Prospettive assistenziali, n. 16, ottobre-dicembre 1971

 

 

NOTIZIARIO DEL CENTRO ITALIANO PER L'ADOZIONE INTERNAZIONALE

 

 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PRIME 80 FAMIGLIE CHE HANNO ADOTTATO BAMBINI ASIATICI ATTRAVERSO IL C.I.A.I. (1)

 

Modalità e finalità dell'inchiesta

Nel gennaio scorso abbiamo deciso di racco­gliere una serie di dati riguardanti le prime 80 famiglie che, tramite il Centro Italiano Adozioni Internazionali (CIAI), hanno adottato, a partire dal 1968 bambini asiatici (indiani e coreani).

L'inchiesta è stata condotta mediante due questionari: uno relativo alla famiglia (compo­sizione, condizione economica e socio-culturale, abitudini familiari e attività extra-familiari, ecc.) e uno relativo al bambino adottato (condizioni di sviluppo psico-fisico all'arrivo in Italia e al pre­sente; prime reazioni emotive nei confronti dei membri della famiglia, dei parenti, degli estranei, dell'ambiente fisico; comportamento attuale; eventuali timori e preoccupazioni dei genitori per il futuro del bambino, ecc.).

L'inchiesta è stata compiuta per corrispon­denza e, sebbene i questionari comprendessero complessivamente 46 domande principali, tutte le famiglie li hanno rispediti nel volgere di un mese circa. Soltanto tre sono state sollecitate a farlo.

Malgrado l'indagine non sia stata svolta, co­me avremmo desiderato ma come non ci è stato possibile, con interviste dirette e a domicilio, ab­biamo sufficienti motivi per credere nella vali­dità oggettiva di buona parte dei dati raccolti. Tuttavia ci siamo resi conto che alcune domande non erano state formulate con sufficiente chia­rezza perciò abbiamo deciso di annullare, in fase di elaborazione, i dati ad esse riferiti. L'elabo­razione dei dati, affidata ad un centro di ricerche specializzato, non è ancora ultimata, ma lo sarà quanto prima poiché mancano solo alcune corre­lazioni fra vari gruppi di risposte.

I risultati dell'inchiesta verranno pubblicati nel più breve tempo possibile e saranno messi a disposizione di tutti gli interessati. In sostanza ci siamo proposti di condurre un'indagine cono­scitiva con tre obiettivi: 1) ricostruire il tipo me­dio o, se si preferisce, la «fisionomia» della famiglia che ha adottato un bambino di altra raz­za e verificare la validità del criterio di selezione finora seguito; 2) appurare se e quali difficoltà vi sono state nella prima fase di inserimento del bambino nella famiglia; 3) sondare i genitori su questo primo capitolo della loro esperienza.

Ecco le prime indicazioni emerse su ciascuno di questi tre punti dell'inchiesta, indicazioni che presentiamo senza commento ma che offrono all'esperto spunti di riflessione.

 

La «fisionomia» della famiglia

L'età media dei coniugi al momento dell'ado­zione è di 34 anni e 7 mesi per il marito e di 32 anni e 4 mesi per la moglie. L'indice medio del matrimonio è di 7 anni e 2 mesi. Sempre al momento dell'adozione del primo bambino stra­niero il 67,5 delle coppie aveva già figli legittimi e/o adottivi italiani (28 coppie con un figlio e 26 con più di un figlio).

Nel valutare l'età media dei coniugi acquista particolare significato l'elevata percentuale delle coppie che hanno adottato in presenza di figli procreati o adottivi, circostanza che riteniamo al­tamente positiva sia per la maggior esperienza e maturità conseguita dai due coniugi, sia per le migliori possibilità di inserimento nel nuovo con­testo familiare offerte al bambino adottato.

Le fasce d'età che comprendono il maggior numero di adottanti sono quelle da 29 a 35 anni per il marito (46 su 80) e da 25 a 35 anni per la moglie (57 su 80). Infine, le coppie nelle quali il marito ha una età compresa tra i 35 e 50 anni sono 28, di queste soltanto quattro non avevano figli al momento dell'adozione e fra queste nes­suna di quelle (4 in tutto) il cui partner maschile aveva superato i 45 anni di età.

Reddito. - Il 52,5% delle famiglie hanno un reddito mensile compreso fra 200.000 e 450.000 lire (17 erano senza figli al momento dell'adozio­ne, 25 avevano da 1 a 5 figli). Il 12,5% delle fa­miglie hanno un reddito compreso fra i 100.000 e 200.000 mensili (3 erano senza figli, 7 con 1 o 2 figli). Il 13,7% delle famiglie ha un reddito da 450.000 a 550.000 mensili (2 erano senza figli, 2 con un solo figlio, 7 con più di 2 figli). Il 21,3% delle famiglie ha un reddito mensile superiore a 550.000 (4 erano senza figli, 6 avevano un solo figlio, 7 da 2 a 4 figli).

Grado di istruzione. - Il 3,1% dei coniugi ha studiato fino al conseguimento della licenza ele­mentare, l'11,3% ha frequentato le medie infe­riori; il 46,3% ha il diploma di scuola media su­periore; il 33,1% ha compiuto studi universitari fino alla laurea.

Nazionalità. - Il 93,7% dei coniugi è di nazio­nalità italiana, i1 6,3% ha la nazionalità di paesi anche non occidentali.

Religione. - Il 90% si dichiara cattolica (di questi il 25% non praticante), il 5,6% ateo, il 4,4% di religione non cattolica.

Motivazioni dell'adozione. - Alla domanda: «Quali ragioni vi hanno spinto ad adottare un bambino?», soltanto una coppia ha detto di aver­lo fatto esclusivamente a causa della propria im­possibilità a procreare.

Questa stessa ragione, ma assieme ad altre più positive, è stata adottata da 9 coppie (10,2%), mentre le rimanenti 70 coppie (88,5%) affermano di averlo fatto in primo luogo per dare affetto e famiglia a un bambino solo. 50 di queste 70 coppie motiva la propria deci­sione anche con altre valide ragioni.

Alla domanda: «Per quali motivi avete adot­tato un bambino di altra razza?», 58 coppie (72,5%) hanno risposto: «Tutti i bambini sono uguali». 39 di queste coppie hanno aggiunto an­che altre motivazioni: i bambini dei paesi in via di sviluppo vivono in condizioni di vita più pre­carie, fare qualcosa di concreto per il terzo mon­do, dare una testimonianza cristiana, ecc. Nes­suna delle coppie intervistate ha motivato la propria decisione esclusivamente con la difficol­tà di adottare in Italia un bambino piccolo o con la sicurezza di essere garantiti (anche a causa delle distanze geografiche) da eventuali inter­ferenze dei genitori naturali. Tuttavia 22 coppie (27,5%) hanno addotto queste ragioni assieme ad altre.

 

L'inserimento del bambino

Dati orientativi. - I bambini asiatici adottati dalle 80 famiglie intervistate sono complessiva­mente 86, dei quali 36 coreani e 50 indiani, 27 maschi e 59 femmine. Il numero più che doppio delle femmine rispetto ai maschi non può essere preso come indice di preferenza circa il sesso dato che, fino a pochi mesi fa, i bambini segna­lati dalla Corea per l'adozione erano quasi esclu­sivamente femmine. Quanto all'età 15 avevano da 0 a 1 anno (17,4%), 38 da 1 a 2 anni (44,2%), 25 da 2 a 3 anni (29,1 %), 6 da 3 e 4 anni (70/0), 2 da 6 a 7 anni (2,3%).

Condizioni di salute. - Al momento del loro arrivo in Italia le condizioni generali di salute dei bambini erano precarie per il 47,7%; appena di­screte per il 50%, buone per il 2,3%. Attual­mente esse sono giudicate discrete per l'8,1% e buone per il 91,9%. Per rendersi conto di quale mutamento sia avvenuto con il passaggio dall'istituto (o dalla balia) alla famiglia bisogna ri­cordare che la grande maggioranza degli 86 bam­bini era sottoalimentata, presentava ritardi nello stato di calcificazione delle ossa, era di peso e statura nettamente inferiori a quelli di un bam­bino sano italiano. Il 14% non era in grado di reggere la testa, il 73% emetteva soltanto suo­ni, il 17,4% pronunciava solo qualche parola.

Al presente il 97,7% delle coppie ritiene che il bambino adottato sia felice come o più degli altri figli o bambini di loro conoscenza: lo stes­so per quanto riguarda la sensibilità e l'intelli­genza del piccolo. Per il 63,1% delle famiglie l'affettuosità è la manifestazione più appariscen­te del bambino; il 44,2% mette invece in rilievo la sua serenità e fiducia.

 

Il futuro

Alle 80 coppie intervistate è stato anche chie­sto che cosa si aspettino dal bambino adottato per quanto si riferisce al rendimento scolastico, alla riuscita nella vita e all'adattamento alla so­cietà. Circa il 95% (approssimativamente per di­fetto) ha detto che i risultati non saranno infe­riori a quelli degli altri loro figli e dei bambini di loro conoscenza.

Alla domanda: «Al momento attuale come giudicate la vostra esperienza di adozione?», il 58,1% ha risposto «completamente riuscita», il 37,2% «abbiamo buone probabilità di riuscita», il 4% «abbiamo sufficienti probabilità di riusci­ta». Unanimemente hanno risposto «sì» alla do­manda: «Ripetereste questa vostra esperienza di adozione?». Il 5,8% però non la consiglierebbe ad altri coniugi, perché «non bisogna influenzare in alcun modo scelte di questo tipo».

E se in futuro il bambino adottato volesse tornare nel suo paese? Il 5,4% delle coppie ha detto che «sarebbe contento», l'81,5% sarebbe «rattristato ma favorevole», il 10,9% «cerche­rebbe di dissuaderlo», il 2,2% «si opporrebbe decisamente».

 

 

(1) Comunicazione presentata da Enrico Forni, presidente del C.I.A.I., alla Conferenza mondiale sull'adozione e sull'affidamento familiare, Milano, 16-19 settembre 1971.

 

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