Prospettive assistenziali, n. 16, ottobre-dicembre 1971

 

 

DOCUMENTI

 

SEZIONE SICUREZZA SOCIALE E SANITÀ DEL P.S.I.

ORDINE DEL GIORNO SULLO SCHEMA DI DECRETO DELEGATO SULL'ASSISTENZA

 

 

In data 23 giugno 1971 il Ministro per l'attua­zione delle regioni ha trasmesso alla Presidenza del Consiglio una bozza di decreto delegato per il trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle competenze in materia di beneficenza pub­blica.

È proprio questa espressione, «beneficenza pubblica», che insieme con altre considerazioni, rende assolutamente inaccettabile il documento proposto. Per suggerimento del Ministero dell'in­terno, che ne aveva elaborato l'originaria stesu­ra, il testo, successivamente accolto dal Ministro per l'attuazione delle regioni, prende in esame esclusivamente l'attività relativa alla «beneficen­za pubblica», mentre nella enumerazione delle attività di competenza degli organi statali fa esplicito riferimento alle attività di «assistenza sociale». Vengono invece trasferiti alle regioni compiti marginali nel quadro del sistema gene­rale di protezione sociale, e resta così immutato l'attuale caos esistente nel settore assistenziale o, in certa misura, lo si aggrava.

È da rilevare, in proposito, come il Ministro Gatto, in diverse dichiarazioni, aveva affermato il principio di una corretta interpretazione del concetto di beneficenza pubblica.

Del resto, nella recente legislazione, nella dottrina e nella prassi, i termini assistenza e be­neficenza pubblica sono stati usati per indicare lo stesso settore di attività, preferendosi ovvia­mente la prima dizione alla seconda, per la vo­lontà di eliminare già nella terminologia concetti e metodi ormai superati. Ciò nonostante che lo stesso Ministero dell'interno (AAI nel volume edito recentemente «Le regioni a statuto spe­ciale e l'assistenza sociale») abbia considerato coincidenti i concetti di beneficenza pubblica e quello di assistenza sociale.

La restrizione di competenza adottata nello schema di decreto delegato impedisce una razio­nale semplificazione istituzionale, in quanto con­sente il trasferimento alle regioni soltanto delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (purché non svolgano attività interregionali) e degli enti comunali di assistenza.

Rimangono invece fuori le istituzioni private (in quanto paradossalmente il concetto di pub­blico è stato usato non per intendere l'interesse generale della comunità, ma soltanto il carattere dell'organismo operante), gli enti pubblici nazio­nali di assistenza, le istituzioni che svolgono at­tività in più di una regione, le attività di assisten­za economica in favore dei ciechi civili, dei sor­domuti e degli invalidi civili ed altre categorie di assistiti.

In pratica ciò significa che solo un terzo degli attuali finanziamenti erogati in favore degli orga­ni pubblici viene trasferito alla regione, mentre non vengono trasferiti i finanziamenti destinati ai privati dal Ministero dell'interno al di fuori - occorre sottolineare - di precise disposizio­ni di legge.

Parimente incostituzionale appare che attivi­tà assistenziali siano ancora affidate ad enti pub­blici nazionali in quanto si sottrarrebbero alle re­gioni funzioni loro attribuite dalla Costituzione: la formula amministrativa diversa dalla ammini­strazione diretta statale (enti pubblici) non esi­me lo stato dall'obbligo di trasferire le compe­tenze assistenziali alle regioni. (VIII disposizio­ne transitoria della Costituzione).

Viene tentato addirittura, nelle pieghe del decreto, di attribuire definitivamente al Ministero dell'interno il compito di indirizzo e di coordina­mento in materia di assistenza (questa volta in­tesa in senso lato), oltre allo svolgimento di una ampia gamma di attività amministrative. Si cerca cioè, contro la legge, invece di trasferire le competenze alle regioni (che è il limite di competenza dei decreti delegati) di innovare l'ordinamento precedente dando al Ministero dell'in­terno compiti fino ad oggi non definiti e, per la parte di essi attualmente esercitata, contestati.

Per queste ragioni va respinto lo schema di decreto per il trasferimento delle attribuzioni in materia di beneficenza pubblica, così come lo ha concepito il Ministero dell'interno, per mantene­re il potere che attualmente detiene nel settore. È da rilevare poi che non vengono prese in considerazione nello schema le attività svolte da numerosi altri Ministeri (solo per citare i più importanti, la Sanità, che controlla l'ONMI, e il Ministero del lavoro, che controlla l'ENAOLI e l'ONPI), pur essendo previsto dalla Costituzione e dalla Legge 16 maggio 1970, n. 281, che il tra­sferimento delle funzioni statali alle regioni deb­ba avvenire per settori organici di materia.

Il mantenimento di ampi poteri in materia di assistenza al Ministero dell'interno contrasta con la posizione assunta dalle forze politiche più avanzate, sulla base di studi ed esperienze con­dotte anche sul piano del diritto comparato. Evi­dentemente, non sono giunti al Ministro per le regioni gli echi del dibattito svoltosi alla Com­missione parlamentare di indagine sullo stato e le prospettive dell'assistenza pubblica, dove, ad eccezione di posizioni di parte, sono prevalsi gli orientamenti contrari al mantenimento degli at­tuali compiti di assistenza - acquisiti talora più per atti amministrativi interni che per precise disposizioni di legge - al Ministero dell'interno, il quale ha costantemente associato detta atti­vità ai compiti di tutela dell'ordine pubblico, così come viene ribadito nell'art. 4 del decreto dele­gato in esame.

La Sezione Sicurezza Sociale esprime le pro­prie preoccupazioni per il modo con cui si tenta di svuotare di contenuto l'ordinamento regionale, per mantenere intatto un apparato statale accen­trato che ha dimostrato a sufficienza la propria incapacità di risolvere, sia pure parzialmente, i problemi delle persone in stato di bisogno.

 

Roma, 16 luglio 1971

 

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