Prospettive assistenziali, n. 20, ottobre-dicembre 1972

 

 

DOCUMENTI

 

COME SI EMARGINANO GLI ALUNNI NELLA PROVINCIA DI TORINO

Da una indagine dell'A.A.I. sulle classi speciali e differenziali della Provincia di Torino

 

 

Dall'indagine dell'A.A.I. sull'entità del fenomeno del disadattamento in Torino e Provincia, che pubblichiamo, risulta fra l'altro che:

- l'incremento del numero delle classi differenziali e speciali è stato notevole: da 64 che erano nel dicembre 1964 sono passate a 490 nell'anno scolastico 1969-70 con un aumento di 426 classi, pari al 765%;

- la media generale per Torino e provincia dei ragazzi frequentanti le classi differenziali e speciali è notevolmente alta (3,5% del totale) con una preoccupante dispersione (e concentrazione) delle percentuali da zero a ben il 20%;

- circa un terzo delle Direzioni didattiche in modo esplicito (ma in realtà sarebbero molto di più), segnalano di avere più alunni accolti in classi differenziali e speciali che non alunni segnalati come veri «disa­dattati»;

- l'invio dei ragazzi in classi differenziali e speciali è deciso spesso senza l'intervento delle équipes medico-psico-pedagogiche in violazione alle leggi vigenti e, in particolare, del D.P.R. 11-2-61 n. 264 e 22-12-67 n. 1518 sulla medicina scolastica;

- manca qualsiasi piano programmatico da parte del Ministero della pubblica istruzione, del Provveditorato agli studi di Torino e dei comuni.

Nonostante che la ricerca dell'A.A.I. indichi chiaramente che molti ra­gazzi sono inviati alle classi differenziali e speciali per motivi inammissibili e spesso anche illeciti, per l'anno scolastico in corso i posti di classi dif­ferenziali sono rimasti uguali all'anno precedente e quelli di classi speciali sono stati addirittura aumentati di 20, e non c'è stato il decentramento ri­chiesto da associazioni e comitati di quartiere.

Ciò è avvenuto nonostante che l'assessore all'istruzione del Comune di Torino, nella sua relazione tenuta al Consiglio comunale il 22-3-71, avesse affermato che «non si ritiene di dover potenziare l'istituzione di nuove scuo­le speciali; si reputa invece necessario riesaminare, in collaborazione con l'autorità scolastica, la ridistribuzione delle classi speciali nelle scuole nor­mali, in quanto nei plessi dove le stesse hanno funzionato si sono ottenuti positivi risultati educativi».

Non risulta però che l'assessore abbia preso pubblicamente posizione contro l'ultima grave iniziativa dell'autorità scolastica.

 

 

Caratteristiche e sviluppo del lavoro

Il lavoro è, essenzialmente, un'indagine cono­scitiva sulle «strutture» scolastiche a livello di Scuola Elementare esistenti nella Provincia di Torino, sorte e funzionanti come risposta al disadattamento dei minori.

Pertanto, si sono prese in considerazione le seguenti istituzioni:

1) Scuole e classi speciali elementari

2) Classi differenziali elementari.

Tutti i dati si riferiscono all'anno scolastico 1969/70.

Come unità-base della ricerca si è scelto il Circolo didattico, la struttura amministrativa di base appunto della scuola elementare, retta da una Direzione didattica, con a capo il Direttore didattico. Il Circolo didattico è tuttavia assai va­rio: nella città di Torino raggruppa uno o più «plessi» scolastici; in alcuni grossi Comuni del­la Provincia coincide in tutto o in parte con la circoscrizione comunale; ma nella maggior parte della Provincia raccoglie diversi piccoli Comuni. Per alcune esigenze della ricerca abbiamo talora raggruppato due Circoli didattici per farli coinci­dere col Comune (per es.: per Moncalieri I e II intendiamo i due Circoli didattici del Comune di Moncalieri).

Nell'anno scolastico 1969/70 i Circoli didattici della Provincia di Torino erano 104, a loro volta raggruppati in 10 Circoscrizioni ispettive, secon­da struttura amministrativa territoriale della scuola elementare (intermedia fra il Circolo di­dattico ed il Provveditorato agli Studi): ogni Cir­coscrizione è retta dall'Ufficio dell'Ispettorato scolastico, con a capo un Ispettore scolastico.

Gli strumenti conoscitivi della ricerca sono sta­ti sostanzialmente due:

1) I dati ufficiali, forniti dal Provveditorato agli Studi, che riassumono le singole situazioni dei vari Circoli didattici e degli Ispettori scolastici della Provincia, sempre relativamente all'anno scolastico 1969/70, e riferiscono in particolare:

- il numero delle classi normali, differenziali e speciali, suddiviso per Comuni, Circoli didattici e Ispettorati scolastici;

- il numero degli alunni accolti nelle classi normali, differenziali e speciali, suddiviso solo per Circolo didattico e Ispettorato scolastico.

2) Una scheda-questionario, studiata dal grup­po di ricerca, per rilevare il numero, le tipologie e altre notizie sui minori disadattati, sulle strut­ture e sul funzionamento delle stesse.

La scheda ha subito varie modifiche dalla ste­sura originale alla stesura finale «concordata» col Provveditorato agli Studi, il quale, d'altra par­te, ha assunto ufficialmente l'incarico di richie­dere ai propri dipendenti Direttori didattici la compilazione della scheda-questionario, associan­dosi all'iniziativa dell'A.A.I., come risulta dalla doppia intestazione della scheda stessa: «Prov­veditorato agli Studi - Amministrazione Attività Assistenziali Italiane e Internazionali - Torino».

La scheda-questionario doveva essere compi­lata per ciascun «plesso» scolastico, anche mol­to piccolo (piccoli Comuni, frazioni, pluriclassi).

Essa si apriva con un'avvertenza molto impor­tante: «Frequentano le classi del plesso alunni che, secondo l'indagine dell'équipe o il parere del medico scolastico, risultano disadattati secondo la minorazione sottoelencata».

Con ciò si chiedeva appunto all'organo scola­stico di pronunciarsi, in collaborazione con orga­ni tecnici competenti, l'équipe m.p.p. o almeno il medico scolastico, sul numero e sulla tipologia degli alunni disadattati. Purtroppo non tutti i questionari risulterebbero compilati con la con­sultazione degli organi tecnici indicati. Il fatto più grave è che in alcuni casi si tratta di Circoli di­dattici in cui funzionano classi differenziali e speciali. Ad esempio, una Direzione didattica di Torino annota su tutti i questionari, in cui forni­sce i dati dei suoi plessi: «né l'équipe né il me­dico scolastico hanno potuto compiere l'indagi­ne», donde la domanda che ci dovremo porre più volte in questa indagine e che qui si affaccia la prima volta: «Ma gli alunni delle classi speciali e delle classi differenziali, funzionanti nello stes­so Circolo didattico, da chi e con quali garanzie sono stati reperiti e avviati a tali classi?».

In altre parole, l'osservazione fondamentale a proposito dei dati raccolti con la scheda-questio­nario è la seguente: se non sempre raggiungiamo dei dati sicuri e oggettivi, sempre trapelano delle indicazioni di fatto non meno interessanti dei dati oggettivi stessi.

Dopo l'avvertenza iniziale, nella scheda segue un prospetto tipologico che si è cercato di ren­dere estremamente chiaro sia dal punto di vista concettuale sia dal punto di vista tipografico. Va tuttavia rilevato che tale prospetto nella ste­sura definitiva contiene un errore: sono collocati sotto la tipologia degli insufficienti mentali i «ca­si limite» (Q.I. 75-85). In realtà si trattava in origine di un quadro tipologico così concepito:

- Disadattati psichici (o dell'intelligenza):

a) Insufficienti mentali gravi (Q.I. da 0 a 50)

b) Insufficienti mentali medio-lievi (Q.I. da 50 a 75)

c) Soggetti-limite o casi limite (Q.I. da 75 a 85)

- Disadattati sensoriali gravi

- Disadattati fisici gravi.

Dalla tipologia si sono esclusi volutamente i «caratteriali», sia per la difficoltà oggettiva di definire in sede scolastica tali soggetti, sia per il pericolo che in tale tipologia troppo facilmen­te venissero inclusi dei soggetti che, per altre cause, soprattutto sociali, sono in qualche modo di «disturbo» nella scuola.

Alcune Direzioni hanno tuttavia aggiunto di lo­ro iniziativa tale tipologia o vi hanno fatto cenno nelle lettere di accompagnamento: va notato che si tratta di poche Direzioni, ma tutte aventi nei propri Circoli delle classi differenziali e speciali. Su questo aspetto molto significativo torneremo più avanti, per cogliervi, fra l'altro, forse anche la preoccupazione di giustificare le classi diffe­renziali e speciali esistenti.

La seconda parte della scheda-questionario ave­va lo scopo di raccogliere dati sul funzionamento effettivo delle istituzioni speciali: in realtà, nella stesura finale, risulta così ridotta da costituire una fonte di notizie molto irrilevanti, salvo pochi dati sulla provenienza e il trasporto degli alunni.

 

Punti di riferimento

Prima di passare all'elaborazione dei dati rac­colti, ai vari confronti possibili e ai relativi com­menti, occorre premettere alcune considerazioni sui «punti di riferimento» di questa indagine.

1) Abbiamo già accennato alle due serie di dati rilevati:

a) ai dati ufficiali del Provveditorato agli Studi sul numero degli alunni e delle classi normali, differenziali e speciali della Provincia;

b) ai dati delle singole Direzioni didattiche sul numero dei «disadattati» presenti nella scuola.

2) Un altro dato importante è l'incremento che hanno subito le classi differenziali e speciali nel­la Provincia di Torino: in una circolare del Prov­veditorato agli Studi (circ. n. 489 prot. n. 11042 del 22 novembre 1969) si rende noto che da 64 che erano nel dicembre 1964 sono passate a 490 nell'anno scolastico che ci interessa (1969/70), con un aumento di 426 classi, pari al 765%.

Un'espansione di tali dimensioni, in un settore estremamente complesso e delicato, presuppo­neva da parte delle autorità centrali e periferiche della scuola un piano programmatico, che invece è mancato del tutto.

3) Un altro punto di riferimento molto impor­tante sono le norme vigenti in materia, e in par­ticolare:

- la circolare del Ministero della Pubblica Istruzione n. 4525 del 9/7/1962, avente per og­getto: «Scuole speciali e classi differenziali»;

- la circolare del Ministero della Pubblica Istruzione n. 934 del 2/2/1963, avente per og­getto: «Funzionamento delle scuole elementari speciali e delle classi differenziali»;

- il D.P.R. n. 1518 del 22/12/1967: «Regola­mento dei servizi di medicina scolastica» (pub­blicato sulla Gazzetta Ufficiale il 6 giugno 1968) ;

- le circolari annuali del Ministero della Pub­blica Istruzione circa il funzionamento delle équi­pes medico-psico-pedagogiche nelle scuole spe­ciali e classi differenziali.

In mancanza di precise norme di legge in pro­posito, le due prime circolari costituirono per vari anni, in pratica fino all'anno scolastico 1968/ 69 quando entrò in vigore il citato D.P.R., le uni­che norme amministrative in materia. Tuttavia, come norme «interne», furono sempre vincolan­ti per i funzionari scolastici, e la loro violazione può dar luogo a sanzioni amministrative nei confronti dei funzionari stessi, e può anche inte­grare quel vizio di legittimità degli atti ammini­strativi che è denominato eccesso di potere (nel senso di uso della potestà amministrativa in mo­do e per fini non conformi a quelli prescritti dalle norme).

In seguito gran parte delle norme amministra­tive contenute nelle due circolari furono assunte nel D.P.R. n. 1518 del 22/12/1967 sul regolamento di medicina scolastica, e diventarono norme di legge a tutti gli effetti.

Rispetto all'anno scolastico 1969/70, oggetto di questa ricerca, le due circolari ministeriali han­no una certa preminenza rispetto al D.P.R., sia perché emanate in precedenza sia perché si ri­volgono più direttamente ai funzionari scolastici che non il regolamento di medicina scolastica. Qui di seguito, quindi, ci riferiamo in particolare a dette circolari. Esse pur essendo in qualche punto contraddittorie, e quindi suscettibili di in­terpretazioni divergenti, di cui alcune lesive de­gli interessi degli alunni (1), nel loro insieme e nella loro ispirazione sono abbastanza positive e comunque costituivano un primo orientamento per i direttori e gli insegnanti, se fossero state veramente osservate. Il dubbio che emerge inve­ce da tutta la ricerca è quello che siano addirit­tura sconosciute o volutamente ignorate, e per nulla richiamate dalle autorità superiori all'atten­zione della scuola.

I punti positivi delle due circolari ministeriali sono i seguenti:

a) Netta distinzione fra intervento educativo, anche individuale e di ricupero, da attuarsi in classe normale e intervento educativo specialisti­co per i casi veramente bisognosi, da attuarsi in istituzioni particolari, classi differenziali e scuole speciali:

«La selezione degli educandi dovrà essere ac­curatissima, e tale, in ogni caso, da escludere gli scolari che possono trarre profitto da un buon insegnamento individualizzato nella scuola co­mune».

«È da escludere, in ogni caso, la destinazione alla classe differenziale, allorché il lieve squili­brio tra età anagrafica ed età mentale, o l'anoma­lia del carattere possano essere opportunamente eliminati nella scuola comune, attraverso l'atten­ta e vigile azione educativa, nonché mediante un insegnamento adeguatamente individualizzato».

b) Di conseguenza: netta caratterizzazione del­le classi differenziali e delle scuole speciali come istituzioni specialistiche, e quindi come eccezio­nali e ben distinte, rispetto ad altri interventi educativi della scuola comune, ossia destinate per veri disadattati.

c) Inoltre si richiedono garanzie abbastanza precise e sicure di diagnosi preventiva: ogni alun­no da avviare a classe differenziale e a scuola speciale deve essere sottoposto a visita specia­listica, e fornito di una cartella clinica:

«La selezione degli educandi dovrà essere ac­curatissima...».

«Reperimento. Per quanto riguarda il reperi­mento degli alunni le SS.LL. vorranno, in linea di massima, tener presenti i seguenti criteri:

La segnalazione della minorazione sarà fatta dall'insegnante, con relazione scritta al direttore didattico, il quale, dopo che le competenti auto­rità sanitarie (medico scolastico o ufficiale sani­tario o medico condotto) avranno accertato il ti­po della minorazione, avvierà l'alunno alla scuola corrispondente.

In ogni caso è consigliabile che l'accertamento della minorazione sia demandato ai locali centri medico-psico-pedagogici, qualora vi siano. Lad­dove non esistano i centri, sarà opportuno che le SS.LL. nominino una commissione provinciale, d'intesa col medico provinciale, di cui facciano parte, possibilmente uno specialista in neuropsi­chiatria infantile, un insegnante specializzato in ortofrenia, un pediatra, e, secondo la circostanza, un oculista o un otolaringoiatra».

«Alunni. Il Ministero ha preso atto delle assi­curazioni fornite circa il regolare reperimento degli alunni si ritiene peraltro opportuno sugge­rire che, nei casi in cui gli esami medici non sia­no conclusi con una diagnosi precisa, gli alunni siano sottoposti ad ulteriori accertamenti, allo scopo di stabilire con esattezza il tipo di istitu­zione alla quale devono essere avviati. È appena il caso di richiamare la loro attenzione sulla ne­cessità che tali ulteriori accertamenti si svolgano al più presto e, comunque, non oltre il decimo giorno dalla ricezione della presente circolare».

«Per ogni alunno dovrà essere curata la prepa­razione di una cartella, nella quale devono essere raccolte le schede con i risultati delle indagini mediche, psicologiche, ambientali e con le osser­vazioni degli insegnanti, nonché un giudizio di sintesi sul soggetto».

d) Altro aspetto importante: chiara qualifica­zione della classe differenziale come «istituzione provvisoria», quindi non come «scuola a cicli completi»:

«Come è noto, nelle classi differenziali devono essere accolti gli alunni che presentano anomalie tali da prevedere, in seguito a un opportuno pe­riodo di differenziazione scolastica, il reinseri­mento nella scuola elementare comune».

e) Assistenza medico-psico-sociale agli alunni e alle loro famiglie, come è meglio chiarito nelle recenti circolari sulle équipes e nel Regolamento sulla medicina scolastica.

Nel Regolamento di medicina scolastica al Ti­tolo IV (Assistenza medico-scolastica nelle scuo­le speciali, classi differenziali, istituti medico­-psico-pedagogici, educativi e assistenziali) si prescrive una procedura molto precisa per il re­perimento e il ricupero degli alunni in difficoltà (art. 31). In particolare si dispone: «In base all'esito degli accertamenti, l'autorità scolastica competente, presi gli opportuni contatti con le famiglie interessate, procede all'assegnazione dei soggetti alle scuole speciali e alle classi diffe­renziali». E l'art. 33 prescrive la tenuta di «un fascicolo personale per ogni alunno assegnato al­le scuole speciali e alle classi differenziali».

Oltre a questi importanti chiarimenti, rispetto alle circolari ministeriali, il Regolamento di medi­cina scolastica introduce ex-novo l'istituto del ricorso da parte delle famiglie avverso le deci­sioni dei tecnici della medicina scolastica e delle autorità scolastiche. Tale ricorso è dettagliata­mente regolato agli articoli 31 e 32.

 

Rielaborazione dei dati, confronti e prime considerazioni

Non ci è possibile stabilire il confronto esatto, che pure sarebbe molto utile, fra i bisogni (nu­mero degli alunni disadattati) e gli interventi sco­lastici (classi differenziali e speciali). Non è pos­sibile, perché soprattutto i dati relativi ai disa­dattati, rilevati con la scheda-questionario, come si è già accennato, non sono completi o non per­fettamente validi, ai fini di una elaborazione scientificamente e ineccepibilmente precisa.

Abbiamo allora scelto due vie di approccio ai nostri dati:

1) Siamo partiti da un dato finale, da cui risulta che nella Provincia di Torino:

- gli alunni accolti in classi differenziali co­stituiscono il 2% del totale degli alunni stessi;

- gli alunni accolti in scuole o classi speciali costituiscono l'1,50% del totale degli alunni stessi;

- complessivamente gli alunni accolti in clas­si differenziali e speciali sono il 3,50% del totale.

Questa percentuale media è ottenuta su tutta la Provincia: è quindi relativa al nostro campione; nulla ci dice se è alta o bassa rispetto alle esi­genze reali o ad altre situazioni, ad esempio in altre provincie. Che 3-4 alunni su 100 siano ac­colti, in media, in classi differenziali e speciali ci sembra tuttavia un dato abbastanza significativo e rilevante.

A questa percentuale media possiamo parago­nare le percentuali delle varie Direzioni didatti­che, non tanto in assoluto, perché tutte concor­rono a formare tale percentuale media, ma piut­tosto sotto l'aspetto della diversità o meglio del­la «dispersione» delle percentuali delle singole Direzioni, che vanno dallo 0% fino al 20%!

Abbiamo quindi formato una graduatoria delle Direzioni didattiche, rispetto alla percentuale di alunni che accolgono in classi differenziali e spe­ciali, e dal quadro generale di confronto o di «dispersione» che ne risulta abbiamo tentato alcune spiegazioni e alcune considerazioni; fra queste, come si vedrà, emergono:

- l'assenza di un piano programmatico per Provincia e per Ispettorato nell'istituzione delle classi differenziali e speciali, tanto più grave se si pensa all'enorme incremento avvenuto negli ultimi cinque anni;

- alcune «tendenze» di chiara origine so­ciale, che presiedono all'aumento delle classi stesse.

2) Si sono poi messi a confronto, ove era pos­sibile, all'interno di ogni Direzione didattica:

a) i dati ufficiali forniti dal Provveditorato agli studi sul numero degli alunni e delle classi differenziali e speciali;

b) i dati delle singole Direzioni didattiche sul numero degli alunni «disadattati».

La seconda serie di dati, in questo confronto, si è rilevata con una «cartina di tornasole», estremamente efficace, per mettere in rilievo al­cuni aspetti della realtà, non espressi apertamen­te dai dati stessi.

Intanto alcune Direzioni hanno avanzato diver­se motivazioni per non rispondere sui secondi dati: questa situazione verrà più avanti illustrata, ma fin d'ora si può dire che ci conferma sul risul­tato che segue:

Circa un terzo delle Direzioni didattiche, in modo esplicito (ma in realtà sarebbero molte di più), ci rivelano di avere più alunni accolti in classi differenziali e speciali che non alunni se­gnalati come veri «disadattati».

Questo dato, molto significativo, anzitutto va a mettere in dubbio che la percentuale provincia­le del 3,50% (di cui al n. 1) sia di effettivi disa­dattati, e quindi rende ancor più «relativa» que­sta percentuale media.

Inoltre questa serie di dati molto probabilmen­te mette in rilievo che in molti Circoli didattici vi sono classi differenziali e speciali in numero superiore ai bisogni reali (e quindi queste classi sono usate ad altri scopi che non quelli previsti dalle norme vigenti), oppure che vi sono più alunni accolti in classi differenziali e speciali di quanti siano i veri disadattati e quindi vi sareb­bero accolti alunni non bisognosi di tali istituzio­ni, contrariamente alle norme in materia, e con probabile danno agli alunni stessi.

Vediamo in dettaglio le due elaborazioni.

 

I - Percentuali degli alunni accolti in classi dif­ferenziali e speciali

Si è preferito sommare le percentuali degli alunni accolti sia in classi differenziali sia in clas­si speciali, per poter mettere a confronto tutte le Direzioni didattiche (perché non tutte hanno i due tipi di istituzioni), e perché in pratica in mol­te Direzioni sembra che le due istituzioni siano abbastanza interscambiabili fra di loro rispetto ai loro fini.

Si sono ovviamente escluse dal confronto:

- le Direzioni (di Torino soprattutto) in cui funzionano «scuole speciali» o classi speciali che accolgono un numero considerevole di alun­ni che provengono anche da altre Direzioni;

- le Direzioni di Provincia nel cui territorio funzionano Istituti M.P.P.

Il motivo è che in entrambi i casi le percentua­li sono molto alte (fino al 100%), ma evidente­mente non rispecchiano la realtà del Circolo di­dattico.

D'altra parte, proprio lo stesso fatto per cui molte Direzioni, di Torino soprattutto, inviano al­le «scuole speciali» gli alunni disadattati proba­bilmente più gravi, ci induce a mettere in guar­dia sul valore «relativo» delle percentuali di mol­te Direzioni, che risultano perciò in difetto ri­spetto alla realtà dei «disadattati» abitanti nel Circolo didattico. Per esempio, la percentuale già molto alta, anzi la più alta della Provincia, che si riscontra nella Direzione Torino-Cairoli (19,55%) è una percentuale ancora per difetto, perché al­cuni minori abitanti nella zona di competenza del­la stessa Direzione frequentano le classi specia­li di altre Scuole, come la Scuola Dogliotti e la Scuola Montessori di Cavoretto.

Il prospetto della pagina seguente illustra la graduatoria delle Direzioni didattiche rispetto al­le percentuali di alunni accolti in classi differen­ziali e speciali (escluse 10 Direzioni per i mo­tivi sopra detti) (2).

Alcune considerazioni su questi dati:

a) Una prima serie di considerazioni che emer­gono da questa grave «dispersione» di percen­tuali riguarda proprio la mancanza di un piano or­ganico programmatico nella distribuzione delle classi differenziali e speciali. Non si spiega diver­samente come ben 9 Direzioni, di cui 3 di Torino, siano totalmente prive di queste istituzioni: se si può capire il caso di alcune Direzioni di ambien­te di tradizione prevalentemente rurale, come Azeglio o Settimo Vittone, o il caso di Torino-Al­fieri, nel centro della città, non si spiegano i casi delle Direzioni Torino-Negri e Torino-Margherita di Savoia, che si trovano in due periferie di Torino. Così all'opposto, è inspiegabile la concentra­zione di classi speciali e differenziali in certe Di­rezioni che si allontanano dalla media con delle percentuali veramente abnormi, soprattutto i casi di Venaria Reale, di Torino-Abba (3) e, il caso estremo, di Torino-Cairoli.

La prassi amministrativa che ha guidato queste istituzioni sarebbe la seguente:

 

Graduatorie delle Direzioni didattiche rispetto alle percentuali di alunni accolti in classi differenziali e speciali

 

N. Direzioni

didattiche

Percentuali alunni accolti

in classi differ. e speciali

Sedi Direzioni Didattiche

n. 9 D.D.

con % 0

- Azeglio

- Cambiano

- Castellamonte

- Perosa Argentina

- Settimo Vittone

- Vigone

- TO/Alfieri

- TO/Margherita Savoia

- TO/Negri

n. 12 D.D.

con % da 0,1 a 0,99

- Bussoleno

- Caluso

- Cavour

- Cuorgné

- Lanzo

- Pavone

- TO/Baricco

- TO/Battisti

- TO/Duca d'Aosta

- TO/Mazzini

- TO/L. Radice

- TO/Sinigaglia

n. 13 D.D.

con % da 1,0 a 1,99

- Ciriè I e II

- Condove

- None

- Oulx

- Piossasco

- Rivarolo

- Strambino

- TO/Allievo

- TO/B. Vergine Campagna

- TO/Case INA

- TO/Gabelli

- TO/Vidari

n. 21 D.D.

con % da 2,0 a 2,99

- Brusasco

- Carignano

- Chivasso I e II

- Giaveno

- Moncalieri I e II

- Nichelino I e II

- Orbassano

- Pinerolo I e II

- Pont Canavese

- Villar Perosa

- Volpiano

- TO/Ambrosini

- TO/Coppino

- TO/Manzoni

- TO/Muratori

- TO/Novaro

- TO/Pellico

n. 21 D.D.

con % da 3,0 a 3,99

- Carmagnola

- Caselle

- Chieri I e II

- Collegno I e II

più Grugliasco

- Rivoli I e II

- San Mauro

- TO/Cena

- TO/Collodi

- TO/Fontana

- TO/Gozzi

- TO/Kennedy

- TO/M.L. King

- TO/Leopardi

- TO/Pacchiotti

- TO/Pestalozzi

- TO/Salvemini

- TO/Santarosa

n. 10 D.D.

con % da 4,0 a 4,99

- Alpignano

- Ivrea

- Settimo I e II

- Susa

- TO/Boncompagni

- TO/Gozzano

- TO/Rayneri

- TO/Sclopis

- TO/Tommaseo

n. 3 D.D.

con % da 5,0 a 5,99

- TO/Casati

- TO/De Amicis

- TO/Lessona

n. 2 D.D.

con % da 6,0 a 6,99

- Avigliana

- Gassino

n. 1 D.D.

con % 9,64

- Venaria Reale

 

n. 1 D.D.

con % 17,13

- TO/Abba

 

n. 1 D.D.

con % 19,55

- TO/Cairoli

 

 

 

Ogni Direzione è stata lasciata arbitra di giudi­care la sua situazione scolastica nell'ambito del proprio Circolo, e di chiedere a suo giudizio il numero che riteneva opportuno di classi differen­ziali e speciali (con una certa indifferenza per l'uno o per l'altro tipo).

Gli Ispettorati scolastici, nell'ambito della pro­pria Circoscrizione, hanno «raccolto» e «tra­smesso» le richieste delle Direzioni dipendenti al Provveditorato agli Studi, che a sua volta ha assegnato i posti semplicemente sulla base delle richieste, e in base alle disponibilità dei posti di classi differenziali e speciali, di cui il Ministero della Pubblica Istruzione è stato particolarmente generoso in questi ultimi anni. Come già si è ac­cennato, la mancanza di un piano e di un coordi­namento è tanto più grave in quanto l'incremento di queste classi è stato veramente enorme in que­sti ultimi anni.

Un'altra aggravante sta nel fatto che, anche per mancanza di disposizioni del Ministero, prima si è proceduto alla distribuzione (quanto mai irra­zionale) di questi numerosi posti, e poi con un ri­tardo di alcuni anni sono giunte le disposizioni per la stipula di convenzioni per le équipes, men­tre questo avrebbe dovuto essere il primo passo di una seria programmazione.

I dati numerici e le percentuali ci rivelano in­dubbiamente all'estremo della scala i casi più gravi, ma vi sono casi meno clamorosi per le ci­fre assolute, ma non meno gravi per lo spirito di «emarginazione sociale» che li ha ispirati e li mantiene in vita: si pensi, per es., al caso del plesso Torino-V., dove tutti gli alunni baraccati erano accolti a parte dall'edificio comune e per di più accolti tutti, indiscriminatamente (o con discriminazione?), in classi speciali; si pensi al caso della Scuola Torino-O., di un quartiere molto signorile, che ha circa il 3% di alunni in classi differenziali; così pure la Scuola C., di Torino cen­tro, in un solo anno ottiene 5 classi differenziali, di cui si fa un ciclo completo, in un edificio a par­te dalla scuola comune, e si crea il caso clamoro­so della prima «Scuola differenziale», che riceve anche una specie di avallo ufficiale: si veda la circolare del Provveditorato agli Studi di Torino, 7509 del 30/6/1970, pag. 13, nell'Elenco dei plessi in cui funzionano solo classi di tipo spe­ciale.

b) Una seconda serie di considerazioni ci porta a rilevare che, in mancanza di una programmazio­ne unitaria, cioè di una tendenza unitaria e ogget­tiva, in risposta ai reali bisogni delle singole Di­rezioni, si affermano tuttavia alcune tendenze (più o meno avvertite dai diretti responsabili) che rispondono alla logica dell'evoluzione del no­stro sistema sociale e socio-educativo. In altre parole: se l'Amministrazione scolastica centrale e periferica non si è posta una logica di sviluppo, non per questo è sfuggita a un'altra logica non meno ferrea che l'ha condizionata e l'ha portata a creare delle strutture con chiara origine sociale.

In particolare, notiamo due serie di tendenze:

- dalle percentuali ridotte a 0%, oppure mol­to basse soprattutto in ambiente di tradizione in prevalenza rurale, si passa a percentuali molto al­te soprattutto in Direzioni di Torino o della sua «cintura»;

- nella città di Torino un'altra tendenza evi­dente è l'aumento enorme delle percentuali verso alcune Direzioni della «periferia», ma anche un aumento non indifferente in certe zone centrali e semicentrali della città, ove l'ambiente socio­culturale e socio-economico è in prevalenza bas­so o anche «misto». (In particolare nell'ambien­te «misto» sembrano prevalere, nelle motiva­zioni delle classi differenziali, l'emarginazione de­gli alunni di bassa estrazione sociale, al fine di conservare alla scuola una sua omogeneità o for­se un suo prestigio).

Le tendenze rilevate, a un primo esame, potreb­bero confermare l'ipotesi che il disadattamento in genere, e il disadattamento scolastico in spe­cie, aumenta, se si passa da ambienti di tradizio­ne rurale, ove è irrilevante, all'ambiente cittadi­no, soprattutto nelle zone di recente soggette ai fenomeni di rapida urbanizzazione, industrializza­zione e immigrazione, ove il disadattamento è molto elevato.

Ma le stesse tendenze ci possono invece in­durre ad avanzare un'ipotesi inversa: la scuola sembra più tollerante e più preparata, nei con­fronti dei disadattati, in certi ambienti tradiziona­li, non sottoposti a grandi e rapide evoluzioni so­ciali; la scuola invece sarebbe coinvolta essa stessa nella rapidissima trasformazione di altre zone, essa stessa sarebbe in crisi di disadattamento, (4) al punto da diventare fonte e causa o aggravante di disadattamenti, o da apparire meno accettante e tollerante verso gli alunni che dimo­strano un incipiente disadattamento.

Il ricorso alle classi differenziali e speciali, in certe zone, sarebbe quindi un sintomo di incapa­cità della scuola a risolvere i suoi reali problemi di trasformazione e di struttura, e a risolvere at­traverso vie normali i problemi dei suoi alunni che presentano delle difficoltà.

Questa ipotesi sarà confermata dalle conside­razioni del punto seguente.

 

II - Gli alunni segnalati come disadattati

In teoria, il gruppo di lavoro si proponeva di ot­tenere dalle Direzioni didattiche, tramite la com­pilazione della scheda-questionario, il numero de­gli alunni disadattati, cioè il fabbisogno reale di ogni Direzione, in vista di un confronto con le ri­sorse esistenti, classi speciali e classi differen­ziali.

Tale confronto, su scala provinciale, avrebbe dovuto permettere:

a) in certi casi di scoprire delle carenze isti­tuzionali, cioè classi differenziali e speciali man­canti o inferiori rispetto al fabbisogno;

b) in altri casi un «equilibrio» fra bisogno e istituzioni;

c) in altri casi, probabilmente un «eccesso» di istituzioni rispetto ai bisogni.

Si sarebbe potuto così formulare un piano di ri­strutturazione dei servizi, con proposte di even­tuali creazioni di nuove istituzioni o di trasferi­menti delle istituzioni attuali da plesso a plesso, da zona a zona. Si sarebbe attuato almeno a po­steriori quel piano programmatico che avrebbe dovuto precedere l'istituzione di così numerose classi differenziali e speciali dal 1965 al 1969.

Inoltre al numero degli alunni disadattati se­gnalati da ogni singola Direzione si poteva som­mare il numero dei minori istituzionalizzati, for­nito, per ogni singolo Comune, dall'Amministra­zione Provinciale, e si poteva avere così un qua­dro più preciso dei bisogni, e procedere anche all'esame della possibilità di istituire classi specia­li e differenziali in esternato, per riportare il mag­gior numero possibile di minori nell'ambito fami­liare e nell'ambito sociale di origine (non si di­mentichi che parte dei minori istituzionalizzati lo sono ancora, inspiegabilmente, fuori della Provin­cia).

Invece possiamo in realtà fornire pochi dati si­curamente oggettivi e ricavati direttamente, sal­vo per una zona che, per vari elementi concomi­tanti, risulta carente di servizi adeguati, la zona facente capo ai Comuni di «Piossasco-Rivalta-Or­bassano-Grugliasco» (5).

I motivi che ci impediscono l'analisi prospetta­ta sono vari e in parte già segnalati: il rifiuto di alcune Direzioni a rispondere al questionario; le numerose risposte incomplete o non del tutto va­lide; l'impreparazione di malti operatori e la non collaborazione delle équipes e dei medici scola­stici.

In altre parole, non abbiamo raggiunto che mol­to parzialmente gli scopi che ci prefiggevamo, tuttavia abbiamo avuto la possibilità di individua­re, sia pure indirettamente, altri elementi assai rilevanti.

Si è già detto che la scheda-questionario si è rilevata una «cartina di tornasole», cioè un rea­gente assai efficace in una situazione complessa e poco chiara, il quale ci ha indicato degli aspet­ti e degli orientamenti profondi.

Gli stessi rifiuti di alcune Direzioni, le loro giu­stificazioni e osservazioni, alcune annotazioni su­gli stessi questionari sono estremamente signifi­cativi, sia in ordine ai reali bisogni delle rispet­tive Direzioni sia in ordine a posizioni cultu­rali, educative e scientifiche del personale della scuola.

Riservandoci di esaminare a parte alcune let­tere di Direzioni, qui daremo conto delle elabo­razioni più significative eseguite sui dati ottenu­ti, che sono le seguenti:

a) Un cenno di graduatoria delle Direzioni ri­spetto alle percentuali di alunni segnalati come disadattati.

b) Confronto, all'interno delle singole Direzio­ni, fra il numero degli alunni accolti in classi diffe­renziali e speciali e il numero degli alunni segna­lati come disadattati.

Vediamoli separatamente:

a) Un cenno di graduatoria delle Direzioni di­dattiche rispetto alle percentuali di alunni segna­lati come disadattati:

Non è possibile fornire come nel caso prece­dente (a pag. 49) una graduatoria completa e molto sicura al riguardo, per i motivi già segna­lati. Tuttavia dai dati più attendibili emergono anche qui delle «tendenze» abbastanza analoghe a quelle già riscontrate nella precedente gradua­toria.

Ecco, ad esempio, tra le segnalazioni:

- alcune basse percentuali di alcune Direzioni di ambiente di tradizione prevalentemente ru­rale:

Pavone C.            0,38%

Cavour                 0,60%

Pont C.               0,64%

Azeglio                0,97%

- alcune alte percentuali di alcune Direzioni del­la «cintura» di Torino:

Moncalieri (I e II C.)                         3,90%

Nichelino (I e II C.)                          4,41%

Piossasco                                      5,06%

Alpignano                                       5,25%

- le percentuali più alte in alcune Direzioni di Torino, Torino - Periferia:

Cairoli                                           12,61%

Leopardi                                        18,45%

Abba                                             15,55%

Torino - centro (ambiente misto)

Rayneri                                         8,36%

Tommaseo                                    10,00%

In sostanza, anche questa graduatoria parzia­le, confermando le stesse tendenze della prima graduatoria (pag. 49), conferma pure le prime indicazioni e i primi commenti che abbiamo fatto (pag. 48 e 50).

b) Confronto fra il numero degli alunni accolti in classi differenziali e speciali, e il numero degli alunni segnalati come disadattati.

Come si è già detto, si tratta di due serie di da­ti fra loro indipendenti all'origine, cioè:

- i dati sugli alunni accolti in classi differen­ziali e speciali sono dati ufficiali, trasmessi ogni anno dalle Direzioni didattiche al Provveditorato agli Studi che ne raccoglie e ne registra le enti­tà, insieme ai dati delle classi normali, a scopo amministrativo;

- i dati sui disadattati richiesti, congiunta­mente dal Provveditorato agli Studi e dall'A.A.I., sono una richiesta occasionale, fatta tra l'altro a distanza di alcuni mesi dalla precedente, e che per la sua eccezionalità e specificità ha colto in parte impreparate le stesse Direzioni.

Ma forse proprio per questi e altri motivi già segnalati, il confronto può risultare fruttuoso.

Dal confronto, il dato più saliente è risultato il seguente: circa un terzo delle Direzioni didatti­che della Provincia di Torino segnala un numero di alunni «disadattati» inferiore e, in alcuni ca­si, molto inferiore, rispetto agli alunni che cia­scuna Direzione accoglie nelle classi differenziali e speciali:

 

Elenco delle Direzioni didattiche che segnalano un numero di alunni disadattati inferiore al numero di alunni accolti in classi differenziali e speciali:

 

 

Sedi

Direzioni Didattiche

Dati Provveditorato Studi

N. alunni in classi

Dati D.D./Scheda

N. alunni «disadattati »

Differenza

Percentuale alunni

disadattati rispetto

agli alunni in classi

differ. e speciali

diff.

spec.

tot.

None

24

-

24

1

- 23

4%

Pont Canavese

17

-

17

4

- 13

23%

Rivoli I e II

106

38

144

42

-102

30%

Torre Pellice

-

45

45

13

- 32

30%

Caselle

55

10

65

23

- 42

35%

Pavone

10

-

10

4

- 6

40%

Chieri I e II

70

45

115

70

- 45

60%

Giaveno

13

10

23

14

- 9

61%

Gassino

51

10

61

42

- 19

70%

Cavour

7

-

7

5

- 2

70%

Avigliana

38

26

64

49

- 15

76%

Villar Perosa

-

16

16

13

-- 3

81%

Ivrea

57

67

114

101

- 13

88%

TO/Boncompagni

68

6

74

17

- 57

23%

TO/De Amicis

75

-

75

22

- 53

30%

TO/Fontana

41

22

63

24

- 39

38%

TO/Gozzano

77

-

77

31

- 46

40%

TO/Vidari centr.

9

20

29

15

- 14

52%

TO/Salvemini

29

23

52

29

- 23

56%

TO/Gabelli

38

-

38

24

- 14

63%

TO/Cairoli

102

53

155

100

- 55

64%

TO/Collodi

50

10

60

45

- 15

75%

TO/Cena

43

-

43

35

- 8

81%

TO/Kennedy

43

-

43

35

- 8

81%

TO/Abba differenz.

72

-

72

59

- 13

82%

TO/Case INA

20

-

20

17

- 3

85%

TO/Casati

47

20

67

60

- 7

89%

TO/Pellico

28

13

41

37

- 4

90%

TO/Lessona

75

-

75

70

- 5

93%

TO/King

31

25

56

54

- 2

97%

TO/Pestalozzi

78

-

78

76

- 2

98%

 

A commento della tabella si dovrebbero ripe­tere le considerazioni già fatte a pag. 47-48, a cui rimandiamo.

Qui vorremmo aggiungere che questa tabella e altri dati ci forniscono in via indiretta il rap­porto fra bisogni reali e istituzioni esistenti: è chiaro che nelle Direzioni elencate il bisogno è inferiore, talora molto inferiore, al numero degli alunni accolti in classi differenziali e speciali.

Ma tale bisogno risulta ancora inferiore, se confrontiamo in ogni Direzione il numero dei «di­sadattati» con i «posti-alunno possibili»: è noto che per disposizioni ministeriali, il numero mas­simo di alunni in una classe differenziale è di 15 e in una classe speciale è di 10. Ora nella tabella seguente mostreremo, prendendo qualche Dire­zione come esempio, come la percentuale dei di­sadattati rispetto ai «posti-alunno disponibili» scende ancora a valori più bassi che nella prece­dente tabella:

 

Confronto fra alunni «disadattati» e alunni in classi differenziali e speciali e fra alunni «disadattati» e «posti-alunno disponibili», in alcune Direzioni didattiche di cui nella tabella precedente

 

Sedi

Direzioni

Didattiche

classi differenziali

classi speciali

Totale cl. differ.

+ speciali

N.

Percentuali per alunni

N.

classi

N.

alunni

N.

alunni

possibili

N.

classi

N.

alunni

N.

alunni

possibili

N.

alunni

N.

alunni

possibili

disadattati

segnalati

reali

possibili

Pont C.

2

17

30

-

-

-

17

30

4

23%

13%

TO/Boncompagni

5

68

75

1

6

10

74

85

17

23%

20%

Rivoli I e II

7

106

105

6

38

60

144

166

42

29%

25%

TO/Case INA

2

20

30

-

-

-

20

30

17

85%

56%

TO/Kennedy

4

43

60

-

-

-

43

60

35

81%

60%

TO/Collodi

4

50

60

1

10

10

60

70

45

75%

64%

TO/Abba diff.

6

72

90

-

-

-

72

90

59

82%

65%

Ivrea

5

57

75

6

57

60

114

135

101

88%

74%

TO/Casati

4

47

60

2

20

20

67

80

60

89%

75%

 

 

Un esempio di lettura e di interpretazione della tabella:

Si prenda, per esempio, la Direzione di Pont: in essa funzionano n. 2 classi differenziali, fre­quentate solo da 17 alunni, invece dei 30 possibi­li; i «disadattati» segnalati sono soltanto 4, che costituiscono il 23% degli alunni frequentanti le classi differenziali; ma questi 4 disadattati costi­tuiscono una percentuale molto più bassa, sol­tanto il 13%, rispetto ai posti disponibili.

Come si vede, in alcune Direzioni, si potrebbe anche giungere a proporre la soppressione di classi differenziali e speciali in eccedenza. Quin­di le due tabelle sono una spia indiretta dei «bi­sogni reali» delle singole Direzioni didattiche.

Ma non esistono Direzioni che, al contrario di quelle segnalate, hanno più alunni disadattati ri­spetto alle istituzioni? È difficile rispondere con certezza a questa domanda.

Si può citare la Direzione di Torino-Leopardi (cfr. anche pag. 52) che segnala il più alto nume­ro di disadattati di tutta la Provincia, il 18,45%, cioè 268 su 1420 alunni: di questi 268, ben 135 non sarebbero accolti nelle 5 classi differenziali che già esistono nella Direzione, cioè il 50%. Ma è a tutti noto che il rione delle Vallette, ove si trova questa Direzione, è un'estrema periferia di Torino, che presenta problemi gravi dal punto di vista sociale, ma non certo sanabili solo nella scuola con l'istituzione delle classi differenziali.

Il caso della Direzione Leopardi può essere ac­costato a quello della Cairoli, in zona ancora più problematica, che presenta il più alto numero di alunni accolti in classi differenziali e speciali di tutta la Provincia di Torino, (il 19,55%), come ab­biamo visto (ved. pag. 49), ma che non ha per questo risolto i suoi problemi, anzi stranamente segnala meno disadattati di quanti siano effetti­vamente gli alunni accolti in classi differenziali e speciali (19,55% di alunni accolti in classi diffe­renziali e speciali, contro 12,61% di alunni se­gnalati come «disadattati»).

Altre Direzioni segnalano dei bisogni abbastan­za consistenti, ma ad esaminare attentamente le tipologie dei «disadattati» ci accorgiamo che si tratta in prevalenza di «subvedenti» segnalati in maniera eccessiva: per es., la Direzione Torino-­Pacchiotti segnala 241 disadattati, ma fra essi ben 112 sono subvedenti che, come dichiara la stessa Direzione, sono stati segnalati solo dagli insegnanti; lo stesso si verifica per altre Direzio­ni, come in Torino le seguenti: Allievo, Muratori, Re Umberto.

A questo punto si è autorizzati ad avanzare del­le riserve di estrema gravità e severità in merito ai criteri di istituzione e di funzionamento di mol­te classi differenziali e speciali. La situazione è aggravata dal fatto che alcune Direzioni si rifiu­tano di segnalare i dati richiesti e adducono delle motivazioni non accettabili, come vedremo esa­minando alcune lettere.

Quanto fin qui documentato ed esposto ci in­duce a segnalare:

a) si riscontrano delle gravi violazioni delle norme ministeriali, soprattutto per quanto riguar­da il reperimento degli alunni;

b) esiste il grave pericolo che alunni normali siano dirottati verso istituzioni che non sono adatte a loro, e che anzi potrebbero veramente renderli disadattati o peggiorare un incipiente di­sadattamento;

c) in particolare, la classe differenziale, ma in alcuni casi anche la classe speciale, non risulta concepita ed attuata dovunque come una istitu­zione eccezionale, specialistica, che richiede cri­teri particolari di costituzione e di funzionamen­to; non è sempre considerata un'istituzione per «disadattati»;

d) le autorità superiori non hanno indotto i di­pendenti a una riflessione su questi problemi; so­lo due circolari ministeriali e nessun convegno di studi, ad esempio, nella Regione piemontese al riguardo; ma, fatto più grave, si è attuata l'i­stituzione delle classi differenziali e speciali in un clima di impreparazione diffuso, in un mo­mento della evoluzione sociale molto delicato, senza provvedere tutti gli strumenti necessari e preliminari, come le équipes, che solo dal 1969 hanno cominciato a funzionare, e ancora in modo inadeguato e insufficiente, mentre il boom delle classi differenziali e speciali risale ad alcuni an­ni prima.

In pratica sarebbe molto diffusa la prassi a fare della classe differenziale la classe dei ripetenti; non meno diffusa la tendenza a farne la classe de­gli immigrati (mentre, prima delle classi differen­ziali, per molti bambini immigrati vigeva la con­suetudine della «retrocessione» di uno o due anni o classi, al loro arrivo a Torino!) .

Abbastanza diffusa anche la tendenza a immet­tere nelle classi differenziali il bambino che arri­va dall'estero, o l'alunno «fuori corso», cioè di età superiore alla classe che frequenta. Che dire poi delle classi per «caratteriali»? Sotto questa etichetta pseudo-scientifica, purtroppo avallata, come si è visto, nelle circolari ministeriali, tro­viamo spesso gli alunni che «disturbano» in qualche modo o provengono da ambienti familiari poco favorevoli.

Questa situazione in complesso, considerata solo in rapporto ai minori (perché si potrebbero fare anche altre considerazioni) , è causa di due serie di danni:

- da una parte sono accolti in classi differen­ziali e speciali degli alunni, che, non essendo dei disadattati, possono ricavare dei seri danni nella condizione di emarginazione in cui vengono a tro­varsi, e di convivenza con veri disadattati (iposti­molazione intellettuale, suggestione di compor­tamenti non regolari, ritmo scolastico d'appren­dimento rallentato, contenuti culturali ridotti, ecc...)

- d'altra parte, poiché vi sono dei «posti-alun­no» in queste stesse classi occupati da non-disa­dattati, è presumibile che vi siano dei disadattati che non ne possono usufruire: talora si sente che le scuole rifiutano ancora dei disadattati per «mancanza di posti» o avviene che si istituzio­nalizzano i minori, magari fuori Provincia, per lo stesso motivo.

 

Le lettere di alcune Direzioni didattiche

Come si è già accennato, alcune Direzioni di­dattiche si sono rifiutate di compilare la scheda­questionario per la segnalazione dei disadattati, altre Direzioni hanno risposto in modo incomple­to, altre hanno fatto alcune annotazioni o aggiun­te sulla stessa scheda. Prenderemo qui in esame le lettere di accompagnamento di alcune Dire­zioni, o le lettere giustificative del loro rifiuto a rispondere, o le annotazioni o le aggiunte o i chiarimenti trasmessi.

Come si vedrà, tutte queste lettere e annotazio­ni sono senz'altro da considerarsi, non un aspet­to secondario, ma una parte integrante della no­stra ricerca. Se è vero che, più che su dati stret­tamente oggettivi, essa si è spostata sulle ten­denze emergenti da una situazione, queste lette­re nell'insieme di tutta la ricerca possono essere un indice di cultura professionale e di costume amministrativo da esaminare con molta cura, se non altro perché è ben nota l'influenza gerarchica dall'alto verso il basso nella scuola. D'altra parte vi è pure da considerare un'influenza dal basso verso l'alto: gli insegnanti, nella loro piuttosto scarsa preparazione specifica nel settore, trovan­dosi in una struttura scolastica non adeguata alle nuove trasformazioni sociali, premono verso l'al­to e richiedono le uniche soluzioni che l'Ammini­strazione ha in serbo: classi differenziali e spe­ciali.

In altre parole, noi crediamo che le lettere nell'insieme di tutta la ricerca possono rispecchiare un orientamento (e spesso un disorientamento) non solo della classe dirigente scolastica, ma di riflesso anche degli stessi insegnanti.

La considerazione fondamentale che ancora emergerà sarà quella già accennata: le classi dif­ferenziali, ma anche le classi speciali, non sono interpretate né attuate (come vorrebbero le nor­me vigenti) come istituzioni educative specifiche e particolari per «disadattati» in genere e per «disadattati scolastici» in particolare, e come tali da inquadrarsi in un'azione che oltre al per­sonale scolastico coinvolga anche le famiglie, la società, e soprattutto un gruppo di specialisti, come medici, psicologi, assistenti sociali.

L'istituzione delle classi differenziali e speciali non sembra rispondere a una logica dei bisogni reali, cioè degli alunni veramente disadattati, ma ancora una volta, come in molte altre circostan­ze, alla logica degli enti, delle strutture, nel no­stro caso, della scuola che si trova in crisi in una società in trasformazione, e in particolare della scuola della Provincia di Torino, che risulta la Provincia più soggetta in questi anni a una evo­luzione talmente critica da mettere in crisi molte delle sue strutture, soprattutto le strutture di ser­vizio alla comunità.

 

Veniamo all'esame di alcune lettere più signi­ficative:

 

1) Ecco per prima la lettera della Direzione di­dattica di «A» - I Circolo - (cittadina della «cintura» di Torino), che dice:

«(...) Si trasmettono i dati relativi alle classi speciali, compilati in base alle indagini dell'équi­pe psicomedica della Provincia.

In questo Circolo funzionano 4 classi diffe­renziali per un totale di 61 alunni.

L'inserimento di questi ultimi è stato effettuato senza consultazione di personale medico. (...)».

Quindi 4 classi differenziali per 61 alunni funzionano in «A», per espressa ammissione del­la Direzione, senza alcuna garanzia di diagnosi, in violazione delle norme vigenti. Questa lettera, «sincera» più di molte altre, non è meno grave e sconcertante.

 

2) Prendiamo in esame un gruppo di lettere di Direzioni, che pur non essendo esplicite come la precedente, ci inducono alle stesse conclusioni: si tratta di quattro lettere di altrettante Direzioni che non forniscono i dati richiesti, giustificandosi di «non essere in grado» di compilare la sche­da-questionario. Purtroppo il fatto grave è che tutte queste Direzioni hanno classi differenziali e speciali funzionanti da anni e si trovano in zone probabilmente bisognose di interventi specialisti­ci, e precisamente:

- B - Il Circolo - con 3 classi differenziali;

- C - Il Circolo - con 1 classe differenziale e 2 classi speciali;

- Torino - D - con 4 classi differenziali­

- Torino - E - con una classe speciale.

 

3) Un'altra lettera da segnalare è quella della Direzione di «F», che non trasmette alcun dato sui «disadattati», pur avendo nel suo Circolo ben 6 classi speciali.

Essa è grave, perché sembra sfuggire all'inda­gine se vi siano o no nella sua scuola delle garan­zie sufficienti che gli alunni accolti nelle classi speciali siano veramente dei disadattati bisogno­si di tale istituzione, e perché lascia nel dubbio che il criterio di selezione per tutti o per parte dei circa 70 alunni delle classi speciali non sia stato quello voluto dalle norme vigenti, ma piut­tosto quello, ad esempio, dell'insuccesso scola­stico, della ripetenza, su cui la lettera si diffonde. Ecco il testo:

Mentre si assicura la più completa disponibili­tà per una efficace collaborazione al lavoro che l'A.A.I. intraprende in favore dei minori subnor­mali, si chiedono chiarimenti in merito alla com­pilazione del modulo inviato. In particolare appare di dubbia competenza della scuola la classifica­zione di «insufficienza mentale» tanto più se es­sa è riferita ad una tipologia abbastanza precisa (come appare dal modulo stesso), del resto indi­spensabile per una indagine statistica attendibile. Nel prospetto in parola si fa, è vero, riferimen­to alle risultanze di indagini dell'équipe o al pa­rere del medico scolastico, ma l'équipe, dove fun­ziona, si limita all'esame dei casi di emergenza, mentre il medico scolastico, quando c'è, pratica vaccinazioni, indaga sulla carie, ecc.

Più propriamente, nella scuola, si riscontra un «insuccesso scolastico»: insufficiente profitto, ripetenze, ecc. Potrebbe forse utilmente essere compilato un quadro relativo agli alunni in norma­le corso di frequenza ovvero con ritardo di uno, due, più anni. Le cause del ritardo dovrebbero co­stituire poi l'oggetto di studio del gruppo di lavo­ro che appunto dichiara di volersi occupare della diagnosi e del trattamento dei minori subnormali.

Se veramente esistesse la possibilità di inviare compilati entro il 12/5 p.v. i moduli, ciò signifi­cherebbe che il gravoso problema del reperimen­to dei minori in difficoltà sarebbe ormai giunto a compimento e che si posseggono addirittura le classificazioni tipologiche.

Poiché il problema degli alunni in difficoltà è tuttora aperto e grave, si sarà, come già detto, ben lieti di collaborare allo studio promosso dall'A.A.I., qualora siano richiesti dati sui quali si possa rispondere responsabilmente e con sicu­rezza.

 

4) Rispecchiano e denunciano apertamente una situazione di fatto due lettere di due Direzioni, una di «G» e una di Torino - «L» -. Si tratta di due Direzioni in zone che presentano gravi problemi sociali e quindi anche problemi scola­stici.

La prima Direzione non trasmette i dati sui di­sadattati e denuncia che «neppure gli alunni del­le classi speciali del suo Circolo, seguiti da anni dal C.I.M., sono stati tutti visitati dall'équipe: ben 41 su 91 non sarebbero mai stati sottoposti a reattivi mentali». A «G» esistono 7 classi diffe­renziali e 7 classi speciali: è evidente che il loro funzionamento cade sotto la responsabilità non solo della équipe, ma anche della Direzione didat­tica. Ecco il testo:

Per il rilevamento di cui all'oggetto la sotto­scritta non è in grado di fornire i dati richiesti per i motivi sotto elencati:

Nel Circolo di G. quest'anno sono stati fatti gli esami psicologici individuali a carico dell'équipe provinciale soltanto a 13 bambini di classe prima.

Dei 91 alunni delle classi speciali, ben 41 non sono mai stati sottoposti a reattivi mentali; quan­to agli altri, non sono stati più sottoposti a tests dal 1965 o dal 1966; nella migliore delle ipotesi dal 1967.

Degli alunni di classi normali (che assomma­no a 1800) e classi differenziali (gli allievi delle differenziali sono 85), soltanto una quindicina sono stati sottoposti quest'anno a tests di intel­ligenza e non ancora a quelli proiettivi, per cui non si è ancora giunti a classificarli in modo ade­guato.

Circa la possibilità di suddividere i disadattati sensoriali in sordastri, logopatici ed ambliopici, le équipes della Provincia hanno esaminato sol­tanto le capacità uditive dei bambini della classe terza, ma tali esami non sono a tutt'oggi ultima­ti: infatti alcuni alunni sono stati convocati per ul­teriori accertamenti. Non si è in grado inoltre di ricostruire i risultati delle visite audiometriche degli anni precedenti.

Pur non sapendo quanti sono i minori disadat­tati che frequentano le scuole, dipendenti da que­sta Direzione didattica, si può asserire che tutti provengono dal Comune di G. e nessuno proviene da internati, inoltre, tutti coloro che abitano lon­tano usufruiscono di autotrasporto o a carico del­la Provincia (classi speciali) o a spese del Comu­ne (per un importo di L. 4.500.000), della Provin­cia (per un importo di L. 800.000) e del Ministero della P.I. (per un importo di L. 1.350.000) per quanto riguarda gli alunni di classi normali e dif­ferenziali.

Stando così le cose, la sottoscritta avrebbe do­vuto inventare le cifre da trascrivere nei prospet­ti inviati dal Comitato Provinciale Minori Disadat­tati e non si è sentita di farlo.

Anche la lettera della Direzione di Torino - «L» -, ove funzionano 5 classi differenziali, denuncia un'analoga situazione piuttosto grave:

Nell'inviare gli allegati prospetti, relativi alla indagine conoscitiva sui minori disadattati fre­quentanti le Scuole Elementari, si fa presente quanto segue:

a) Non è mai stata eseguita nessuna seria in­dagine su tutti gli alunni, per cui i dati riferiti so­no relativamente attendibili.

b) I dati riferentisi agli insufficienti mentali so­no incompleti, mancando il referto di 59 visite psicomediche eseguite nel corrente anno dall'é­quipe dell'E.N.P.M.F.

c) Mancano i dati relativi agli alunni ritardati nel prospetto della Scuola N., in quanto nel pre­detto plesso non si è fatto il relativo reperimento.

d) I dati riguardanti i disadattati sensoriali gra­vi sono stati forniti dagli Insegnanti.

 

5) Piuttosto sconcertante è la lettera della Di­rezione «M», che non fornisce dati sui disadat­tati, pur avendo 3 classi differenziali, e si scusa con una lettera che rispecchia un «vero allar­me», nel timore di qualche inchiesta o di qualche protesta da parte dei genitori, forse perché non si possono offrire pubbliche e aperte garanzie sul­la selezione degli alunni avviati alle classi diffe­renziali. Si nota, in apertura della lettera, come faccia probabilmente capolino il criterio di sele­zione, che sarebbe il giudizio del Direttore stes­so: «so per mia scienza quali sono gli alunni di­sadattati del Circolo...».

Ecco il testo:

In riscontro alla lettera ad oggetto, comunico:

So per mia scienza quali sono gli alunni disa­dattati del Circolo, ma «l'Equipe Psico-Medico­Pedagogica» non mi ha ancora fatto pervenire le relazioni relative agli esami individuali effettuati nel corso dell'anno. Perciò, in mancanza delle pezze di appoggio, mi astengo dal compilare l'e­lenco richiesto. Aggiungo però che sarà mio scru­poloso dovere inviarlo non appena tali documenti, del resto già ripetutamente sollecitati, saranno a mia disposizione.

Non posso, d'altra parte, rimettermi al giudizio degli insegnanti, perché essi sono troppo inclini a considerare disadattati tutti gli alunni irrequie­ti e pesanti.

Chiedo venia, ma il mio atteggiamento deve es­sere interpretato, dati i tempi che corrono, come precauzione tendente a tutelarmi contro proteste e reazioni inconsulte da parte delle famiglie, le quali finiscono sempre con il sapere tutto. Non si tratta perciò da parte mia di indisciplina o, peg­gio, di rifiuto di obbedienza.

Aggiungo, a titolo di anticipo, che i disadattati veri e propri sono molto pochi e nel Circolo non raggiungono il numero di dieci, per gli altri si tratta di disadattamenti riflessi, di crisi che deri­vano da famiglie mal strutturate.

In attesa mi si voglia benignamente considera­re scusato.

 

6) Il problema dei «caratteriali».

Alcune lettere o aggiunte sui questionari da parte delle Direzioni ci propongono il problema dei «caratteriali». Abbiamo già detto il motivo per cui non abbiamo ritenuto opportuno introdur­re questa tipologia nella scheda-questionario, per­ché difficile da individuare e perché molto perico­losa ed esposta a molti «abusi» (ved. pag. 45). D'altra parte le circolari ministeriali vi fanno cen­no (ved. pag. 45 nota 1). Alcune Direzioni vi fanno dunque ricorso per «giustificare» il fun­zionamento delle classi differenziali e delle classi speciali. Vi fanno esplicito ricorso, aggiungendo la tipologia «caratteriali» sulla scheda-questio­nario:

- la Direzione «M», (che nonostante questa aggiunta segnala solo 24 «disadattati» sui 63 alunni accolti in classi speciali e differenziali, con una percentuale del 38%!)

- la Direzione «O».

Vogliamo credere che facciano riferimento in­diretto alla stessa tipologia dei «caratteriali» le seguenti due Direzioni:

- la Direzione «P», che include n. 4 disadat­tati «normo-intellettivi» in calce agli insufficienti mentali;

- la Direzione «Q», che include ben 26 di­sadattati con «Q.I. da 85 a 110», sempre in calce agli insufficienti mentali.

Una lettera molto significativa è invece quella della Direzione del Circolo di «R», posto in un'estrema periferia di Torino, decisamente depressa sotto l'aspetto socio-ecomonico e socio-cultura­le. Presso questo Circolo funzionano molte classi differenziali e speciali che lo pongono ai primis­simi posti per l'alto numero di alunni accolti in dette classi.

La parte essenziale della lettera è una garba­ta critica all'A.A.I. perché non trascuri il proble­ma dei «caratteriali» e in particolare quello dei «caratteriali» di origine ambientale e sociale:

«Si precisa che i dati si riferiscono però sol­tanto ai casi che sono stati segnalati dagli Inse­gnanti perché presentavano problemi gravi di di­sadattamento.

Si segnala anche l'opportunità che chi si occu­pa di problemi concernenti “la diagnosi, il trat­tamento e l'avviamento al lavoro” dei ragazzi di­sadattati prenda in considerazione particolarmen­te (sic) il disadattamento dovuto a problemi am­bientali e sociali; disadattamento che ha sovente manifestazioni caratteriali assai gravi che la scuola attualmente non risolve».

A questa lettera, che contiene alcune afferma­zioni anche giuste, ma contraddittorie, e che in fondo ammette che la creazione di classi differen­ziali e speciali non risolve il problema dei «disa­dattati sociali», possiamo rispondere con le pa­role conclusive della ricerca che l'E.I.S.S. ha condotto proprio nella stessa zona della Scuola «R», nonché in altre scuole delle zone limi­trofe (6):

«Sembra possibile concludere che le principa­li tendenze individuate nel corso dell'analisi, giu­stificano la proposta di uno schema esplicativo del ritardo scolastico come conseguenza di una contraddizione nel rapporto tra processo educati­vo e struttura sociale.

Infatti, rilevare che il fenomeno del ritardo sco­lastico va fatto risalire essenzialmente alle con­dizioni socio-economiche, in quanto ha un'inci­denza proporzionalmente assai maggiore tra i ra­gazzi appartenenti a famiglie con basso status so­cio-economico che tra quelli appartenenti a fami­glie con status elevato, significa ammettere che la scuola non corrisponde ai bisogni ed alle ca­pacità dei ragazzi delle classi inferiori, non è fat­ta per loro. Il ritardo appare insomma essere la conseguenza di un mancato adattamento della scuola alla reale situazione della popolazione sco­lastica».

Quanto si dice qui del «ritardo» vale anche per il «disadattamento»: ricordiamo la citazione già fatta di Balconi e Berrini (ved. pag. 51 no­ta 4).

Ma occorre aggiungere: nella rapidissima tra­sformazione della società, e della società torine­se in particolare, se è giusto chiamare in causa la scuola per mancato adattamento alla realtà so­ciale, è anche doveroso chiamare in causa i di­versi organismi, dagli Enti locali al potere econo­mico e ai privati, che questa trasformazione han­no consentito o prodotto in modo caotico, disor­dinato, disumano, sulla pelle dei cittadini e in par­ticolare dei cittadini più indifesi, fra cui gli alunni ed i bambini.

 

 

 

(1) Vi si legge, fra l'altro: «Sono da avviare alle classi differenziali gli alunni con lievi anomalie del carattere, per cause non costituzionali, o gli alunni scarsamente dotati, con un quoziente di intelligenza di poco inferiore a quello normale (a titolo meramente indicativo, al di sotto di 1 e non inferiore a 0,75)». Sono gravi precisazioni che aprono la porta ai casi assai dubbi dei «caratteriali», attraverso la quale possono entrare soggetti di tutt'altra tipologia; ma soprattutto suscita gravissime perplessità e dissensi il limite superiore indicato per il Q.I. (1 = 100). Limitandoci a pure ragioni sta­tistiche, diremo che nell'area indicata (Q.I. 75-100) si raggruppa, secondo gli esperti, oltre il 40% della popolazione sco­lastica!

Tuttavia questo criterio sembra corretto, come riferiamo citando sopra le circolari, da un altro criterio propriamente pedagogico: esso sembra in ogni caso essere il più raccomandato, ove si dice: «attenta e vigile azione educativa nella scuola comune» e «insegnamento adeguatamente individualizzato».

Molto più chiaramente le norme francesi in materia, oltre all'indicazione del Q.I., pongono un chiaro criterio pedago­gico per la scelta degli alunni, quando prescrivono al limite superiore «un livello tale che il bambino non possa seguire, sia pure con un margine d'indulgenza, il ritmo della scuola comune» (Cfr. Prospettive Assistenziali, 1969, n. 5-6, pag. 84).

Nel regolamento di medicina scolastica, fortunatamente, non si fa più cenno a simile quantificazione tramite il Q.I.

(2) Nel prospetto si sono raggruppate alcune Direzioni dello stesso Comune in un'unica unità, e nel caso di Collegno e Grugliasco si sono raggruppate tutte le scuole di tali due Comuni che hanno molte affinità, e contiguità territoriale.

(3) Per la Direzione Torino-Abba abbiamo fatto questo calcolo:

- differenziali: classi n. 6, alunni n. 72;

- speciali: classi n. 18, alunni n. 186 di cui solo 69 sono della zona e 117 di altre Direzioni;

- totale alunni della zona Torino-Abba in classi differenziali e speciali n. 114, che messo in rapporto col totale degli alunni (823) dà il 17,13%.

(4) M. BALCONI e E. BERRINI in uno studio del disadattamento scolastico fanno queste osservazioni assai importanti (in «L'analisi del disadattamento dell'alunno normodotato nel corso degli studi elementari», in G. BOLLEA, Disadattati e minorati, Bari, Laterza, 1964, p. 57):

«In questa situazione la scuola, che appare spesso sopraffatta essa stessa dalle nuove realtà sociali, non sembra purtroppo inserirsi come un elemento che possa offrire al bambino un centro di vita collettiva, vivificante e formativo, tale da attenuare i danni derivanti dall'attuale assetto della vita cittadina. La scuola infatti sembra riproporre gli stessi motivi di disturbo che siamo venuti elencando: il superaffollamento delle classi e il troppo rapido mutarsi di insegnanti e di sup­plenti (specie nella I classe) con la difficoltà quindi di un rapporto individualizzato e diretto fra insegnante e alunno; la mancanza di verde e di attrezzature ricreative e sportive all'interno e a lato della scuola; un metodo didattico che non favorisce a sufficienza le attività di gruppo ed espressive; il ritmo troppo rapido di insegnamento imposto al bambino sin dal suo ingresso a scuola; i rapporti spesso troppo formali ed artificiosi fra scuola e famiglia improntati a volte a schemi che, pur nuovi, finiscono presto per farsi convenzionali».

(5) In questa zona, che, com'è noto, ha subito di recente un grande insediamento industriale (con gravissimi pro­blemi sociali), risultano almeno 33 bambini disadattati senza assistenza scolastica nel proprio ambiente: 21 sono in Istituti M.P.P. e 12 sono autotrasportati ogni giorno a classi speciali di Rivoli o di Torino.

(6) Ente Italiano di Servizio Sociale (E.I.S.S.), Il problema del ritardo scolastico nelle scuole dell'obbligo, Schema per una ricerca sociologica sulle determinanti strutturali del ritardo, Ipotesi di lavoro e primi risultati dell'indagine, a cura del gruppo di ricerca di sociologia, presso l'istituto di Scienze Politiche «Gioele Solari», Università di Torino, 1968.

 

 

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