Prospettive assistenziali, n. 20, ottobre-dicembre 1972

 

 

DOCUMENTI

 

ASSISTENZA SCOLASTICA, DIRITTO ALLO STUDIO E DISTRETTI

 

 

Il passaggio dall'intervento benefico, inteso come elargizione, all'inter­vento sociale visto come promozione, provoca profondi mutamenti anche nel campo dell'assistenza scolastica.

Essa infatti, appunto nella prospettiva promozionale, si identifica con il complesso di servizi, prestazioni e strutture dirette a rendere effettivo il diritto allo studio.

L'articolazione territoriale dei nuovi servizi e strutture viene chiamata «distretto scolastico» e sia pure con un nome diverso ritroviamo l'unità locale dei servizi.

La definizione dei distretti scolastici costituisce l'impegno prioritario che la Regione Toscana si assegna. Le Regioni sono infatti chiamate dal dettato costituzionale a intervenire per attuare il diritto allo studio, ossia per mettere in grado tutti i cittadini di poter frequentare la scuola, supe­rando la grave situazione presente per cui i ragazzi sono costretti ad ab­bandonare gli studi perché in disagiate condizioni economiche.

Quali sono gli indirizzi e i criteri che stanno alla base dell'azione e dell'iniziativa della Regione nel campo del diritto allo studio? Riportiamo un ampio stralcio del documento che la Regione Toscana, tramite il dipartimento all'istruzione e cultura, ha predisposto con una serie di interventi sottoposti all'attenzione del consiglio nella seduta del 22 luglio 1972.

 

 

PROGETTO D'INTERVENTO PER IL DIRITTO ALLO STUDIO

 

Il dettato costituzionale

 

Nella carta costituzionale l'articolo 3 assegna alla Re­pubblica il compito di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando di fatto la libertà e l'egua­glianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavo­ratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese». Si pone quindi una distinzione fra diritti formali e diritti effettivi, non ancora concretamente realizzati e che, anzi, è compito attivo della Repubblica promuovere. Del resto il successivo articolo 4, dopo aver riconosciuto e sancito per tutti i cittadini il diritto al lavoro, aggiunge che la Repubblica «... promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto». Anche qui la preoccupazione del legislatore è quella di affermare che la Repubblica non si li­mita a sancire alcuni principi astratti o dei diritti formali, anzi contesta che un principio astratto o una garanzia for­male possano chiamarsi diritto e pone fra i compiti attivi della Repubblica l'attuazione effettiva di essi. In coerenza con queste premesse, l'articolo 34 afferma che «la scuola è aperta a tutti»: per la prima volta si afferma dunque che andare a scuola è un diritto e ci si distacca in positivo dal concetto di matrice filantropica dell'assistenza.

Certo - si legge nel documento - a più di venti anni dalla promulgazione della Costituzione la formula «capaci e meritevoli», con cui si apre il comma successivo dell'ar­ticolo, appare fra quelle meno adeguate, proprio perché sembra prefigurare una preventiva patente di capacità e di merito per l'accesso ai gradi superiori degli studi; l'inciso «anche se privi di mezzi» sembra più dettato dalle contin­genti condizioni dell'Italia di allora che da una necessità sistematica.

Allo stesso modo - si dichiara - mostra particolar­mente il segno dei tempi l'insieme dei provvedimenti attua­tivi del diritto: borse di studio, assegni ed «altre provvi­denze», come vengono elencati dal terzo comma dell'arti­colo. Del resto, lo stesso uso della nozione tradizionale di «assistenza scolastica» in sede di attuazione delle compe­tenze regionali (articolo 117) segna un'ulteriore necessità di dare un'interpretazione evolutiva, alla luce dei principi fondamentali, alle norme attuative in materia.

 

Assistenza scolastica

È significativo comunque che l'assistenza scolastica sia annoverata tra le materie che, nel disegno autonomistico della Costituzione, dovevano essere immediatamente tra­smesse al nascente ordinamento regionale. Il ritardo ven­tennale con cui questo ordinamento è sorto ha determinato uno straordinario rigoglio della legislazione ordinaria e straordinaria, di circolari, di decreti legge, di consuetu­dini amministrative codificate, che non solo non hanno consentito la risoluzione e la corretta definizione del diritto allo studio ma hanno costituito un oggettivo impaccio alla riforma regionale quando finalmente essa ha preso l'avvio. Ciò è particolarmente vero e drammatico - si afferma - in tema di diritto allo studio. Qui, più che altrove, lo iato fra il dettato costituzionale e una legislazione rimasta pre­valentemente fascista si fa stridente, con danni notevolis­simi non solo ai fini delle funzioni di diritto ma anche in sede metodologica, di prassi amministrativa. Fra intervento assistenziale diretto e personale e intervento pubblico su strutture e servizi collettivi, viene sempre privilegiato il primo, con tutto quanto vi è di frammentario, limitato e potenzialmente ricattatorio. Il fallimento dei piani di edilizia scolastica, tutti a carattere straordinario, è ammesso ora­mai anche dalle fonti governative.

 

Gli enti locali e i patronati scolastici

Agli enti locali viene riconosciuto, sia in sede di assi­stenza scolastica che di costruzione di strutture materiali, un ruolo di meri esecutori o erogatori di servizi, senza che la grande potenzialità insita nell'autonomia locale e il le­game ormai storico con le popolazioni amministrate siano degnamente utilizzati nella gestione dell'ordinamento sco­lastico e nella programmazione del fabbisogno. Se si pensa che in vent'anni gli enti locali hanno dovuto oberare i loro bilanci di enormi spese scolastiche prive di copertura o di contributo ministeriale, costretti per necessità a orientarsi su soluzioni costose e talvolta improduttive a lungo ter­mine (affitti, adattamento di locali inadatti a scuola, ecc.) e che queste spese, sovente di per se stesse poco produtti­ve, erano sottratte da altre voci di bilancio, si ha la misura della quantità di denaro pubblico che gli enti locali sono stati costretti a sotto-impiegare per la mancanza di una programmazione organica dell'intervento nella scuola e nell'università. Non si tratta quindi soltanto di dare più denaro agli enti locali ma di coordinare il loro intervento e di at­tribuire loro un'effettiva partecipazione alla formazione del­le scelte.

Certamente l'aspetto più grave e che in un certo senso li riassume tutti - si osserva nel documento - è quello del carattere scarsamente rappresentativo e pubblico di tutti gli enti che si occupano della materia. Non si tratta di valutare i risultati ottenuti dal singolo patronato scola­stico, dalla singola cassa, dalla singola opera universitaria quanto di riflettere piuttosto sulla distanza di queste isti­tuzioni, in gran parte anteriori alla Repubblica anche se qua e là modificate, dalla vita reale del paese. Al contrario degli enti locali, gli enti di beneficenza o di assistenza, al di là di casi scandalosi o di lodevoli eccezioni, riproducono il carattere separato dell'istituzione cui si riferiscono: la scuola. Essi non esprimono gli interessi della globalità so­ciale, vale a dire di tutti gli utenti effettivi e potenziali della scuola; ed anche le forme parzialmente elettive previste per taluni di essi non si discostano da un'impostazione cor­porativa. Particolarmente carente, quindi, quello che do­vrebbe essere il cardine di ogni politica riformatrice - la programmazione del fabbisogno - che enti di questo tipo, proprio per questa caratteristica «separata», non sono in grado di svolgere.

 

Il trasferimento delle funzioni

I contenuti del trasferimento di competenze in materia di assistenza scolastica ripropongono in maniera pressoché identica le considerazioni che il consiglio regionale fece in modo approfondito nelle osservazioni al primo schema di decreto. Poco o nulla è cambiato da quella prima generica formulazione: anzi, le specificazioni vengono a confermare nel decreto di trasferimento una interpretazione restrittiva del dettato costituzionale che contrasta ampiamente con gli orientamenti evolutivi espressi da diverse branche dell'am­ministrazione dello Stato su documenti di programma (Pro­getto 30; Preposte per il nuovo piano della scuola; Docu­mento programmatico preliminare al piano 71-75; Piano an­nuale per il 1972 ecc.) che definiscono (seppure a livello di proposta) i contenuti e l'articolazione istituzionale degli interventi dei prossimi anni. Non solo ci si trova di fronte ad un trasferimento di competenze che disarticola una ma­teria, definita e considerata ancora in maniera arcaica, fra diversi enti e a diversi livelli, in spregio alla richiesta regio­nale di un trasferimento organico e globale, ma il regime in atto delle circolari evidenzia chiaramente una precisa vo­lontà di limitare ancor più i contenuti di questo trasferi­mento, lasciando poche speranze sulla volontà del governo di fare il dovuto ed ampio uso della delega secondo l'arti­colo 118 della Costituzione.

Si è lontani insomma - si osserva - dalla realizzazione di condizioni che permettano alle Regioni un impegno glo­bale per soddisfare il diritto allo studio di tutti i cittadini, così come la Costituzione chiaramente impone; si è lontani dalla realizzazione di quella competenza regionale su tutta la formazione di base e da una definizione di competenze per quanto riguarda la scuola media superiore e la forma­zione post-secondaria, universitaria e post-universitaria che le proposte per il nuovo piano della scuola auspicano come indispensabili alla modificazione di un sistema formativo arretrato. Il mantenimento di strutture obsolete e inope­ranti (patronati, consorzi dei patronati, casse scolastiche, opere universitarie), le riserve di competenze riguardanti i doposcuola, le attività integrative in genere e la formazione e l'aggiornamento del personale insegnante, la riserva ri­guardante l'orientamento scolastico e tutto l'intervento de­stinato al livello universitario (che viene mantenuto alla prerogativa delle opere universitarie) sono alcuni dei più grossi limiti di un trasferimento che non è incentivo ma ulteriore ostacolo alla trasformazione e al rinnovamento della scuola. A ciò bisogna aggiungere, da una parte, l'aber­rante proposta di ristrutturazione del ministero della pub­blica istruzione (che si offre a tale considerazione per l'ignoranza assoluta dell'istituto regionale cui supplisce con l'istituzione di una struttura - la sovrintendenza - che lo sostituisce garantendone l'assoluta dipendenza dal potere centrale), dall'altra, le già ricordate circolari (vale per tutte quella per i piani delle nuove istituzioni) che ignorano le effettive competenze già assegnate alla Regione (assetto del territorio, edilizia, assistenza scolastica e formazione professionale, assistenza pubblica e beneficenza, program­mazione degli asili nido e programmazione economico-so­ciale generale); e ci si potrà rendere conto delle assurde contraddizioni che caratterizzano gli interventi del vertice e delle obiettive enormi difficoltà su cui le Regioni sono chiamate a programmare e ad avviare il proprio intervento.

 

La situazione in Toscana

Il complesso dei servizi erogati dallo Stato nell'anno scolastico 1971-72 nella Toscana sono stati così ripartiti: - il 30 per cento circa in borse di studio che privile­giano appena il 3,5 per cento della popolazione scolastica con criteri di individuazione del merito (esame) e del bi­sogno (reddito familiare) che sono oltretutto discutibili perché scarsamente attendibili;

- il 20 per cento circa in assistenza generica (sussidi, contributi, vestiario, calzature, cancelleria ecc.);

- il 20 per cento circa in buoni-libro che favoriscono appena il 22,7 per cento degli alunni della scuola media ed il 9,7 per cento delle scuole e degli istituti secondari supe­riori (con criteri di individuazione del bisogno ancor più approssimativi) nell'acquisto di libri di testo i cui conte­nuti troppo spesso limitano la formazione dell'alunno e svalutano l'autonomia critica dell'insegnante e dell'alunno medesimo costringendo in ambiti angusti e privilegiati la sperimentazione e l'innovazione.

Gli obbiettivi della Regione

Il documento a questo punto afferma che in un assetto così arretrato, contraddittorio e disarticolato l'azione della Regione deve:

- definire l'impegno immediato, impostando una obiet­tiva, graduale riforma degli interventi in atto e della strut­tura operativa;

- ottenere il completamento e l'organicità delle com­petenze in materia;

- definire un nuovo ordinamento del diritto allo studio che riformi l'intera materia nei contenuti, nelle procedure e nell'assetto organizzativo.

Una strategia così articolata si colloca naturalmente in tempi lunghi, ma richiede l'immediata individuazione di obiettivi nei quali deve via via realizzarsi. Essi vengono così individuati:

a) la programmazione regionale di tutta la formazione di base, con una scolarizzazione che copra la fascia d'età che va dai 3 ai 14 anni almeno;

b) la programmazione regionale di tutti gli interventi per il diritto allo studio in ogni ordine e grado di scuola, compresa l'università;

c) la promozione della scuola a tempo pieno, dell'in­novazione didattica e della riforma strutturale della scuola, in quanto il rapporto tra diritto allo studio e didattica non è soltanto un'esigenza teorica e programmatica ma la con­dizione stessa di un intervento pubblico innovativo;

d) la promozione di uno stretto collegamento fra siste­ma formativo e società.

 

L'intervento della Regione nel breve periodo

In considerazione del fatto che le tappe obbligate in cui deve realizzarsi l'intervento regionale sono costituite dalle leggi transitorie e dalle leggi-quadro di delega, che però hanno tempi tecnici lunghi, l'intervento immediato della Regione viene orientato a promuovere:

a) l'abbandono della sostanza caritativa e assistenziale che caratterizza l'intervento tradizionale, i criteri discrimi­natori, le forme del sussidio e del finanziamento «ad per­sonam». Da ciò la graduale abolizione delle borse di Studio e di tutte le forme di assistenza generica che disperdono e squalificano l'intervento rendendolo improduttivo, profon­damente sperequato e insufficiente e il passaggio all'orga­nizzazione di interventi estesi e generalizzati in una artico­lazione di servizi (trasporti, strutture per il soggiorno, lo studio e il tempo libero, l'assistenza sociale e sanitaria, l'orientamento scolastico e professionale, la formazione e l'aggiornamento degli insegnanti e degli operatori sociali ecc.) che consentano il soddisfacimento del diritto allo studio qualificandone i contenuti e orientando la scuola a una radicale riforma;

b) l'innovazione didattica. L'intervento pubblico deve ca­ratterizzarsi non solo nell'adeguamento dei servizi alle esi­genze di un corretto ed integrale soddisfacimento del di­ritto allo studio ma anche nell'autonoma sollecitazione cri­tica per una riforma della didattica che investa i modi di gestione e i contenuti della formazione rapportandoli allo sviluppo della democrazia, della formazione e della espres­sione intellettuale e morale dei cittadini. Da ciò la neces­sità di promuovere il superamento del libro di testo (e non l'uso del libro), oggetto di speculazione editoriale, compo­nente sensibile nel costo della formazione, spesso espres­sione di arretratezza tecnico-didattica e ispirato a conte­nuti ideologici sorpassati, elemento di svalutazione dell'au­tonomia critica degli insegnanti e degli studenti. Per il su­peramento del libro di testo, la Regione orienterà il proprio impegno e quello degli enti locali destinando i fondi preva­lentemente alla fornitura di strumenti e sussidi (biblioteca di lavoro) diretti alla promozione di una metodologia e di una didattica nuove, centrate sull'attivizzazione e socializ­zazione dello studente, sulla rottura dell'unità della «clas­se» e sull'uso collettivo degli strumenti;

c) la realizzazione della scuola a tempo pieno, che signi­fica l'impegno all'approfondimento dei contenuti e dell'or­ganizzazione dei corsi speciali di aggiornamento e qualifi­camento transitorio in vista della scuola a tempo pieno, e una collaborazione stretta con gli enti locali per la creazio­ne e la gestione di queste strutture e per la promozione e l'organizzazione dei corsi speciali di aggiornamento e qua­lificazione degli insegnanti da immettere in queste strut­ture;

d) il rinnovamento delle strutture di gestione dell'inter­vento e della loro articolazione territoriale, espressa da organismi rappresentativi ed elettivi, politicamente respon­sabili di fronte alla popolazione e in cui si realizzi la più estesa partecipazione sociale. Da ciò l'intervento imme­diato dell'ente locale nella gestione degli interventi e il rapido avvio dello studio e della progettazione dei distretti scolastici quali ambiti territoriali ottimali per la program­mazione a livello di base di tutto il settore della formazione e per la realizzazione di una partecipazione estesa alla ge­stione degli interventi. La definizione dei distretti scolastici costituisce l'impegno prioritario che la Regione si assegna, nella convinzione che solo con l'organizzazione di ambiti territoriali di intervento - in cui con i distretti possano essere programmati l'utilizzazione delle strutture esistenti e l'istituzione di nuove, un sistema unitario di assistenza (trasporti, servizi per soggiorno, sanitari e di orientamen­to), un sistema di servizi per lo studio, il tempo libero e le attività culturali (biblioteche, sale di lettura, attrezzature sportive, circoli di cultura, cine-clubs, università popolare, teatro, ecc.), l'unificazione dei servizi comuni per realiz­zare economie di investimenti e di gestione (personale ausiliario e manutenzione), l'utilizzazione più razionale ed efficace di tutte le competenze docenti - si potrà realiz­zare l'integrazione culturale e sociale fra studenti di diversi indirizzi, provenienti da famiglie e da ambienti di diverso livello economico e culturale, e la gestione sociale della scuola e delle sue strutture.

Sarebbe grave però - si osserva - se il ricorso al cri­terio del distretto fosse escogitato per eludere l'impegno della riforma: si è avvertito il tentativo di tale elusione nel convegno dello scorso maggio a Frascati, dove si è par­lato di «scuole pluricomprensive». La Regione può dare un contributo alla creazione di tali distretti se intesi non come alibi per il governo per sottrarsi ai propri impegni bensì come creazione di agglomerati scolastici che, forniti di tutti i servizi (mense, trasporti, biblioteche di lavoro ecc.), servano una determinata zona.

 

Un progetto di legge delega per il diritto allo studio

Sulle direttrici sopraindicate la giunta regionale si ap­presta a proporre all'attenzione del consiglio un progetto di legge delega per il diritto allo studio che affronterà an­che i temi della riforma strutturale del settore e dei suoi contenuti. Il progetto, non ancora definito nei minimi parti­colari, dovrà muoversi sulle linee essenziali che indichiamo qui di seguito.

A) Verranno gradualmente soppressi gli interventi di assistenza generica.

B) Sarà portato ad esaurimento nel corso dei prossimi quattro anni l'intervento sulle borse di studio procedendo da quest'anno alle sole conferme delle borse pluriennali già assegnate dal ministero e abolendo quindi i concorsi di assegnazione.

C) Verranno introdotte, con un intervento iniziale nella scuola dell'obbligo e successivamente nella scuola secon­daria superiore, le biblioteche di lavoro.

Poiché i tempi necessari all'organizzazione e alla speri­mentazione di un simile intervento non possono certamente essere brevi e impegneranno i prossimi due anni, si pro­pongono due alternative fra le quali si impone una scelta:

1) il mantenimento dei buoni-libro con un impegno fi­nanziario costante nei prossimi due anni e decrescente nei due successivi, contemporaneamente all'avvio in forma estesa dell'intervento sulle biblioteche di lavoro per la pro­mozione dell'innovazione didattica;

2) il mantenimento dei buoni-libro nell'anno scolastico '72-'73 per gli alunni della seconda e terza media e delle scuole secondarie superiori e l'assegnazione gratuita dell'atlante e del dizionario di italiano a tutti gli alunni della prima media; il mantenimento dei buoni-libro nell'anno scolastico '73-'74 solo per gli alunni della terza media e della scuola secondaria superiore, mentre a tutti gli alunni della prima media verranno confermati l'atlante e il dizio­nario e a tutti quelli della seconda media il dizionario di lingua straniera; avvio nell'anno scolastico 1974-75, per la scuola secondaria superiore, della progressiva riduzione dei buoni-libro, che nei successivi due anni dovranno essere gradualmente sostituiti dalle biblioteche di lavoro.

D) Il servizio di trasporto verrà finanziato massiccia­mente ed esteso gradualmente agli studenti della scuola secondaria superiore e dell'università.

E) I servizi di refezione e di mensa verranno moltipli­cati a livello dell'obbligo e introdotti con finanziamento regionale nella scuola secondaria superiore.

F) Gli interventi per il diritto allo studio negli istituti professionali (trasporti, posti gratuiti e semi-gratuiti, borse di tirocinio, mense) saranno confermati.

G) Verrà finanziata a posteriori la sperimentazione delle innovazioni didattiche a tutti i livelli del sistema scolastico. In attesa della definizione dei distretti scolastici e del loro intervento operativo, la gestione degli interventi sopra elencati verrà delegata agli enti locali: a livello provinciale gli interventi sulla scuola secondaria superiore e sull'uni­versità, a livello comunale gli interventi fino a tutta la fascia dell'obbligo. Funzioni di coordinamento verranno as­segnate alle province.

Per i patronati scolastici, secondo gli orientamenti già espressi dalla giunta, resta confermato che si dovrà andare verso la loro soppressione. Viene così a mancare la fun­zione dei consorzi che vengono ugualmente soppressi.

La Regione inoltre organizzerà e promuoverà l'organiz­zazione, da parte degli enti locali, di corsi di qualificazione e aggiornamento professionale degli insegnanti, particolar­mente incentrati sull'uso delle biblioteche di lavoro e sull'insegnamento nei doposcuola. La Regione infine promuo­verà un massiccio intervento finanziario degli enti locali, orientandolo alla creazione e gestione di doposcuola e alla predisposizione di servizi per l'orientamento scolastico.

 

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