Prospettive assistenziali, n. 15, luglio-settembre 1971

 

 

ATTUALITÀ

 

I VILLAGGI SOS: GHETTI DI LUSSO

 

 

Sull'esempio di quanto è stato fatto inizial­mente in Austria e poi in altri paesi europei ed extra europei, anche in Italia sono stati costruiti due villaggi SOS: il primo a Trento (nel 1962) e il secondo a Ostuni di Brindisi (nel 1969).

Si tratta di ghetti di lusso costituiti da una serie di 10-20 casette, poste in periferia, in ognu­na delle quali 7-9 bambini sono tenuti dalla co­siddetta «mamma SOS».

Il direttore del villaggio dovrebbe svolgere il ruolo di padre per tutti i bambini.

L'iniziativa dei villaggi SOS venne presa da Hermann Gmeiner verso il 1949 sull'esempio di istituzioni similari sorte nel 1850 a Eefde (Olan­da) e nel 1890 a Freeville (USA). E certamente in quegli anni erano attività di avanguardia.

Però, come spesso avviene, sia il fondatore che i suoi seguaci non hanno saputo aggiornarsi, ad esempio creando focolari nelle comuni case di abitazione.

In questi giorni è stata lanciata l'iniziativa di un villaggio SOS che dovrebbe sorgere «lungo la strada che porta dalla via Cassia (Km. 27) al paese di Cesano in Comune di Roma» in un ter­reno, già donato, di 12.000 metri quadrati.

La costruzione oggi di un villaggio SOS a Roma deve essere senz'altro respinta in quanto si tende a perpetuare, con criteri cosiddetti mo­derni, la situazione di esclusione di bambini e ragazzi.

I villaggi SOS accolgono solamente bambini orfani e abbandonati e per questi bambini sono necessari interventi non emarginanti quali, a se­conda delle situazioni, l'aiuto economico e/o sociale alle famiglie d'origine, l'adozione, l'affida­mento familiare a scopo educativo (1) e nei casi in cui dette soluzioni non siano effettivamente possibili, i focolari inseriti, come si è detto, nelle comuni case di abitazione.

Segnaliamo inoltre che in base ai dati ISTAT il numero dei bambini ricoverati in istituti è sceso dai 211.026 censiti il 31 dicembre 1963 a 182.801 alla stessa data del 1967, con una ridu­zione del 13,3% e non vorremmo che iniziative come quella relativa ai villaggi SOS frenassero l'attuale tendenza alla de-istituzionalizzazione.

Infine ricordiamo che critiche dettagliate e do­cumentate sui Villaggi SOS sono state fatte dall'Union Internationale de Protection de l'Enfance (Rue de Varembé 1, Ginevra), organismo che ha voto consultivo presso le Nazioni Unite.

In particolare nel n. 107 (maggio-giugno 1964) di «Informations», rivista della suddetta Unio­ne, il Segretario generale Dr. Mulock Houwer, affermava: «Ciò che mi colpisce nella lettura delle pubblicazioni dei villaggi SOS è il modo di scrivere e cioè una propaganda che idealizza Gmeiner e che non fa mai riferimento ai proble­mi reali dei villaggi: viene infatti ripetuto so­prattutto che tutto va benissimo, che queste isti­tuzioni sono la formula più economica e migliore delle altre. Tutto ciò è favorito da immagini me­ravigliose piene di sole e di cielo blu. È certa­mente un eccellente materiale per convincere l'uomo della strada che tutto ciò è il risultato della sua quota di poche lire versata ogni mese ai villaggi SOS In realtà coloro che lavorano in istituzioni per minori sono confrontati con pro­blemi che li portano a una critica personale co­struttiva, ma ciò non esiste nelle pubblicazioni SOS. In effetti queste pubblicazioni non fanno mai alcun accenno alla lotta che molte persone conducono nel campo delle istituzioni per mi­gliorarne la politica ed i programmi (...). Dovun­que vi è una considerevole necessità di asili ni­do, di scuole materne, elementari e superiori. In conclusione i villaggi SOS comprovano le caren­ze esistenti nella protezione dell'infanzia, caren­ze di cui siamo coscienti e, anche se essi atti­rano l'attenzione del pubblico su di esse (fatto che può essere un aspetto positivo), i villaggi SOS non rappresentano una soluzione. Essi non apportano certamente nulla di rivoluzionario e non hanno pertanto innovato per niente nel cam­po della protezione dell'infanzia».

E più avanti l'Autore (2) pone in rilievo l'inac­cettabile funzione attuale dell'iniziativa di Gmei­ner affermando: «i villaggi SOS rappresentano una sfida su una più vasta scala. Infatti essi at­taccano l'affidamento familiare il cui valore è considerato incerto».

Noi crediamo che i villaggi SOS siano una for­ma (moderna e perciò ancor più pericolosa) di emarginazione sociale e che siano invece da at­tuare tutte quelle iniziative, di cui abbiamo pri­ma accennato, che impediscono che i minori in difficoltà (e la stessa cosa vale per gli handicap­pati e per gli anziani) siano isolati dal contesto sociale.

 

 

 

 

(1) Vedasi al riguardo la recente delibera della Provincia di Torino per l'istituzione del servizio di affidamento familiare.

(2) MULOCK HOUWER, Les villages d'enfants: Une in­novation dans le domaine de la Protection de l'Entance?, «Informations», n. 107, maggio-giugno 1964.

Altre notizie sui villaggi SOS sono contenute nei nume­ri 106, 107, 108, 118 della rivista sopra citata.

 

 

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