso. La necessaria distinzione di ruoli non deve costituire ostacolo al riconoscimento dell'uguale dignità di ogni persona e alla più pie­na attuazione della solidarietà tra coloro che con­dividono sostanzialmente la stessa condizione sul lavoro e nella vita sociale;

c) l'affermazione della superiorità di valori ine­renti alla persona (salute, rispetto della dignità personale e collettiva, maggiore attenzione alle esigenze personali e familiari, ecc...) sugli ele­menti di ordine economico-salariale, contribuisce a creare le condizioni per dare un significato più ampio ed umano al lavoro. Le incentivazioni di carattere salariale da sole non danno un signifi­cato al lavoro. Anche i fenomeni di assenteismo denunciano la necessità di riportare a dimensio­ne più umana l'attività produttiva nelle aziende. L'affidare maggior spazio di intervento respon­sabile al lavoratore costituirà un grande passo in avanti;

d) la difesa della sicurezza del posto di lavoro, l'impegno ad eliminare le forme di sottoccupa­zione connesse ai sistemi di appalto e di lavoro a domicilio come spesso è attuato, la volontà di attuare e far rispettare orari lavorativi a dimen­sioni più umane, sono altrettanti elementi che concorrono a stimolare la ricerca di nuove fonti di occupazione.

Gli elementi ricordati si dimostrano particolar­mente positivi nella misura con cui costituiscono rinnovamento di molti aspetti della vita sociale e stimolo di maturazione per gli stessi lavoratori. Infatti, impegnando tutti a soddisfare alle esigen­ze del bene comune, nel superamento dei parti­colarismi di categoria, propongono ai lavoratori profondi mutamenti di mentalità e di comporta­mento. In particolare, i vescovi sottolineano l'im­portanza dello sforzo per una costante riqualifi­cazione professionale; di una maggiore attenzio­ne alle condizioni generali della vita sociale; dell'assunzione più diretta di responsabilità, sia nel campo del lavoro, sia nella partecipazione attiva al movimento operaio. Questi elementi inducono a guardare con speranza al movimento in atto per una crescita in dignità e libertà delle persone e di tutti i gruppi sociali.

 

3. In questa complessa situazione, ai vescovi del Piemonte pare necessario richiamare alcuni principi fondamentali:

a) incombe a tutti il dovere e spetta a tutti il diritto di partecipare attivamente alla ricerca di indicazioni valide per una equa soluzione dei pro­blemi comuni. È particolarmente attuale in propo­sito l'insegnamento di «Mater et Magistra»: «Se le strutture, il funzionamento, gli ambienti di un sistema economico sono tali da compromet­tere la dignità umana di quanti vi esplicano la loro attività, o da ottundere in essi sistematica­mente il senso della responsabilità o da costitui­re un impedimento a che comunque si esprima la loro iniziativa personale, un siffatto sistema eco­nomico è ingiusto, anche se, per ipotesi, la ric­chezza in esso prodotta attinga quote elevate e venga distribuita secondo criteri di giustizia ed equità» (n. 70; cfr. anche «Gaudium et Spes», nn. 67-68). Nessuno ovviamente può credere di avere soluzioni pronte; esse vanno ricercate con competenza, coerenza e capacità inventiva, secondo l'insegnamento di «Octogesima adve­niens», da tutti coloro cui sta a cuore la sorte dell'uomo. I credenti soprattutto devono sentirsi impegnati in questa ricerca dalla loro fede, se­condo la quale «tutto ciò che è fatto anche al più piccolo» è fatto a Cristo. Venir meno a questi impegni nei confronti dei più poveri significhe­rebbe eludere un fondamentale appuntamento con Cristo nella nostra storia;

b) la solidarietà con i poveri deve scendere nel concreto, diventando solidarietà operante a fianco di tutti coloro che lavorano per una più grande giustizia, nella ricerca di soluzioni che tendono al superamento di ogni forma di egoi­smo. Si tratta di assumere con coraggio proposte di vera maturazione ed elevazione umana, sug­gerendo criteri di solidarietà invece di criteri di competizione; maggior rispetto verso l'uomo e le sue esigenze fondamentali, a preferenza dell'ef­ficientismo produttivistico e dei consumi super­flui; priorità all'interesse comune rispetto agli interessi di parte;

c) l'insegnamento del Concilio, secondo cui «il lavoro umano, che viene svolto per produrre e scambiare beni e per mettere a disposizione servizi economici, è di valore superiore agli altri elementi della vita economica, perché questi han­no solo natura di mezzo» («Gaudium et Spes», n. 67), deve costituire punto costante di riferi­mento nella ricerca di soluzioni sia ai problemi dello sviluppo, sia ai gravi problemi determinati da momenti di crisi.

I vescovi, inoltre, consapevoli nella fede che ogni autentico atto di giustizia e di crescita dell'uomo è insieme segno e parziale attuazione dal­la liberazione portata da Cristo, invitano i cre­denti a rendere sempre più operante in questi campi il loro dono di fede, speranza e carità e a riconoscere in tutti coloro che sinceramente ope­rano per la salvezza dell'uomo e per l'elevazione dei più poveri, la presenza del disegno di Dio. Mentre su tutti invocano l'aiuto del Signore, rin­novano per se stessi e per le comunità loro affidate l'impegno di essere testimoni della carità del Padre verso tutti, specialmente verso coloro che più soffrono per le difficoltà che stiamo at­traversando.

 

 

 

(1) «Le ragioni per le quali si respinge lo schema di decreto delegato sull'assistenza predisposto dal Governo», in Prospettive assistenziali, n. 16, ottobre-dicembre 1971, pag. 5 e segg.

 

www.fondazionepromozionesociale.it