Prospettive assistenziali, n. 18, aprile-giugno 1972

 

 

NOTIZIARIO DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE FAMIGLIE ADOTTIVE E AFFIDATARIE

 

 

CONSEGUENZE ATTUALI DEL DRAMMA EMIGRATORIO: DISGREGAZIONE FAMILIARE, ABBANDONO, ISTITUZIONALIZZAZIONE (1)

 

Nella sua dinamica sociale il discorso nuovo sull'adozione come istituto giuridico ispirato all'interesse prevalente del minore, ha avuto ed ha nel nostro paese una funzione di stimolo ad individuare le realtà che sottostanno alle diverse situazioni di abbandono, a denunciare i meccani­smi che le determinano, a promuovere la ricerca di misure alternative per la difesa del nucleo familiare e l'affermazione del diritto del bambino a una famiglia.

È così che trova in questa sede una corretta collocazione la denuncia delle conseguenze at­tuali del dramma migratorio che sono lo smem­bramento familiare, l'abbandono, l'istituzionaliz­zazione: conseguenze particolarmente pesanti per quanto riguarda gli emigrati in Svizzera, pae­se in cui la ricomposizione dei nuclei familiari, è regolata da norme precise, e dosata in un'al­chimia di valutazioni economiche e pregiudizi razziali.

È doloroso dover affermare che sulla lacera­zione di tante famiglie di lavoratori italiani pe­sano quasi esclusivamente calcoli di ordine eco­nomico. Un fatto così enorme, così traumatiz­zante a livello individuale e sociale, quando non è volutamente ignorato, è accettato ancor oggi dai più sia nella società di arrivo sia nella so­cietà di partenza come qualcosa di ineluttabile, quasi un fenomeno di natura che obbedisca a sue leggi incoercibili. Mentre ad una disamina sere­na e obiettiva appare evidente che l'amara real­tà di tanti bambini costretti a vivere, talora per lunghi anni, lontano dai genitori, ora affidati a parenti nel sud, ora ospiti di istituti educativo-­assistenziali in situazioni precarie di abbandono non meno reale perché non conclamato (2), di­pende strettamente dalla logica del sistema in cui viviamo, è imputabile a noi tutti membri di una società che fa pagare solo ad alcuni i costi disumani degli squilibri del suo progresso eco­nomico.

Le stesse gravi responsabilità ricadono sulla società Svizzera, la quale, pur consapevole del fatto che la presenza della manodopera stranie­ra è indispensabile allo sviluppo della sua econo­mia, si è ostinata a considerare tale fenomeno come transitorio e non ha mai tentato di favo­rire l'assimilazione e l'integrazione dei nuovi ve­nuti. Prova ne sono le norme, già di per sé re­strittive e peraltro spesso rese inoperanti, che regolano il ricongiungimento dei nuclei familiari dei lavoratori immigrati. Esso infatti è condizio­nato da clausole («buona condotta personale e professionale», «lavoro stabile e durevole», «alloggio adeguato») così subordinate al potere discrezionale della polizia degli stranieri e del datore di lavoro, da divenire spesso irrealizzabi­le, anche quando è ammesso. L'emigrato (in par­ticolare lo stagionale) è costretto a conquistarsi il diritto al lavoro, negatogli dalla società di par­tenza, garantitogli da quella di arrivo, con la ri­nuncia ai suoi diritti affettivi, umani e civili: pri­mo fra tutti quello di allevare ed educare i pro­pri figli. I pregiudizi razziali vivi e operanti a li­vello conscio e inconscio in vasti strati della po­polazione, sovrapponendosi a valutazioni econo­miche di fondo hanno spinto un paese come la Svizzera, che pur vanta un'antica tradizione de­mocratica, a codificare il fenomeno doloroso del­la separazione, a mettere in atto ogni artificio per impedire o dilazionare la riunione delle fa­miglie. A tale compito si è delegato un organo specifico: la polizia degli stranieri, che ha facol­tà di espellere entro 48 ore ogni straniero (sia pure un bimbo di pochi mesi) privo del diritto di residenza, senza renderne conto a nessuno. L'emigrato viene accettato come forza lavoro, respinto nella sua integrità di uomo, e come for­za lavoro può venir accettata anche sua moglie. Ma per i figli non c'è posto. Allora spesso una delle soluzioni che si prospettano, anche perché dovrebbe garantire l'adempimento dell'obbligo scolastico, è quella dell'istituzionalizzazione, con conseguenze particolarmente gravi per questi bambini che, già segnati dal trauma dello sradi­camento, talora dal trapianto clandestino in un paese in cui è in atto una politica di discrimina­zione nei confronti dei loro genitori, si trovano a vivere una nuova esperienza emarginante.

La società italiana, il cui sviluppo economico si è basato in misura notevole sulla valvola di sfogo dell'emigrazione, offre a questi lavoratori emarginati bruscamente dal suo contesto, trop­po poco. Il nostro sistema assistenziale, macchi­na enorme ma lenta e appesantita dal carico della burocrazia, incapace della tempestività e qualità di interventi necessari, favorisce il ripie­gamento dell'individuo su posizioni e soluzioni individualistiche. Spesso l'emigrato parte allo sbaraglio, ignaro di quello che l'attende, sprov­veduto delle informazioni più necessarie per la vita nel nuovo paese. Raramente la sua scelta è ponderata, raramente è assistito in questa scel­ta, che il più delle volte comporta sacrifici e la­cerazioni per sé e la sua famiglia, che il vantag­gio economico (quando anche ci sia) certo non compensa. Né è prevista la tutela organica pro­grammata coerente delle condizioni di vita e dei diritti degli emigrati e delle loro famiglie attra­verso una rete di servizi sociali efficienti nel pae­se di arrivo, ma ci si limita a interventi spesso alienanti a livello individuale nei casi più clamo­rosi di espulsioni o di impedimento all'ingresso in Svizzera dei familiari del lavoratore.

L'adozione evidentemente non è strumento at­to a risolvere questi casi: forse si potrebbe pen­sare invece ad affidamenti familiari a breve ter­mine, in attesa che le pressioni politiche e so­ciali esercitate sui governi dei due paesi al fine di sbloccare questa drammatica situazione, ot­tengano il loro scopo.

Certo non possiamo rimanere indifferenti al destino di questi bambini privati della loro fami­glia, esclusi, come altri bambini di altri paesi che subiscono l'amara necessità dell'emigrazione.

 

 

(1) Comunicazione presentata da Luciana Spallino (Sezione ANFAA di Como) alla Conferenza mondiale sull'ado­zione e sull'affidamento familiare, Milano, 16-19 settembre 1971.

(2) Sono 505 i minori figli di emigrati all'estero istituzionalizzati nelle sole province di Bari e Foggia (da una ricerca della Sezione pugliese dell'ANFAA).

 

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