Prospettive assistenziali, n. 16, ottobre-dicembre 1971

 

 

NOTIZIE

 

 

CONVEGNO DI VARESE

 

Gli amministratori regionali, provinciali e co­munali, gli operatori sociali, i rappresentanti di associazioni e i partecipanti tutti al Convegno indetto dall'Unione regionale delle Province lom­barde sul tema « Proposta per una nuova visione dell'assistenza e dei servizi sociali nell'ambito delle comunità locali » tenutosi a Varese nei gior­ni 11 e 12 settembre 1971, esaminato lo schema di decreto delegato per il trasferimento alle re­gioni a statuto ordinario delle funzioni ammini­strative in materia di assistenza pubblica

ne denunciano

a) la non rispondenza ai principi costituzio­nali riguardanti l'assistenza, le competenze delle regioni, delle province e dei comuni;

b) la mancata piena applicazione della legge 16-5-1970, n. 281 e dell'ordine del giorno appro­vato dal Senato il 18-12-1970 che prevedono i criteri di emanazione degli stessi decreti dele­gati;

c) l'impostazione diretta a conservare tutte le arcaiche strutture burocratizzate e in parti­colare quelle centralizzate esistenti (ONMI, ONPI, ENAOLI, ECA, ecc.) ;

d) la volontà politica di mantenere il carat­tere settoriale e frammentario dell'attuale siste­ma impedendo alle regioni di essere un organo legislativo e di programmazione unificante nel campo dell'assistenza in particolare e della poli­tica sociale in generale, nonché agli enti locali di svolgere i compiti operativi adeguati alle nuo­ve esigenze emergenti dai cittadini.

Ciò premesso esprimono parere negativo all'attuale testo e chiedono che esso sia riformu­lato in modo da trasferire alle regioni tutte le competenze in materia di assistenza svolte:

- dalla Presidenza del Consiglio dei ministri;

- dai Ministeri;

- dagli enti di diritto pubblico nazionali e locali

e che le funzioni di coordinamento e di indirizzo vengano unicamente esercitate con decisione collegiale dal Consiglio dei ministri e dalle leggi del Parlamento.

 

 

COLLETTIVO INTERSINDACALE E INTERASSOCIATIVO SULL'ASSISTENZA

 

A seguito del convegno di Torino del 3 luglio 1971 sul tema «Dall'assistenza emarginante ai servizi sociali aperti a tutti», si è costituito un gruppo intersindacale e interassociativo per i problemi dell'assistenza che si è già riunito più volte, prendendo alcune decisioni di carattere or­ganizzativo di cui si dà comunicazione:

1. - Ravvisando la necessità di ancorare l'azione per la riforma del settore dell'assistenza a concreti movimenti di lotta, il gruppo ha cer­cato di individuare alcuni temi sufficientemente generali rispetto ai quali esista un minimo di movimento o di sensibilizzazione per far conver­gere su di essi tutte le forze disponibili, per estendere la lotta in modo coordinato e artico­lato coinvolgendo gli utenti dei servizi, i dipen­denti degli enti che operano nel settore ed i la­voratori che sono, direttamente o indirettamente, interessati alla ristrutturazione dei servizi so­ciali. Si sono individuati principalmente due temi (1) l'assistenza ai minori (asili nido, medicina scolastica, istituti, ecc.) e (2) l'assistenza agli anziani, portando attenzione in questi due am­biti anche al problema degli invalidi e degli han­dicappati in generale senza che si sia costituito per ora uno specifico gruppo di intervento: ciò sarà fatto quando le situazioni concrete e le forze disponibili lo consentiranno. Intorno a questi due temi si sono costituiti due gruppi di lavoro.

2. - Periodicamente si terranno riunioni con­giunte dei gruppi e si terranno altresì collega­menti con il collettivo scuola per quei problemi che devono essere esaminati in comune.

3. - I partecipanti hanno altresì formato un gruppo ristretto di coordinamento che funge sem­plicemente da collegamento e da punto di rife­rimento costante.

4. - Fra le varie attività finora svolte il col­lettivo ha provveduto alla stesura ed alla diffu­sione del seguente comunicato:

In merito all'inizio del procedimento penale contro le 27 infermiere imputate di maltratta­menti nei riguardi dei minori ricoverati a Villa Azzurra, ribadiamo quanto segue:

mentre chiediamo sia fatta piena luce sulle responsabilità di singoli dipendenti e che even­tuali abusi siano puniti, non vogliamo che, an­cora una volta, tutta la complessa questione sia risolta colpendo soltanto alcuni lavoratori subor­dinati.

Noi chiediamo che vengano precisate e punite le eventuali responsabilità ben più gravi e spe­cifiche:

a) dei medici ed in particolare del Direttore di Villa Azzurra perché è venuto meno al suo compito, non solo di evitare che tali cose avve­nissero, ma di organizzare il servizio e formare il personale. La sua responsabilità è ben più gra­ve in relazione alla sua presumibile formazione scientifica e alla sua posizione gerarchica e re­tributiva (700.000 lire mensili!!!);

b) del Direttore sanitario degli O.P. prof. De Caro e della ex presidentessa dott. Vietti (at­tuale Assessore regionale all'assistenza) che, perfettamente al corrente di cosa avveniva a Vil­la Azzurra (almeno perché più volte informata dai parenti), hanno continuato a lasciare immutata la situazione, per non aver curato e organizzato una formazione professionale e tecnica del per­sonale ai fini di recupero e non solo di custodia dei bambini, per aver conservato nell'istituto un rapporto rigidamente autoritario tra medici e per­sonale, per aver mantenuto quest'ultimo in nu­mero insufficiente e con orari irrazionali, in una situazione che ha favorito l'insorgere dei com­portamenti denunciati;

c) dell'ONMI, della Prefettura, del medico provinciale, del giudice tutelare, per non aver esercitato i controlli a cui per legge sono tenuti;

d) dell'Amministrazione provinciale di Torino che, pur continuando a inviare minori e a pagare rette cospicue (da 5.000 a 8.000 lire al giorno), non si è mai preoccupata di controllare i servizi.

Siamo vivamente allarmati inoltre, del fatto che le iniziative che l'Amministrazione provin­ciale ha preso nei confronti dei minori handicap­pati a seguito della denunzia della situazione esi­stente a Villa Azzurra hanno le stesse caratteri­stiche che hanno reso possibili i denunciati mal­trattamenti e cioè unicamente l'acquisto di ville collinari (come quella di strada del Mainero), dove i minori stessi non possono avere normali relazioni sociali e dove, soprattutto, i genitori ed i cittadini avranno difficoltà per controllarne la gestione.

Infatti, nello stesso momento in cui l'Ammini­strazione provinciale investe centinaia di milioni nell'acquisto di questi stabili, di per sé inidonei, è stata bloccata la già promessa creazione di una serie di focolari nei quartieri e non sono ancora stati iniziati la preparazione e la riqualificazione del personale impiegato, il decentramento terri­toriale delle strutture esistenti (centro di igiene mentale, comunità alloggio, centri di lavoro pro­tetto, istituto provinciale per l'infanzia, medicina scolastica, ecc.) e la riconversione delle stesse in servizi non emarginanti.

Queste sono delle alternative concrete ed im­mediatamente realizzabili, per evitare il ripetersi di simili abusi.

Torino, 2-11-71

Firmato: Comitati di quartiere: Vanchiglietta, Vallette, Borgo Po, Cit Turin, Merca­ti Generali - ACLI - U.D.I. - Unione per la promozione dei diritti dei mi­nori e per la lotta contro l'emargina­zione sociale - Associazione per la lotta contro le malattie mentali - Associazione Giuristi Democratici - Associazione Naz. Famiglie Adottive C.G.I.L. Enti locali - C.G.I.L. Ospeda­lieri.

 

 

MOZIONI APPROVATE AL CONVEGNO SU «L'UOMO ED IL CARCERE» (1)

 

I

Il congresso per quanto concerne la colloca­zione ed i compiti del servizio sociale, previsti dal progetto di riforma dell'ordinamento peni­tenziario

rileva

- che essi rispondono ancora in gran parte ad una concezione di tipo autoritario o nella mi­gliore delle ipotesi paternalistica che prescinde anche dai risultati dell'esperienza ormai decen­nale svolta dal servizio sociale nell'ambito mi­norile: infatti nella fase del trattamento, i tecni­ci, tra i quali l'assistente sociale, hanno la fun­zione mistificatrice di ridurre ad un problema di adattamento individuale fatti e comportamenti la cui genesi va individuata nelle contraddizioni strutturali della società;

- che nelle diverse situazioni di semi libertà, l'intervento del servizio sociale, in mancanza di strutture moderne idonee al reinserimento del soggetto nella società, è destinato a svolgersi nei vecchi schemi dell'assistenza paternalistica e «pelosa» che ribadiscono le condizione di sud­ditanza del soggetto assistito e la sua anorma­lità, e riconfermano la posizione di preminenza di certi enti assistenziali privati;

- che, infine, al servizio sociale è riservato l'ambiguo ruolo di organo di controllo poliziesco e di elemento promozionale del processo di so­cializzazione del soggetto, il che evidentemente rende impossibile il raggiungimento dell'uno e dell'altro scopo:

auspica

- che l'istituendo servizio sociale carcerario non sia inserito nella gerarchia carceraria e pos­sa svolgere i suoi compiti in piena autonomia, in collegamento con i servizi di sicurezza sociale regionale.

 

II

L'VIII Convegno nazionale dei Comitati di azione per la giustizia, udite le relazioni e gli in­terventi:

premesso che l'attuale articolazione dei rap­porti economici e sociali, ispirata ai criteri au­toritari e paternalistici, dando la preminenza al fattore della produttività senza la correlativa, giu­sta considerazione del fattore uomo, è la princi­pale causa del disadattamento di molti alla vita sociale;

che è compito della società ordinarsi ed edu­carsi in modo da ridurre al minimo le cause che portano l'uomo all'ingresso nel carcere; che la società deve organizzarsi adeguatamente per consentire l'effettivo reinserimento del detenuto, a pena espiata, nella vita sociale;

constata la comune e concorde convinzione che il rapporto penitenziario va necessariamente esaminato e disciplinato in una armonica regola­mentazione del quadro istituzionale, resasi ormai indilazionabile per risolvere l'attuale crisi della società;

rileva che il tema discusso ha evidenziato in termini drammatici la frattura profonda fra I'uo­nno e le istituzioni;

afferma che la riforma dell'ordinamento peni­tenziario, carne ogni altra riforma, deve realizza­re il fondamentale ed indeclinabile principio che le istituzioni devono essere in funzione dell'uo­mo, e non viceversa, e ciò anche per dare con­creta attuazione ai dettati costituzionali;

segnala che l'attuale disegno di legge sull'or­dinamento penitenziario, non corrisponde ai prin­cipi ed alle finalità sopra enunciate, come risulta anche dalle più analitiche considerazioni conte­nute nelle relazioni presentate al Convegno;

ritiene, in ogni caso, l'assoluta necessità che sull'indispensabile presupposto della creazione di istituti idonei alla differenziazione del tratta­mento, alla umanizzazione della pena e alla pre­parazione del reinserimento del condannato nella società, l'ordinamento penitenziario riconosca e disciplini i diritti soggettivi e gli interessi legit­timi del detenuto quale cittadino, quelli inerenti al suo status e la loro tutela giurisdizionale e realizzi il principio della uguaglianza di tratta­mento giuridico, economico e previdenziale fra il detenuto lavoratore e il lavoratore libero;

delibera la immediata trasmissione della pre­sente mozione al Governo ed alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati.

 

 

ASSEMBLEA NAZIONALE DELL'ANIEP

 

Pubblichiamo l'ordine del giorno approvato dall'assemblea nazionale dei delegati dell'ANIEP, in riferimento all'impegno espresso dal Governo per la riforma della legge sull'assunzione obbli­gatoria, come un primo passo per eliminare le categorie e come richiesta d'interventi necessari a rimuovere le categorie stesse.

L'ordine del giorno approvato il 26 settembre 1971 chiede che sia approntata con urgenza una nuova legge che tenga conto dei seguenti prin­cipi:

- coordinamento con la legislazione europea;

- armonizzazione dell'addestramento con il col­locamento;

- trasferimento delle competenze in materia di avviamento al lavoro e di esonero parziale o totale delle imprese, dagli organi burocratici, alle commissioni provinciali per il colloca­mento obbligatorio;

- incremento delle aliquote riservate agli inva­lidi civili e del lavoro con corrispondente ri­duzione delle aliquote per gli orfani, le ve­dove e gli invalidi di guerra;

- garantire la assunzione degli aventi diritto nel settore pubblico mediante l'equiparazione con le aziende private e l'inasprimento delle con­travvenzioni;

- favorire il collocamento nel settore artigiano e nelle medie aziende mediante l'abbassa­mento del numero dei dipendenti richiesti ai fini del collocamento delle categorie protette.

 

 

 

(1) VIII Convegno nazionale dei Comitati d'azione per la giustizia (Roma, 9-10-11 giugno 1971).

 

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