Prospettive assistenziali, n. 20, ottobre-dicembre 1972

 

 

ATTUALITÀ

 

LA NAVE RIFORMATORIO GARAVENTA E PROPOSTE ALTERNATIVE

 

 

Come scrive Camillo Arcuri su Il Giorno del 21. 10. 1972, la nave rifor­matorio Garaventa «è un'istituzione, a Genova: fondata quasi un secolo fa da quel Nicolò Garaventa che andava per i vicoli a catturare col bastone “i batusi” i figli dell'abbandono e della miseria, e li trascinava a bordo per farne dei marinai, è rimasta tuttora una gloria cittadina per gli amanti del passato più che del presente».

Nonostante l'assurdità di «un'istituzione chiusa, tagliata fuori dalla vi­ta cittadina e governata da una disciplina e da una ideologia di tipo parami­litare» (come aggiunge l'Arcuri), gli On. Ines Boffardi e Francesco Cattanei hanno presentato il 4.7.1972 alla Camera dei Deputati la proposta di legge 211 perché alla Garaventa venisse assicurato dallo Stato un contributo annuo di L. 30 milioni.

La sezione ligure dell'Unione italiana per la promozione dei diritti del minore e per la lotta contro l'emarginazione sociale, ha preso posizione contro l'approvazione della suddetta proposta di legge ed ha sollecitato lo smantellamento dell'istituzione previa creazione di servizi alternativi e in questo numero pubblichiamo un documento emesso al riguardo.

Per quanto concerne le soluzioni alternative pubblichiamo inoltre le proposte, sottoscritte da oltre 2.000 persone, elaborate dal gruppo di lavoro sul disadattamento minorile, costituitosi a seguito del dibattito di Torino del 13. 6. 1972 (V. Prospettive assistenziali, 19, pag. 72) e la lettera di accompagnamento inviata alle autorità, lettera che contiene alcune preci­sazioni sulle richieste avanzate.

 

 

I

Rilievi della sezione ligure dell'Unione italiana per la promozione dei diritti del minore e per la lotta contro la emarginazione sociale sulla proposta di legge a favore della nave riforma­torio Garaventa

 

È stata presentata alla Camera dei Deputati una proposta di legge, firmata dagli On. Ines Boffardi e Francesco Cattanei della D. C., volta a far ot­tenere alla Fondazione Garaventa un contributo in denaro di 30 milioni per gli anni '71 e '72. Per tale proposta è stata richiesta la discussione con procedura d'urgenza.

Con urgenza ancora maggiore occorre mettere in rilievo due aspetti sconcertanti del testo pre­sentato. Esso, infatti, è gravemente inesatto in molti punti; non solo dove riporta quali prove dell'efficienza dell'istituzione stralci di discorsi di circostanza pronunciati sulla nave, ma soprat­tutto dove contiene cifre del tutto diverse da quelle reali. Una per tutte: i minori ospitati non sono 120 ma 45. Differenza notevolissima, non spiegabile se si vuol credere che i proponenti co­noscano il problema sul quale avanzano la pro­posta.

D'altra parte, accanto alla richiesta di denaro - pubblico, s'intende, dunque da spendere bene - non vi è alcun accenno a idee e direttrici nuo­ve, invocate come indispensabili da tutti coloro che si sono occupati della materia, primo fra tutti il commissario straordinario Giovanni Cattanei.

Nessuna garanzia viene posta perché il contri­buto non sia solo un rattoppo per far fronte alle spese correnti della languente istituzione; a nes­suna innovazione si subordina la concessione del contributo che andrebbe così a sostentare, diffe­rendone solo la crisi, un istituto ormai impari al compito devolutogli.

Ma l'intera proposta di legge va criticata, come merita, più analiticamente. Questo è il contribu­to che spetta ai cittadini-elettori e sarà certo ap­prezzato dai due proponenti.

1) Circa l'età dei soggetti accolti sulla nave ri­formatorio Garaventa, essa spesso va oltre i «16 anni» indicati. La grande eterogeneità della età dei residenti crea gravi difficoltà all'azione edu­cativa, aggravata dal fatto che vi sono soggetti di caratteristiche sociali e personali del tutto diver­se, che vanno dal grave recidivista al semplice bambino abbandonato dalla famiglia. Ciò porta a fenomeni di contagio e fornisce ai più piccoli mo­delli di identificazione negativi.

2) Buona parte dei casi non rimane sulla nave riformatorio Garaventa fino a «completo recupe­ro», come affermato nella proposta di legge. Mol­ti soggetti, infatti, terminano il loro periodo di in­ternato con la fuga o il trasferimento ad altri isti­tuti. Ciò in genere è segno di fallimento dell'azio­ne rieducativa.

Soltanto una minima percentuale di soggetti ospitati sulla nave riformatorio Garaventa vengo­no «avviati alla marina militare o mercantile».

3) La provenienza dei giovani da «ogni città d'Italia» è un elemento negativo, in quanto è più opportuno che la rieducazione avvenga in una lo­calità vicina alla famiglia di appartenenza del ra­gazzo, al fine di poter facilitare e migliorare i con­tatti con i famigliari.

La lontananza dalla famiglia non permette, tra l'altro, di far usufruire al ragazzo di licenze suffi­cientemente frequenti.

4) La nave riformatorio Garaventa attualmente non ospita «120 minori», ma circa 45 ragazzi di cui soltanto una trentina realmente presenti. Le strutture e i locali della fondazione non sono nep­pure sufficienti all'attuale numero dei ragazzi.

5) Da alcuni anni la nave è stata oggetto di nu­merose e documentate critiche da parte degli or­gani di stampa, di qualificati operatori sociali e di organismi politici.

È un dato ormai acquisito in campo scientifico che gli istituti di tipo tradizionale, quali la Gara­venta, non sono efficaci nell'opera rieducativa, ma costituiscono molto spesso un fattore crimi­nogeno.

6) Il dato del «recupero integrale del 70 per cento» dei casi ospitati sulla nave riformatorio Garaventa non appare attendibile e non è soste­nuto da alcuna ricerca catamnestica. Esso si ba­sa su impressioni e pregiudizi che non hanno al­cun fondamento scientifico. L'unica ricerca esi­stente sulla Garaventa riguarda l'adattamento dei ragazzi all'istituzione e non fornisce alcun dato sul riadattamento sociale dei soggetti dopo la loro dimissione.

7) La nave «Alabarda» è pressochè inutilizza­ta, essendo stata dichiarata inabitabile a causa del suo notevole deterioramento. I ragazzi sono obbligati a vivere - a terra - in angusti locali, male illuminati, con scarse attrezzature sportive e ludiche.

L'istituzione non dispone di campi da gioco e neppure di cortili. Il caseggiato è situato in por­to, attorniato da depositi e da vecchi magazzini, lontano da spazi verdi e da zone residenziali.

8) Il personale della nave riformatorio Gara­venta non comprende alcun educatore specializ­zato.

9) Date le caratteristiche di inabitabilità della nave «Alabarda» non è assolutamente ipotizza­bile alcuno specifico corso di addestramento pro­fessionale.

10) L'eventuale contributo dello Stato di lire 30 milioni per ciascuno degli anni 1971-1972, non potrebbe in alcun modo consentire alla fondazio­ne «di mettersi al passo con le esigenze moder­ne» date le profonde e radicali carenze dell'isti­tuzione, condizionate negativamente oltre che dalla insufficienza delle strutture, anche da un anacronistico statuto i cui fondamenti risalgono al secolo scorso. Tale contributo sarebbe appena sufficiente a coprire l'attuale deficit della fon­dazione.

 

 

II

Prime richieste di interventi relativi alla sezione di custodia preventiva del Ferrante Aporti di Torino e alle misure cosiddette rieducative

 

I firmatari del presente documento, preso atto delle disumane condizioni in cui si trovano i mi­nori rinchiusi nella sezione di custodia preventi­va del Ferrante Aporti di Torino, richiedono mi­sure urgenti che non devono limitarsi a modifica­re solo la situazione interna, ma devono modifi­care l'attuale impostazione degli interventi nel campo penale e in quello rieducativo (ammini­strativo) .

I firmatari del presente documento si impegna­no di portare avanti le azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi seguenti:

 

1. Obiettivi di fondo

- Elevare l'imputabilità dei ragazzi ai 18 anni e sopprimere comunque tutte le misure di tipo carcerario nei confronti dei minori che hanno commesso reati e sostituirle, nei casi gravi da de­finire, con interventi educativi diretti a liberare i minori dai condizionamenti negativi che li hanno portati a compiere atti antisociali, limitando quin­di le competenze del T.M. ai settori civile e am­ministrativo, intesi entrambi come esplicazione della tutela del diritto alla educazione del minore.

- Sottrazione di tutte le competenze attual­mente svolte dal Ministero di Grazia e Giustizia in materia minorile e trasferimento della program­mazione dei servizi alle Regioni e delle attività operative ai Comuni o a articolazioni subcomu­nali o consortili, attraverso la piena ed effettiva partecipazione dei cittadini alla programmazione e gestione dei servizi.

 

2. Gradualità e prevenzione

Ovviamente la creazione dei nuovi servizi sa­rà graduale; tuttavia le soluzioni parziali che via via verranno attuate dovranno essere in linea con gli obiettivi di fondo. La gradualità in ogni caso non potrà o dovrà essere utilizzata per dilazionare la situazione del problema. La gradualità dovrà inoltre essere in linea con interventi di vera pre­venzione e cioè con la realizzazione di servizi sa­nitari, abitativi, sociali, scolastici, culturali, ri­creativi adeguati alle esigenze di tutti e di cia­scuno.

 

3. Obiettivi a breve termine

- Creazione da parte del Comune di Torino di centri sociali di quartiere aperti a tutti i cit­tadini. Nei centri sociali dovranno essere istitui­ti i servizi sanitari, sociali, culturali, ricreativi, ecc. concordati con gli abitanti dei quartieri in­teressati.

- Creazione da parte degli Enti Locali di co­munità di quartiere (per 15-20 ragazzi al massi­mo) che sostituiscano l'attuale sezione di custo­dia preventiva presso il Ferrante Aporti.

Tali comunità dovranno essere costruite e or­ganizzate in modo da rispondere ad una imposta­zione educativa e non repressiva, e in modo da esser utilizzate anche se saranno ancora in vigore le attuali disposizioni della legge penale mino­rile.

Dovrà pertanto essere consentita la partecipa­zione dei cittadini alla impostazione e gestione delle comunità.

Il personale dovrà inoltre avere una formazio­ne educativa.

- Programmazione da parte delle Regioni Piemonte e Valle d'Aosta di focolari per 6-8 ragazzi in alloggi sparsi nelle comuni case di abitazione in sostituzione delle cosiddette case di rieduca­zione e attuazione dei focolari stessi da parte dei Comuni e transitoriamente anche da parte delle Province del Piemonte.

 

4. Richieste immediate

- Apertura alla collaborazione esterna dell'i­stituto in modo che i ragazzi della sezione di cu­stodia e della Casa di Rieducazione possano ave­re validi rapporti umani e ripresa della attività formativa condotta da un gruppo autonomo ester­no (quale ad es. il gruppo Abele).

Si richiede comunque di sottrarre immediata­mente i ragazzi della sezione di custodia dall'at­tuale stato di abbandono, inattività e ozio.

- Finanziamento e sostegno delle comunità esistenti, sia quelle gestite dagli Enti locali, sia quelle sorte su iniziativa di gruppi spontanei, qua­li quelle del gruppo Abele e del Centro Maran Atà.

Questo finanziamento viene richiesto sia alla Regione Piemonte e Valle d'Aosta, ai Comuni e alle Province del Piemonte quale atto concreto di assunzione del problema dei ragazzi cosiddetti disadattati, sia agli enti pubblici (sia soprattutto Cassa di Risparmio e Istituto Bancario S. Paolo di Torino) quale contributo alle attività formative.

- Invio a partire dal prossimo anno scolastico 72/73 dei ragazzi della casa di rieducazione a scuole pubbliche esterne dell'obbligo o superiori o professionali, in grado di adottare misure peda­gogiche che non emarginino ulteriormente i ra­gazzi.

- Pubblicizzazione dei progetti edilizi relativi a riformatori giudiziari, Case di Rieducazione e sezioni di custodia preventiva del Piemonte e Val­le d'Aosta.

5. Viene deciso di inviare questo documento (allegando anche quello utilizzato per il dibattito pubblico del 13. 6. 72) al Ministro di Grazia e Giustizia, al Presidente e ai Componenti delle Commissioni Giustizia e per le Regioni della Ca­mera dei Deputati e del Senato della Repubblica, ai Presidenti, Assessori e Consiglieri delle Re­gioni Piemonte e Valle d'Aosta, delle Province del Piemonte, ai Sindaci, agli Assessori e Consi­glieri dei Comuni di Alessandria, Aosta, Asti, Cu­neo, Novara, Torino e Vercelli.

A queste autorità si chiede di far pervenire al Comitato di quartiere di Lingotto Ippodromo, presso Galleana, C. Unione Sovietica 339, Torino, le loro osservazioni e proposte.

 

 

III

Comitato di quartiere Lingotto Ippodromo, Via Montecorco 34 Torino

 

Torino, 11 dicembre 1972

- Al Ministro e ai Sottosegretari di Stato di Grazia e Giu­stizia

- Al Presidente e ai Componenti delle Commissioni Giu­stizia della Camera e del Senato

- Al Presidente e ai Componenti della Commissione par­lamentare per le questioni regionali

- Al Presidente, agli Assessori all'assistenza e al lavoro e ai Capi gruppo delle Regioni Piemonte e Valle d'Aosta AI Presidente, agli Assessori all'assistenza e al lavoro e ai Capi gruppo delle province di Alessandria, Asti, Cuneo, Novara, Torino, Vercelli

- Al Sindaco, agli Assessori all'assistenza e al lavoro e ai Capi gruppo dei Comuni di Alessandria, Aosta, Asti, Cuneo, Novara, Torino e Vercelli.

 

Nell'inviare il documento «Prime richieste di interventi relative alla sezione di custodia pre­ventiva del Ferrante Aporti di Torino e alle mi­sure cosiddette rieducative» con un primo elen­co dei firmatari, il Gruppo promotore, a seguito di approfondimenti compiuti nell'intervallo tra­scorso dalla stesura del documento ad oggi, pre­cisa quanto segue:

a) il punto 3.2. del documento allegato va in­teso nel senso che le istituzioni per i minori in attesa di giudizio o condannati, pur essendo chiu­se, per tutti gli altri aspetti devono rispondere alle esigenze formative dei minori ed essere adattabili a comunità aperte.

Dette istituzioni, chiamate al punto 3.2. comu­nità di quartiere, devono avere un numero limi­tato di posti (15-20), essere site nel vivo del contesto sociale per consentire all'interno rap­porti umani e sociali validi e una presa a carico da parte della comunità esterna per rendere inol­tre possibile l'inserimento sociale e lavorativo dei minori appena dimessi.

Ovviamente queste istituzioni non dovranno essere istituite in tutti i quartieri, ma il loro nu­mero dovrà essere limitato allo stretto indispen­sabile, nella considerazione della necessità e dell'urgenza di ridurre gli interventi repressivi e di realizzare gli interventi di prevenzione oggi pres­soché inesistenti o comunque carenti sul piano quantitativo e soprattutto qualitativo;

b) nella prospettiva inderogabile dell'assunzio­ne della programmazione e gestione dei servizi assistenziali da parte degli enti locali e della non frammentazione e discriminazione fra catego­rie degli utenti, dovrà essere modificata anche l'attuale impostazione degli interventi ammini­strativi, nel senso di giungere non solo alla totale sottrazione di tutte le competenze svolte dal Mi­nistero di grazia e giustizia, ma anche di rendere possibile la soppressione delle competenze am­ministrative (oltre che di quelle penali) dei Tri­bunali per i minorenni, e giungere a limitare le loro competenze al solo settore civile;

c) si ritiene che la garanzia per l'attuazione di servizi preventivo-assistenziali effettivamente ri­spondenti alle esigenze dei minori, sia l'avvio delle strutture che in questo momento appaiono più indispensabili, quali le comunità educative, con modalità tali da consentire una effettiva spe­rimentazione, avere una verifica ed un adegua­mento costante in base al variare della necessità sociale.

Una effettiva volontà di sperimentazione com­porta la partecipazione attiva al funzionamento delle strutture da parte degli operatori sociali, degli utenti diretti e della comunità, se si vuole che il servizio sia un organismo vitale collegato al tessuto sociale in cui si inserisce.

d) i centri sociali, di cui al paragrafo 3.1., de­vono essere considerati non come semplici strutture edilizie o nel senso tradizionalmente dato fino ad oggi al termine, ma, com'è indicato nello stesso paragrafo 3.1., come il punto di ri­ferimento del complesso di servizi sanitari, so­ciali, culturali, ricreativi ecc., concordati con gli abitanti del quartiere e rispondenti alle esigenze di tutti e di ciascuno;

e) le richieste presentate per il Ferrante Apor­ti si ritengono estese agli altri istituti di riedu­cazione maschili e femminili.

 

*  *  *

 

Ai destinatari di questa lettera il Gruppo pro­motore chiede di far pervenire al Comitato di quartiere Lingotto Ippodromo c/o Galleana, c. Unio­ne Sovietica 339 - Torino le loro osservazioni e proposte sulle richieste contenute nel documento e resta a loro disposizione per eventuali chiari­menti.

 

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