Prospettive assistenziali, n. 16, ottobre-dicembre 1971

 

 

DOCUMENTI

 

CONFERENZA MONDIALE SULL'ADOZIONE E SULL'AFFIDAMENTO FAMILIARE

 

 

Promossa dal Comitato internazionale di inte­sa fra le associazioni di genitori adottivi e orga­nizzata dal Centro Studi Sangemini, ha avuto luo­go a Milano dal 16 al 19 settembre 1971 la prima Conferenza mondiale sull'adozione e sull'affida­mento familiare.

I lavori sono stati presieduti dalla signora Angie Brooks, Segretario di Stato aggiunto della Liberia e nel 1969 presidente della XXIV sessione dell'ONU.

Oltre 800 i delegati (operatori sociali, diri­genti di «agenzie» di adozione, genitori adottivi) convenuti da 42 paesi.

La parte più interessante dei lavori della Con­ferenza è stata la discussione dei due documenti conclusivi che ha evidenziato due posizioni net­tamente contrastanti, anzi opposte.

La prima posizione, che ha raccolto i con­sensi quasi unanimi degli italiani e di una mino­ranza dei rappresentanti dei paesi stranieri (1), considerava l'adozione come un intervento di emergenza sociale diretto a dare una famiglia ai bambini che ne sono privi, precisando che essa non poteva essere utilizzata o strumentalizzata come la soluzione permanente per impedire o affievolire la necessaria e urgente azione diretta all'eliminazione delle cause sociali determinanti gli abbandoni, cause che sono provocate dagli attuali sistemi politici fondati in tutti i paesi del mondo sulla sopraffazione e sullo sfruttamento dell'uomo.

È dunque necessaria un'azione per giungere a sistemi sociali a misura dell'uomo, della fami­glia e della comunità: ciò esige una inversione di tendenza e l'attuazione di una politica sociale in cui l'uomo sia considerato un soggetto di di­ritti e non, come oggi, un semplice oggetto di produzione e di consumo.

L'attuazione di una siffatta politica porterebbe ad una diminuzione e al limite alla eliminazione dell'individualismo, del consumismo, della mise­ria, dell'ignoranza, della mancanza di servizi (sa­nità, scuola, casa, lavoro ecc.), fattori che con­dizionano e spesso obbligano le persone a la­sciare i loro figli.

L'adozione, intesa quale intervento di emer­genza sociale, deve essere giuridicamente tute­lata e al riguardo non si sono manifestati con­trasti di fondo con coloro che hanno approvato il secondo documento.

Questo gruppo, composto principalmente da partecipanti di paesi stranieri, in maggioranza re­sponsabili di «agenzia» di adozione o di orga­nismi ufficiali, invece ha rifiutato ogni discorso sulla collocazione dell'adozione nell'ambito del­la politica sociale. Come era apparso fin dalle prime battute del convegno, essi hanno affron­tato il problema dell'adozione con un atteggia­mento trionfalistico. di glorificazione dell'adozio­ne quale panacea di tutti i mali, limitandosi a proporre «un'azione forte e coordinata di aiuto economico e sociale preventivo alle famiglie e alle madri in difficoltà», senza risalire alle cause politiche, economiche, sociali, culturali o di altra natura che provocano dette difficoltà.

Un altro scontro fra i due gruppi si è avuto sulla richiesta, avanzata nel primo documento, del superamento «dell'arcaico istituto giuridico dell'adozione semplice, di cui si chiede la sop­pressione in quanto basata sulla concezione pa­trimoniale, dinastica e contrattuale e quindi di­retta a difendere interessi non meritevoli di tu­tela giuridica».

Il secondo gruppo infatti ha affermato la ne­cessità della conservazione dell'adozione sempli­ce (o tradizionale) , in quanto vi erano da tute­lare giuridicamente, secondo alcuni, le situazioni dei bambini che potevano trarre benefici patri­moniali e, secondo altri dello stesso gruppo, gli inserimenti di minori in famiglie « adottive » non determinati da «colpe» dei genitori.

Questa affermazione ha riproposto lo scontro insanabile fra i due gruppi.

Il primo gruppo, infatti, fa risalire le cause dell'abbandono unicamente o principalmente alle carenze sociali per cui i genitori che lasciano i figli ne sono le vittime; il secondo invece, pur affermando la necessità di miglioramenti delle condizioni sociali, attribuisce l'abbandono alla colpevole volontà dei genitori.

Pur partendo da queste posizioni contrastanti, anzi inconciliabili, tutti hanno concordato sulla inderogabile necessità di interventi a protezione dei minori soli, specialmente di quelli grandi­celli e di quelli handicappati, mediante l'istitu­zione o l'adeguamento dell'adozione legittimante e irrevocabile, che assicuri il loro inserimento in idonee famiglie con prole o senza prole, con ri­conoscimento giuridico agli adottanti e agli adot­tati della pienezza di genitori e di figli.

Pure unanime è stata la decisione che nella adozione non siano stabilite discriminazioni di razza, di nazionalità, di religione o di altra na­tura, che il preminente interesse del minore non venga eluso dagli organi amministrativi e giudi­ziari da interpretazioni distorte dal tabù del lega­me del sangue o dalla volontà di soddisfare ri­chieste contrastanti con gli interessi dei minori, siano esse avanzate dai genitori d'origine o dagli aspiranti adottanti.

In particolare è stato da tutti riconosciuto il valore dell'adozione dei bambini di razza diversa che dimostra in concreto la infondatezza dei pre­giudizi razziali, ma al riguardo è emerso che la adozione dei bambini dei paesi cosiddetti sotto­sviluppati può essere o meno collocata in una azione politica per ridurre ed eliminare le disu­guaglianze esistenti nei vari paesi.

Vi è anche da segnalare che nel primo docu­mento si richiedeva che le leggi venissero modi­ficate nel senso «che sia respinta pertanto la possibilità di richiedere ed ottenere minori con identità, caratteristiche o qualità prescelte; a tal fine la richiesta degli adottanti dovrebbe concre­tizzarsi non in una domanda di adozione (che manifesta la volontà di ottenere un minore), ben­sì come una semplice offerta di disponibilità».

Questa richiesta va riferita in particolare alla inaccettabile formulazione dell'art. 314/20 del codice civile italiano che prevede «La domanda (di adozione speciale) può fare menzione espres­sa del minore che i richiedenti intendono adot­tare», norma che è diretta a favorire gli adottanti che vogliono bambini selezionati e che viene uti­lizzata per il mercato (di pagamento o di favore) dei bambini soli.

Contrastanti sono state anche le conclusioni sull'affidamento familiare a scopo educativo.

Nel primo documento viene ribadito infatti che «l'affidamento familiare va inteso anch'esso come soluzione di emergenza e non come alibi alla conservazione delle cause sociali disadattan­ti», mentre nel secondo documento l'affidamento familiare viene considerato «come una soluzione atta a prevenire l'istituzionalizzazione».

Unanimi sono state le seguenti considerazio­ni: l'affidamento familiare non deve essere pra­ticato quando un aiuto alla famiglia d'origine ne permetterebbe la conveniente permanenza, non può essere effettuato in alternativa all'adozione, dal che ne risulterebbe una riaffermazione del superato tabù del legame del sangue e il man­cato riconoscimento dei diritti dei minori. Inoltre è stato da tutti accolto il principio che, nei casi in cui l'affidamento familiare implichi rapporti con la famiglia d'origine, vi devono essere una sua piena accettazione da parte della famiglia affidataria e adeguate prestazioni dei servizi so­ciali e delle strutture comunitarie (soprattutto la scuola), al fine di evitare che il minore si ven­ga a trovare nella deleteria situazione di subire l'ostile contrapposizione fra le due famiglie o di non essere accettato dalla comunità.

Circa il ruolo degli operatori sociali, le posi­zioni sono nuovamente apparse contrastanti: da una parte dei partecipanti è stato richiesto che essi operino «in collaborazione con la comunità consentendone un'effettiva partecipazione sia a livello decisionale, sia a livello operativo»; dall'altro gruppo invece è stata richiesta «una stret­ta collaborazione di tutte le autorità politiche e medico-sociali qualificate per risolvere tutti i pro­blemi posti dalla situazione del bambino».

Circa il ruolo delle famiglie adottive è emer­so che gli uni, proprio perché avendo accolto uno o più bambini in adozione sono stati messi di fronte alle cause dell'abbandono, ritengono necessaria, anzi doverosa, una loro partecipazio­ne politica attiva alla rimozione delle cause so­ciali disadattanti; gli altri invece ritengono che il loro ruolo sociale si sia esaurito avendo dato una famiglia ad uno o più bambini e che quindi, avendo essi compiuto il loro dovere, competa al­le autorità giuridiche e medico-sociali risolvere i problemi dell'infanzia. Essi, in nome di una valu­tazione esclusivamente umanitaria dell'adozione, hanno costantemente rifiutato ogni discorso poli­tico (la stessa parola «politica» li inorridiva) sulle cause dell'abbandono e sul ruolo della fa­miglia.

Dal che purtroppo è derivata l'impossibilità di aprire un dibattito sul ruolo della famiglia: se essa cioè può soddisfare le esigenze di sviluppo dei figli (adottivi o procreati) rimanendo chiusa in se stessa o se essa invece deve essere aperta alle istanze dei suoi membri e della comunità.

 

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Al termine dei lavori sono stati approvati all'unanimità due documenti.

Il primo è un indirizzo di omaggio al S. Padre così formulato:

La Conferenza Mondiale sull'Adozione e l'Af­fidamento Familiare tenutasi a Milano dal 16 al 19 settembre 1971

Presenta a Sua Santità il Papa Paolo VI la espressione del suo più profondo rispetto;

Lo ringrazia di aver voluto farle l'onore di in­viare un rappresentante ufficiale che ha espresso la posizione della Chiesa Cattolica a favore dell'adozione in termini che sono stati profondamen­te apprezzati;

Esprime il desiderio che questa presa di po­sizione così favorevole nei riguardi dell'infanzia abbandonata sia diffusa in tutto il mondo e mes­sa in pratica e attiri l'attenzione degli educatori sulla nozione che gli istituti di assistenza che accolgono i bambini senza famiglia dovrebbero essere, in mancanza di soluzioni migliori, consi­derati dolorosi ripieghi;

Attira rispettosamente la Sua attenzione sull'importanza e l'urgenza di eliminare le discrimi­nazioni che dal punto di vista giuridico ancora sussistono nel diritto canonico tra i figli legittimi e quelli nati fuori dal matrimonio per accedere al sacerdozio, alle dignità e alle responsabilità ec­clesiastiche.

 

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Nella considerazione dell'assenza o dell'ina­deguatezza in molti paesi di norme per l'adozio­ne legittimante dei bambini soli e dell'aumento considerevole delle adozioni internazionali e in­terrazziali, all'unanimità è stato dato mandato alla Presidente, signora Angie Brooks, di presen­tare e illustrare la seguente risoluzione alle Na­zioni Unite:

 

La Conferenza mondiale sull'adozione e sull'affidamento familiare

Riunitasi a Milano dal 16 al 19 settembre 1971 sotto la presidenza della signora Angie Brooks con l'intento di trovare una strategia comune re­lativa all'adozione e all'affidamento familiare;

Preso atto delle opinioni espresse dai con­gressisti sui seguenti argomenti:

a) Politica sociale in tema di adozione e affi­damento familiare;

b) Adozione e società moderna: una sfida;

c) Figli di sangue e figli adottivi;

d) Legislazione in materia di adozione e ado­zione internazionale: nuove proposte di legge;

e) Adozione interrazziale: problemi e pro­spettive;

f) Aspetti psico-sociali e giuridici dell'affida­mento familiare;

g) Operatori sociali e comunità: dialogo o rottura?

Constatato che sono soprattutto i bambini a soffrire dei disastri nazionali, delle guerre e del­le sperequazioni sociali;

Considerato che il numero delle adozioni na­zionali e internazionali è in progressivo aumento;

Considerato che a causa delle carenze e dei contrasti tra le legislazioni dei diversi Paesi sor­gono crescenti problemi giuridici e legali pregiu­dizievoli per i minori;

Considerato infine l'interesse storico delle Nazioni Unite nei riguardi dei problemi dei mi­nori i cui diritti sono stati sanciti dalla Dichia­razione dei Diritti del Fanciullo;

Chiede alle Nazioni Unite di promuovere una Conferenza internazionale allo scopo che sia de­finita una Convenzione mondiale sulla legislazio­ne in materia di adozione, alla quale sia prevista la partecipazione non solo delle autorità gover­native, ma anche di esperti nelle varie discipline umane e sociali interessate e di rappresentanti di associazioni di genitori adottivi.

Alla suddetta risoluzione è stato allegato il seguente memorandum:

L'ultimo seminario sull'adozione internazio­nale si tenne a Leysin, Svizzera, nel maggio 1960, seguito dalla convenzione dell'Aia.

Si trattava esclusivamente di conferenze eu­ropee alle quali non partecipavano delegazioni di altri paesi.

Negli ultimi dieci anni le condizioni economi­co-sociali sono cambiate, sì da rendere obsolete molte raccomandazioni fatte alla conferenza di Leysin.

Fra i cambiamenti vi sono:

1) la rottura da legami familiari tradizionali,

2) l'urbanizzazione delle famiglie rurali che ha cambiato il comportamento e i valori culturali,

3) i sempre più frequenti rapporti tra razze, religioni e gruppi etnici,

4) i cambiamenti nelle varie religioni e nei valori morali,

5) l'aumento demografico superiore alle ri­sorse disponibili,

6) la distribuzione inadeguata delle risorse mondiali.

Questi cambiamenti sociali hanno creato ne­cessità diverse per i bambini.

Per affrontare queste nuove condizioni si stanno sviluppando atteggiamenti e procedure nel campo dell'adozione, benché siano rimaste immutate molte restrizioni legali che creano im­pedimenti all'adozione.

Queste restrizioni legali, che dovrebbero es­sere cambiate, comprendono:

a) norme che richiedono un'età minima ele­vata per i genitori adottanti,

b) richiesta della prova di impossibilità ad avere figli propri da parte degli aspiranti adot­tanti,

c) norme restrittive per permettere l'adozio­ne a genitori che hanno già figli,

d) limite del numero dei bambini che una famiglia può adottare,

e) conservazione del diritto legale del geni­tore naturale ad intrattenere rapporti col bambi­no dopo l'adozione legale,

f) conservazione della reciproca responsabi­lità legale di sostentamento fra genitori naturali ed il figlio dopo l'adozione,

g) richiesta che i genitori naturali conoscano l'identità dei genitori adottivi, che include in al­cuni paesi la necessità che i genitori naturali appaiano in tribunale con i genitori adottivi.

Considerando i fatti sopra esposti, si fa istan­za alle Nazioni Unite perché accettino la risolu­zione presa durante la Conferenza mondiale sull'adozione e sull'affidamento familiare tenutasi a Milano nel settembre 1971, promuovendo una convenzione mondiale sull'adozione per soddisfa­re le necessità dei bambini di tutto il mondo.

 

Conclusioni

La Conferenza mondiale sull'adozione e sull'affidamento familiare, la prima in materia, men­tre ha consolidato le opinioni sull'adozione quale attuale soluzione migliore possibile per i bam­bini privi di famiglia ed ha chiarito che da parte di molte famiglie ed operatori sociali sono ca­duti i tabù del legame del sangue e delle diffe­renze razziali, ha evidenziato una profonda divi­sione sulla sua collocazione nella politica so­ciale.

Infatti, come abbiamo cercato di illustrare, al­cuni ritengono che l'abbandono sia un fatto che si può ridurre con l'aiuto economico e sociale alle famiglie d'origine lasciando inalterati gli at­tuali sistemi politici; altri invece sono del parere che occorra, nello stesso tempo, provvedere all'inserimento familiare dei minori soli e lottare per una profonda trasformazione degli attuali si­stemi politici che, nessuno escluso, essendo fon­dati sullo sfruttamento dell'uomo, determinano le cause che provocano gli abbandoni dei minori.

 

Allegato A

 

Documento n. 1

 

I partecipanti alla Conferenza mondiale sull'adozione e l'affidamento familiare, tenutasi a Milano il 16-19 settembre 1971 e promossa dal Comité International d'Entente des Associations des Foyers Adoptifs e dal Centro Studi Sange­mini,

 

1) Considerato che l'attuale sistema sociale, fondato sulla violenza e sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, provoca una massiccia istitu­zionalizzazione dei minori per cui milioni di bam­bini in tutti i paesi del mondo sono parzialmente o totalmente privi delle indispensabili cure fami­liari con gravissime e spesso irreparabili conse­guenze sul loro sviluppo fisico, psichico e intel­lettuale e sul loro attiva inserimento sociale;

 

Denunciano questa situazione contraria ai più elementari principi di giustizia e alle affermazio­ni della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo;

 

2) Affermano che l'adozione deve essere in­tesa come intervento di emergenza diretto a da­re una famiglia ai bambini che ne sono privi, ma che essa non può essere utilizzata e strumenta­lizzata come la soluzione permanente e per im­pedire o affievolire la necessaria ed urgente azio­ne diretta all'eliminazione delle cause sociali de­terminanti le situazioni di abbandono;

in particolare affermano che la predetta azio­ne non può limitarsi all'aiuto economico o so­ciale alle famiglie e persone in difficoltà, ma deve esplicarsi nella creazione di servizi diretti a prevenire tali difficoltà.

 

3) Affermano che la finalità, gli effetti e le procedure dell'adozione devono essere tali da soddisfare le esigenze preminenti dei minori so­li, pertanto deve essere superato l'arcaico isti­tuto giuridico dell'adozione semplice, di cui si chiede la soppressione in quanto basata sulla concezione patrimoniale, dinastica e contrattua­le e quindi diretta a tutelare interessi non meri­tevoli di tutela giuridica;

chiedono che sia istituita o adeguata nelle sue norme l'adozione legittimante, riservata esclusi­vamente ai minori soli, ai quali, tramite idonei strumenti di reperimento e di accertamento del­la loro situazione di abbandono, sia assicurato l'inserimento in idonee famiglie con o senza pro­le, in cui il diritto gli riconosca la pienezza di figlio;

raccomandano che: a) non siano stabilite di­scriminazioni di razza, nazionalità, religione o di ogni altra natura; b) il preminente interesse del minore non venga eluso dagli organi amministra­tivi e giudiziari con interpretazioni giuridiche distorte dal tabù del legame di sangue, dalla volontà di soddisfare egoistiche richieste degli aspiranti adottanti; c) sia respinta pertanto, ad esempio, la possibilità di richiedere ed ottenere minori con identità, caratteristiche o qualità pre­scelte; a tal fine la richiesta degli adottanti do­vrebbe concretizzarsi, non in una domanda di adozione (che manifesta la pretesa di ottenere un minore), bensì come una semplice offerta di disponibilità;

si impegnano affinché sia favorita l'adozione legittimante dei minori grandicelli e di quelli handicappati o disadattati;

affermano la necessità che alla famiglia adot­tiva siano assicurate le stesse condizioni di sta­bilità, di tranquillità e di altra natura che hanno le altre famiglie;

chiedono che la dichiarazione di adottabilità abbia luogo considerando esclusivamente la si­tuazione del minore indipendentemente dalla vo­lontà e dall'accertamento di eventuali «colpe» della famiglia d'origine;

 

4) affermano che l'affidamento familiare va inteso anch'esso come soluzione di emergenza e non come alibi alla conservazione delle cause sociali disadattanti;

che esso non può essere effettuato quando l'aiuto economico e sociale alla famiglia d'ori­gine ne consentirebbe la conveniente permanen­za del minore;

che d'altra parte non può essere effettuato in alternativa all'adozione, dal che ne risulterebbe una riaffermazione del superato tabù dei legami di sangue e il mancato riconoscimento dei diritti del minore;

che gli affidamenti familiari con rapporti del minore con la famiglia d'origine siano diretti al più rapido possibile reinserimento del minore nella famiglia stessa, il che richiede un accet­tante intervento della famiglia affidataria e ido­nee prestazioni da parte dei servizi sociali e del­le strutture comunitarie;

 

5) considerate le negative esperienze verifi­catesi anche nei paesi più attrezzati, richiedono un'idonea preparazione del personale tecnico ne­cessario ed un numero adeguato di operatori so­ciali e di magistrati; detto personale dovrà ope­rare in collaborazione con la comunità consen­tendone un'effettiva partecipazione sia a livello decisionale sia a livello operativo;

 

6) fanno appello a tutte le forze politiche e sociali e agli organismi internazionali e nazionali affinché: a) affrontino alla radice le cause deter­minanti le situazioni di abbandono o le carenze che colpiscono i minori, b) istituiscano l'adozio­ne legittimante o l'affidamento familiare e li ade­guino ai principi suesposti, mediante azioni ade­guate a risolvere i problemi dell'infanzia sola in uno spirito di partecipazione delle comunità mon­diali, nazionali e locali.

Documento n. 2

 

I partecipanti alla Conferenza mondiale sull'adozione e l'affidamento familiare, tenutasi a Milano dal 16 al 19 settembre 1971, per iniziativa del Comitato Internazionale d'Intesa della Asso­ciazione delle Famiglie Adottive e dal Centro Studi Sangemini,

 

Considerando le molteplici cause che, nel no­stro mondo moderno, provocano la massiccia isti­tuzionalizzazione dei minori, privando così milio­ni di bambini di tutti i paesi del mondo di un nucleo familiare indispensabile al loro sviluppo, e sottolineando anche le conseguenze molto gra­vi, e spesso irreparabili che essa implica per il loro sviluppo fisico, psicologico e intellettuale e per il loro inserimento attivo nella società.

 

 

Denunciano questa situazione contraria ai più elementari principi della giustizia e ai termini della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo.

 

Sottolineano perciò la necessità assoluta di lottare con tutti i mezzi contro le cause profonde di questa situazione attraverso un'azione forte e coordinata d'aiuto economico e sociale preven­tivo alle famiglie e alle madri in difficoltà.

Affermano che l'adozione appare come la mi­gliore soluzione giuridica e sociale per la prote­zione dei minori privi di un nucleo familiare nor­male, permettendo loro di crescere e di svilup­parsi nelle stesse condizioni degli altri bambini e di raggiungere la maggiore età nella pienezza delle loro possibilità.

 

 

Dichiarano che l'adozione può essere pronun­ciata solo nell'interesse superiore del bambino ad esclusione degli interessi degli adulti, di qual­siasi natura essi siano.

Raccomandano che l'adozione con la sua for­ma più evoluta possa essere permessa anche in presenza di bambini legittimi.

Raccomandano infine che l'adozione, così co­me già la prevedono alcune legislazioni sotto for­ma di adozione legittimante o adozione plenaria, comportando la rottura dei legami anteriori, con­ferisca irrevocabilmente al bambino adottato, nel seno della famiglia adottante, tutti i diritti del figlio legittimo e che i genitori adottivi siano in­vestiti a suo riguardo di tutti i diritti e obblighi dei genitori legittimi; che essa sia praticata sen­za alcuna discriminazione di razza, di nazionalità, di religione, di origine sociale o qualsiasi altra natura; che nell'interpretazione e nell'applicazio­ne della legge, gli organismi competenti tengano conto esclusivamente dell'interesse preminente del bambino, e sia incoraggiata l'adozione dei bambini più grandi e dei bambini handicappati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Affermano che l'affidamento familiare deve essere considerato anche come una soluzione at­ta a prevenire la spedalizzazione e l'istituziona­lizzazione, ma che non deve essere praticata co­me soluzione di comodo, quando un aiuto alla famiglia o alla madre permetterebbe il manteni­mento del bambino nel suo ambiente naturale, o quando l'adozione sarebbe in definitiva la solu­zione più favorevole; che deve essere effettuato secondo criteri che garantiscano al bambino le migliori possibilità di inserimento sociale e effet­tivo e che nel caso particolare in cui implichi rapporti del minore con il suo nucleo d'origine, deve comportare un incoraggiamento ad una atti­va partecipazione da parte della famiglia affidata­ria e al mantenimento dei legami naturali come pure di prestazioni adeguate da parte dei servizi sociali.

 

 

 

Domandano una stretta collaborazione di tut­te le autorità giuridiche e medico sociali quali­ficate per risolvere tutti i problemi posti dalla situazione del bambino.

 

 

 

 

 

Fanno appello a tutte le forze politiche, so­ciali e religiose, agli organismi locali, nazionali e internazionali al fine di rimuovere le cause stesse dell'abbandono o delle carenze familiari pregiudizievoli per il minore e che siano istituite le forme più evolute di adozione o affidamento familiare conformemente ai principi sopra enun­ciati, al fine che siano risolti i problemi dell'in­fanzia abbandonata in uno spirito di partecipa­zione della comunità a livello locale nazionale e mondiale.

 

 

 

 

(1) La maggioranza dei partecipanti alla Conferenza erano italiani. Per questo motivo i partecipanti degli altri paesi si sono opposti alla votazione dei due documenti. È stato pertanto avanzata la proposta, accolta dall'assemblea, di consi­derare il primo documento come espressione del parere della minoranza dei partecipanti dei paesi presenti e il secondo documento come espressione del parere della maggioranza dei partecipanti dei paesi presenti. I due documenti sono riportati nell'allegato A di questo articolo.

 

 

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