Prospettive assistenziali, n. 16, ottobre-dicembre 1971

 

 

DOCUMENTI

 

BOZZA DI PROPOSTA DI LEGGE SULL'AFFIDAMENTO FAMILIARE A SCOPO EDUCATIVO (1)

 

 

Premessa

a) Il ricovero in istituto determina conse­guenze deleterie, spesso irreparabili, sui minori.

b) Le alternative immediate al ricovero sono in primo luogo:

- l'aiuto economico e/o sociale al nucleo familiare d'origine;

- l'adozione speciale nei casi in cui il mi­nore sia privo di assistenza materiale e morale.

c) Altre alternative immediate al ricovero, alternative che non devono però impedire o con­trastare le due soluzioni di cui sopra, sono:

- l'affidamento familiare a scopo educati­vo a famiglie o a persone singole;

- l'inserimento in focolari istituiti in allog­gi sparsi nelle comuni case di abitazione per i minori per i quali non sono attuabili le tre solu­zioni di cui sopra.

d) Affidamenti familiari a scopo educativo so­no in atto all'estero da molti anni con risultati incoraggianti e da qualche tempo vengono dispo­sti anche in Italia (vedansi, ad esempio, la recen­te delibera approvata dalla Provincia di Torino che si allega, gli affidamenti effettuati dagli uffici distrettuali di servizio sociale dei tribunali per i minorenni, in particolare da quelli di Milano, e dal tribunale per i minorenni di Bologna).

Questi affidamenti pilota effettuati in Italia hanno dimostrato che, per la loro riuscita e la loro stessa continuazione, è necessaria ed ur­gente una regolamentazione giuridica.

Essa è anche necessaria per incrementare il numero degli affidamenti familiari.

e) Condizione indispensabile per l'introdu­zione di norme sull'affidamento familiare è l'ap­provazione della proposta di legge n. 3277 pre­sentata dall'on. Padula (2).

 

 

Testo della bozza di proposta di legge

 

Art. 1

L'affidamento familiare può essere disposto quando:

a) il minore è stato dichiarato in stato di adottabilità e non può essere attuato l'affidamen­to preadottivo;

b) il minore, che non è in situazione di ab­bandono materiale e morale da parte dei geni­tori o dei parenti tenuti a provvedervi, eccezio­nalmente o temporaneamente non ha il nucleo familiare idoneo a provvedere al suo allevamen­to, educazione e istruzione e la situazione non sia risolvibile con un aiuto economico e/o so­ciale al nucleo familiare d'origine.

 

Art. 2

L'affidamento familiare può essere disposto: a) direttamente dai genitori senza intervento dei servizi sociali e dell'autorità giudiziaria;

b) dai servizi sociali con il consenso dei ge­nitori o delle persone fisiche che provvedono di­rettamente all'allevamento, educazione e istru­zione del minore;

c) con provvedimento del tribunale per i mi­norenni.

In questo caso l'autorità giudiziaria può pre­scrivere alle famiglie d'origine e affidataria nor­me sull'allevamento, educazione e istruzione del minore, ed ai servizi sociali disposizioni per il buon andamento dell'affidamento familiare.

Nei casi di revoca non consensuale dell'affi­damento familiare, il tribunale per i minorenni decide in base alla procedura di cui all'art. 4.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 3

I genitori dell'affidato conservano tutti i di­ritti e doveri inerenti alla patria potestà, salvo che ne siano stati privati o dichiarati decaduti nelle ipotesi di legge.

Gli affidatari esercitano tali diritti e doveri limitatamente alle esigenze quotidiane ed indif­feribili.

L'affidamento familiare può essere disposto dal tribunale per i minorenni con interruzione dei rapporti con i genitori nei casi in cui essi sono stati dichiarati decaduti o privati della patria po­testà, ovvero i minori sono stati dichiarati in stato di adottabilità e l'affidamento preadottivo non si è realizzato.

 

 

 

Art. 4

Nei casi di disaccordo fra i genitori e gli affi­datari e se sussiste un grave pregiudizio agli interessi del minore, la famiglia affidataria può adottare i provvedimenti provvisori, urgenti ed indifferibili.

I genitori e gli affidatari possono ricorrere al tribunale per i minorenni indicando i provvedi­menti che ritengono più opportuni.

Il tribunale per i minorenni, sentito il minore in tutti i casi in cui è in grado di esprimere il suo parere e comunque se di età superiore ai 14 anni, i genitori e gli affidatari, adotta le deter­minazioni che ritiene più utili nell'interesse del minore.

 

Art. 5

Prima di procedere agli affidamenti familiari di cui alla lettera b) dell'art. 2, i servizi sociali devono effettuare una appropriata indagine so­ciale sulla famiglia d'origine, sul minore e sulla famiglia affidataria.

L'indagine sociale dovrà, nella misura appro­priata a ciascun caso, vertere in particolare sui seguenti elementi:

1) la personalità, la salute e la situazione economica e sociale delle famiglie d'origine e affidataria, la loro vita familiare, le loro attitudini e le loro esigenze educative;

2) le motivazioni che spingono le famiglie d'origine e affidatarie all'affidamento familiare;

3) la personalità, le esigenze e la salute del minore;

4) il parere del minore, se è in grado di espri­merlo, sull'affidamento familiare.

Per gli affidamenti familiari, di cui alla lettera c) dell'art. 2, questa indagine dovrà essere affi­data dal tribunale per i minorenni ai servizi so­ciali degli enti pubblici di assistenza all'infanzia, che sono tenuti ad effettuarla gratuitamente, o ad un gruppo di esperti.

Sono a carico dello Stato senza alcuna rivalsa, tutte le perizie per gli accertamenti e le indagini del giudice tutelare, del tribunale per i minoren­ni e della sezione per i minorenni della corte di appello.

 

Art. 6

I servizi sociali sono tenuti a collaborare, se­guire e controllare il buon andamento degli affi­damenti familiari disposti ai sensi delle lettere b) e c) dell'art. 2.

Sono pure tenuti a fornire dette prestazioni per gli affidamenti familiari disposti ai sensi del­la lettera a) dell'art. 2 su richiesta dei genitori o degli affidatari.

I servizi sociali sono altresì tenuti a fornire tutte le altre prestazioni previste dalle leggi spe­ciali.

 

Art. 7

Anche in assenza della dichiarazione di adot­tabilità, l'adozione può essere richiesta dai co­niugi o dalle persone singole che hanno provve­duto ininterrottamente e direttamente per alme­no tre anni all'allevamento, educazione e istru­zione dell'affidato, sempre che nello stesso pe­riodo il nucleo familiare d'origine non si sia atti­vamente interessato del proprio nato e i genitori siano stati dichiarati decaduti o privati della pa­tria potestà.

Si applicano l'articolo 314/2, esclusi i requi­siti della convivenza e del matrimonio, e, in quan­to applicabili, gli articoli 314/24, 314/25 e 314/ 26 del codice civile.

I genitori, i fratelli e gli ascendenti dell'adot­tando devono essere sentiti, salvo che essi siano irreperibili.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 8

L'art. 333 del codice civile è sostituito dal se­guente:

«Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronunzia di decadenza prevista dall'art. 330, ma appare co­munque pregiudizievole al figlio, il tribunale per i minorenni, secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare.

Tali provvedimenti possono altresì essere presi per i minori in affidamento familiare co­munque esso sia stato disposto, e per quelli rico­verati presso istituzioni pubbliche o private di assistenza quando la condotta degli affidatari o la sistemazione in istituto è pregiudizievole ai minori stessi».

 

 

 

Art. 9

Il primo comma dell'art. 314/10 del codice civile è soppresso.

Nel secondo comma dell'articolo 314/10, le parole «Analoga sospensione può essere dispo­sta dal tribunale per i minorenni» sono sosti­tuite con le parole «Il tribunale per i minorenni può ordinare la sospensione del procedimento di adottabilità».

All'articolo 314/10 è inoltre aggiunto il se­guente comma: «Il tribunale per i minorenni de­ve in particolare tenere conto dei legami affettivi eventualmente stabilitisi fra il minore e le per­sone che provvedono direttamente al suo alleva­mento, educazione e istruzione».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 10

Sono soppressi gli articoli del codice civile da 404 a 413 compresi.

Motivi

 

Con questo articolo si intende delimitare il campo di azione dell'affidamento familiare evi­tando che siano avviati in affidamento familiare:

- i minori la cui situazione è risolvibile con un aiuto economico e/o sociale al nucleo fami­liare.

- i minori adottabili con adozione speciale. Si intende inoltre consentire l'affidamento fa­miliare dei minori dichiarati in stato di adottabi­lità per i quali non è realizzato l'affidamento pre­adottivo, come avviene oggi per i minori con han­dicaps fisici, psichici o sensoriali o con disturbi del comportamento o del carattere.

 

 

 

Si prevede che i genitori possano affidare li­beramente i propri figli rientrando detta facoltà nei poteri inerenti alla patria potestà.

Una regolamentazione di detti affidamenti vio­lerebbe detto diritto ed inoltre impedirebbe e ostacolerebbe gli affidamenti di emergenza (per ricovero in ospedale o per altra assenza improv­visa dei genitori) o per altri motivi (di studio, di vacanza o di salute ecc.).

L'autorità giudiziaria ha comunque il potere di intervenire nell'ambito familiare (d'origine o affidataria) nei limiti in cui ciò le è consentito nei riguardi delle altre famiglie.

Il non inserimento del punto a) potrebbe es­sere interpretato dall'autorità giudiziaria come implicito divieto della legge ai genitori di proce­dere liberamente ad affidare i propri figli.

La segnalazione all'autorità giudiziaria e/o ai servizi sociali degli affidamenti di cui al punto a), eventualmente decorso un certo periodo di tempo, è ritenuta inopportuna per evitare inge­renze esterne ed anche inutile per le note gra­vissime carenze di personale e di funzionamento dei tribunali per i minorenni, dei giudici tutelari e dei servizi sociali.

Con la previsione di cui alla lettera b) si vo­gliono modificare le norme esistenti che consen­tono agli enti di assistenza di procedere agli affi­damenti familiari anche contro la volontà dei ge­nitori del minore, come previsto ad esempio da­gli artt. 176 e 177 del R.D. 15-4-1926 n. 718 (rego­lamento dell'ONMI) e dall'art. 32 del R.D. 29-12­1927 n. 2822 (regolamento per l'assistenza ai na­ti fuori del matrimonio) e nello stesso tempo si vuole consentire alle famiglie d'origine di chie­dere l'intervento dei servizi sociali per l'affida­mento consensuale dei propri figli.

Nei casi contenziosi è previsto l'affidamento fa­miliare da parte del tribunale per i minorenni.

 

Con questo articolo si intende garantire la famiglia d'origine, precisando che i genitori dell'affidato conservano tutti i diritti e doveri ine­renti alla patria potestà, salvo che ne siano stati dichiarati decaduti o privati.

Con questa disciplina si intende anche intro­durre una distinzione netta fra l'affidamento fa­miliare e l'affidamento preadottivo.

È altresì previsto l'affidamento familiare con rottura dei rapporti con i genitori d'origine, ma tale provvedimento è limitato ai casi indicati e deve essere disposto dal tribunale per i mino­renni.

L'intervento del tribunale per i minorenni che «siano stati dichiarati in stato di adottabilità e l'affidamento preadottivo non si sia realizzato», è previsto per limitare il mercato dei bambini.

 

L'articolo è diretto a disciplinare gli eventuali conflitti fra i genitori e gli affidatari e la formu­lazione è stata ricavata da quella proposta dal Comitato ristretto della Commissione Giustizia per i conflitti fra i genitori (modifica dell'art. 316 del codice civile).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'articolo prevede l'obbligo di una preliminare indagine sociale per gli affidamenti di cui alle lettere b) e c) dell'art. 2.

Detta indagine sociale è simile a quella pre­vista dall'art. 14 della proposta di legge n. 3277 presentata dall'on. Padula, articolo che si richia­ma a sua volta alla Convenzione europea sull'adozione, per la cui ratifica il Governo ha pre­sentato al Senato della Repubblica il disegno di legge n. 1591.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con questo articolo si prevede l'intervento dei servizi sociali per il buon andamento degli affidamenti familiari.

Per quelli disposti direttamente dai genitori, i servizi sociali possono intervenire solo su ri­chiesta dei genitori o degli affidatari.

Con l'ultimo comma si intende chiarire che ai servizi sociali sono conservati gli obblighi pre­visti dalle leggi sull'assistenza (ad esempio la corresponsione del rimborso delle spese alla fa­miglia affidataria).

 

 

L'articolo riproduce con alcune modifiche l'ar­ticolo 20 della proposta di legge n. 3277 della proposta di legge presentata dall'on. Padula.

Ad evitare che persone inidonee per età o per altri motivi (l'affidamento familiare potrebbe essere stato disposto direttamente dai genitori) possano trovare nelle norme previste dal presen­te articolo una scappatoia per procedere all'ado­zione nonostante la loro inidoneità, è stato pre­visto che esse debbano avere i requisiti di cui all'art. 314/2, esclusi solamente quelli relativi alla convivenza e al matrimonio.

Ciò anche per evitare il mercato delle ado­zioni.

Pertanto, mentre nessun limite di età è previ­sto per gli affidamenti familiari, detti limiti di età e gli altri requisiti di cui all'art. 314/2 sono previsti per la trasformazione degli affidamenti in adozioni.

È stato aggiunto l'avverbio «direttamente» al comma primo per evitare che l'adozione possa essere pronunziata senza che gli adottanti abbia­no avuto in casa il minore, poiché la frase «hanno provveduto ininterrottamente per almeno tre an­ni» potrebbe essere interpretata concedendo la adozione a coniugi o persone che hanno provve­duto a minori lasciandoli ricoverati presso istituti di assistenza o presso terzi.

 

Il tribunale per i minorenni di Torino ha dispo­sto nel giugno 1971 che la sua competenza nei confronti dell'art. 333 del codice civile è limitata ai minori che vivono con i genitori.

Ha dichiarato pertanto la sua incompetenza a procedere all'affidamento familiare di un figlio di ignoti (fra l'altro dichiarato in stato di adottabi­lità e gravemente handicappato sul piano intellet­tuale). Secondo il tribunale per i minorenni di Torino sarebbe competente per gli affidamenti familiari il giudice tutelare (che nel caso in esa­me è di diverso avviso) in tutti i casi in cui il minare ha un tutore.

Di qui l'inserimento del 2° comma.

Il primo comma invece riproduce alla lettera il primo comma della modifica proposta dal Comi­tato ristretto, salvo la sostituzione della parola «giudice» con tribunale per i minorenni, rite­nendosi preferibile che le decisioni al riguardo siano collegiali.

 

La prima parte dell'articolo riproduce l'arti­colo 8 della proposta di legge n. 3277 presentata dall'on. Padula. AI riguardo si segnala l'assurdità della sospensione della dichiarazione di adotta­bilità quando sia in corso un procedimento di dichiarazione giudiziale di paternità o di mater­nità e il minore sia in stato di abbandono.

Non è certamente per una dichiarazione giu­diziale che il genitore stabilirà dei legami affet­tivi.

Con la seconda parte della modifica proposta si intende ovviare al gravissimo inconveniente della separazione di un minore dalle persone che lo allevano per dichiararlo in stato di adottabilità ed affidarlo ad altra famiglia.

Per i minori il legame affettivo deve preva­lere: è preferibile infatti di gran lunga che un minore continui a vivere in una famiglia affidata­ria e la sua situazione giuridica sia, ad esempio, di figlio di ignoti, piuttosto che essere sradicato dalla sua famiglia per avere lo status giuridico di figlio legittimo.

Qualsiasi esperto in psicologia o pedagogia può confermare questa tesi.

 

Si richiede la soppressione dell'affiliazione a condizione che sia ammesso il riconoscimento dei figli adulterini e sia resa possibile, con una procedura snella e non onerosa, il cambiamento del cognome nell'interesse del minore.

L'affiliazione viene infatti oggi utilizzata per questi motivi.

Non si deve invece consentire che l'affiliazio­ne diventi un'alternativa all'adozione, perché fra l'altro potrebbe diventare un mezzo per sottrarre

i figli ai genitori, dei quali, ai sensi dell'art. 406 del codice civile, è prevista la sola audizione e non la prestazione del consenso.

Si intende cioè evitare che gli affidamenti fa­miliari con rapporti con la famiglia d'origine pos­sano essere trasformati in affiliazioni con il con­seguente passaggio della patria potestà dai geni­tori agli affidatari.

 

 

 

 

 

(1) Documento elaborato dall'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie e dall'Unione italiana per la pro­mozione dei diritti del minore e per la lotta contro l'emarginazione sociale e inviato al Presidente e ai componenti della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati l'8-11-1971.

(2) Vedasi Prospettive assistenziali, n. 15, pag. 61 e segg.

 

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