Prospettive assistenziali, n. 14, aprile-giugno 1971

 

 

ATTUALITÀ

 

NUOVE DISPOSIZIONI DI LEGGE RIGUARDANTI GLI INVALIDI FISICI E PSICHICI

FRANCESCO SANTANERA

 

 

Sulla Gazzetta Ufficiale del 2 aprile 1971 n. 82 è stata pubblicata la legge 30 marzo 1971 n. 118, che riportiamo integralmente.

La legge rappresenta un passo avanti per gli invalidi fisici e psichici, anche se presenta molti lati inaccettabili e alcune norme appaiono di diffi­cile interpretazione.

Notiamo con soddisfazione che alcune - sia pure poche disposizio­ni - sono state tratte dalla proposta di legge Foschi n. 1676/Camera e di iniziativa popolare n. 1167/Senato.

 

Verso il superamento delle categorie?

Innanzi tutto vi è da osservare che le norme (art. 2) riguardano sia gli invalidi fisici che quelli psichici, siano essi adulti o minori, con la sola esclusione degli invalidi per cause di guerra, di lavoro, di servizio, non­ché i ciechi ed i sordomuti.

Un ordine del giorno approvato dalla Camera dei Deputati nella seduta del 16 marzo 1971 dovrebbe garantire l'applicazione della legge senza esclu­sioni di sorta. Esso infatti è così formulato:

«La Camera, nell'approvare la conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili, impegna il Governo, perché in sede di applicazione della legge il concetto dell'estensione dell'intervento a tutte le categorie non sia deformato con interpretazioni limitative specie per quanto attiene alla definizione del concetto di minorazione, che deve essere connesso soltanto alle condizioni psico-fisiche del soggetto e rapportato ad un parametro di normale inte­grità e sanità biologica; in particolare si intende evitare che come per il passato, attraverso interpretazioni piuttosto arbitrarie delle leggi vigenti, categorie di invalidi e mutilati civili come i mongoloidi, gli epilettici, i mio­distrofici, gli affetti da morbo di Cooley, da sclerosi multipla, gli emofiliaci, eccetera, siano esclusi dai vari tipi di provvidenze, in modo da far sì che per ciascuno di tali soggetti sia prevista un'assistenza specifica rapportata al particolare bisogno determinato dalla sua condizione, sia in termini me­dici sia in termini di riabilitazione in forme differenziate ed adeguate al bisogno».

Finalmente si incomincia a legiferare per superare il settorialismo, che è stato la caratteristica dominante della legislazione fascista e del periodo 1945-1970. Sarà però da verificare l'atteggiamento che assumeranno le as­sociazioni di categoria, specialmente quelle degli invalidi del lavoro, di guerra, per servizio, dei ciechi e dei sordomuti, che sono ancora orientate alla difesa di interessi corporativi, anche se poi in effetti essa provoca una maggiore esclusione. Al riguardo si ricorda il documento approvato dalla Commissione istituita presso l'ONIG (1), le prese di posizione dell'Ente Nazionale Sordomuti (2) e dell'Unione Italiana Ciechi che «tende a mantenere la situazione attuale con una politica di autoconservazione, fa­vorendo in tal modo la costruzione di un mondo di ciechi all'interno della società» (3).

 

Riferimento alle competenze regionali

Pure importante è l'ultimo articolo della legge 30-3-1971 n. 118 in base al quale «cesseranno di essere efficaci le disposizioni della presente legge limitatamente alle materie di cui all'art. 117 della Costituzione, in corrispondenza e all'atto dell'entrata in vigore della legislazione regionale nelle materie indicate».

Questa norma appare ancora più importante se si considera che essa non era presente nel disegno di legge n. 2918/Camera presentato dal Mi­nistro dell'Interno. Al riguardo si ricorda che il Ministro Restivo il 22 otto­bre 1970 alla Commissione interni della Camera dei Deputati si era dichia­rato contrario al trasferimento alle Regioni delle competenze del Ministero dell'interno in materia di assistenza agli invalidi civili, nonché di assistenza ai ciechi, ai sordomuti e ai profughi.

 

Scuola

Fondamentale l'art. 28 che prevede che «l'istruzione dell'obbligo deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica». Resta da vedere come verrà interpretata la frase «salvi i casi in cui i soggetti siano affetti da gravi deficienze intellettive o da menomazioni fisiche di tale gravità da impedire o rendere molto difficoltoso l'apprendimento o l'inserimento nelle predette classi normali».

Al riguardo vi è da osservare che, ai sensi dei D.P.R. 11 febbraio 1961 n. 264 e 22 dicembre 1967 n. 1518 compete al servizio di medicina scola­stica (che deve essere istituito, dai comuni, dai consorzi di comuni e sostitutivamente dalle province) l'avvio degli allievi alle classi speciali. Gli eventuali ingiustificati inserimenti in classi speciali dovranno quindi essere addebitati non al Ministero della pubblica istruzione, ma ai comuni, sui quali dovrà orientarsi la pressione delle persone e gruppi interessati. Da rilevare infine che le norme sulla scuola sono operanti, non essendo prevista in questa materia l'emanazione di un regolamento di attuazione. Pertanto esse devono trovare applicazione dall'inizio del prossimo anno scolastico.

 

Barriere architettoniche e abitazione

L'applicazione delle disposizioni in materia di barriere architettoniche e di abitazione degli invalidi è rinviata al massimo di un anno, alla pubbli­cazione di un decreto del Presidente della Repubblica. Le disposizioni dell'art. 27, che in parte ripetono quelle del D.M. 21 marzo 1970 sull'edilizia scolastica (Supplemento alla Gazzetta ufficiale n. 134 del 1° giugno 1970) appaiono, ad una prima lettura, valide ed in grado di rispondere ai bisogni degli invalidi.

Anche in questo caso vi sarà da verificare l'applicazione della legge (4).

Circa l'abitazione, è riconosciuta la precedenza nell'assegnazione de­gli alloggi situati ai piani terreni dei caseggiati dell'edilizia economica e sovvenzionata. AI riguardo sarebbe auspicabile che, nell'attesa del regola­mento di attuazione (o preferibilmente della legge sulla riforma della casa attualmente discussa dal Parlamento) il problema venisse affrontato, pre­vedendo anche l'assegnazione di alloggi per focolari per minori, handicap­pati e anziani, e cioè per le persone oggi ricoverate in istituti, per le quali non siano concretamente attuabili soluzioni migliori o che desiderano vi­vere in micro-comunità inserite nel contesto sociale.

 

Addestramento professionale e lavoro protetto

Dopo l'espletamento della scuola dell'obbligo è prevista la frequenza dei corsi di addestramento professionale, e assurda appare la norma se­condo la quale «l'idoneità dei minorati affetti da irregolarità psichiche alla frequenza dei corsi deve essere accertata dalle commissioni provin­ciali sanitarie istituite ai sensi dell'art. 7». Non si comprende come que­ste commissioni, che saranno fra l'altro oberate di lavoro e soprattutto che non conoscono i ragazzi (una breve visita non può certo essere sufficiente) possano essere in grado di svolgere le suddette funzioni. Il compito doveva essere deferito, a nostro avviso, ai servizi di medicina scolastica, i quali, ai sensi delle norme vigenti, devono seguire gli allievi durante le scuole materna, dell'obbligo e superiore.

Anche per quanto concerne i corsi di addestramento, qualificazione e riqualificazione professionale vi è il pericolo della creazione dei centri «speciali», dove vengono segregati gli allievi più scomodi. Al riguardo occorre ricordare che il Governo italiano ha aderito alla raccomandazione n. 999, predisposta dalla Conferenza internazionale del lavoro, concernente l'adattamento e il riadattamento professionali degli invalidi fisici e psi­chici (5).

Circa il lavoro protetto, la dizione della legge è tale da consentire sia la creazione di laboratori protetti, sia di posti di lavoro protetto presso le aziende comuni.

 

Assistenza sanitaria

L'articolo riguardante l'assistenza sanitaria è formulato in modo estre­mamente confuso e di difficile comprensione: beneficeranno dell'assistenza sanitaria generica, farmaceutica, specialistica, ospedaliera e protesica solo gli invalidi ricoverati in istituti convenzionati? E se il Ministero della sanità non stipulerà le convenzioni, gli invalidi resteranno privi di assi­stenza? E, soprattutto, le convenzioni verranno stipulate per creare centri «doppione» (6) ricreando in tal modo, a livello dei servizi, dei ghetti per ciascuna «categoria» di invalidi? Il problema sarà riconsiderato certa­mente nell'ambito della riforma sanitaria e in tale sede si dovrebbero su­perare definitivamente le attuali artificiose categorizzazioni e prevedere servizi utilizzabili da tutti i cittadini.

 

Pensioni ed assegno

La pensione agli invalidi di età superiore ai 18 anni inabili al lavoro e privi di reddito è stata portata a L. 18.000 mensili per 13 mensilità. Essa viene ridotta a L. 9.000 mensili per coloro che sono ricoverati permanen­temente in istituto.

È previsto un assegno di accompagnamento di L. 12.000 mensili per gli invalidi non deambulanti di età inferiore ai 18 anni.

A coloro che invece hanno una riduzione permanente delle capacità lavorative superiore ai due terzi e sono incollocabili al lavoro è concesso un assegno mensile di L. 12.000.

Da notare l'estrema esiguità della pensione, la mancata equiparazione degli invalidi di cui sopra ai lavoratori disoccupati, l'assurda conserva­zione di competenze in materia di pensioni e assegni al Ministero dell'in­terno, agli Enti comunali di assistenza e ai Comitati provinciali di benefi­cenza e assistenza pubblica.

 

Preparazione del personale

La preparazione del personale (educatori, assistenti sociali, personale paramedico) può essere effettuata dalle università, da enti pubblici e privati.

I programmi, l'ordinamento dei tirocini ed i requisiti per i docenti sa­ranno stabiliti con decreto del Ministero per la pubblica istruzione di con­certo con il Ministro della sanità e in tal modo vengono negate compe­tenze alle Regioni.

 

Conclusioni

L'interpretazione e l'applicazione che alle norme della legge 30 mar­zo 1971 n. 118 verrà data dagli organi preposti costituirà una verifica della volontà effettiva delle varie amministrazioni e sgombrerà il campo dalle illusorie aspettative di coloro che ancora ritengono che il problema degli esclusi sia risolvibile senza una dura e lunga azione politica.

 

 

 

(1) Vedasi l'editoriale di «Prospettive assistenziali», n. 11-12, 1970.

(2) Nell'articolo «I sordomuti e le iniziative legislative per la riforma dell'assistenza ai minorati» apparso sull'organo ufficiale dell'Ente Nazionale Sordomuti (La settimana del sordomuto, n. 15 del 18 aprile 1970) viene affermato: «Per quanto poi in particolare attiene i sordomuti d'Italia dobbiamo ribadire che per legge essi sono rappresentati dall'Ente Na­zionale Sordomuti che è la loro Associazione di categoria, da loro stessi voluta e soste­nuta ed è pertanto più che evidente che nessuno all'infuori dell'E.N.S. medesimo può perorare e tutelare i diritti dei sordomuti ed ancora più arrogarsi la facoltà di proporre sostanziali modifiche alla legislazione vigente senza neanche aver interpellato l'E.N.S. in via preventiva.

«D'altra parte, e con ragione, la categoria dei sordi per tradizione vuole mantenersi indipendente da qualsiasi altra categoria non per un sentimento di vano orgoglio o per un eccessivo senso di amor proprio, ma esclusivamente perché vuole decidere del proprio destino, risolvendo i problemi che la riguardano nella piena consapevolezza del proprio dovere e della propria responsabilità, come già sempre fatto per il passato».

(3) Collettivo dell'istituto per ciechi «F. Cavazza», Una società più cieca di loro, « Il Regno - Attualità Cattolica», n. 222, 1° aprile 1971, pp. 175-176.

(4) Se ritorniamo frequentemente al problema dell'applicazione è perché molte leggi concernenti l'assistenza sono disapplicate totalmente o parzialmente.

Citiamo in particolare:

- il R.D. 19 novembre 1889, n. 6535, che all'art. 2 precisa: «Sono considerate come inabili a qualsiasi lavoro proficuo le persone dell'uno o dell'altro sesso, le quali per infermità cronica o per insanabili difetti fisici o intellettuali non possono procacciarsi il modo di sussistenza». Il mantenimento (che prevede prestazioni ben superiori alla sem­plice alimentazione) degli inabili al lavoro rientra fra le spese obbligatorie dei Comuni ai sensi dell'art. 91 del R.D. 3 marzo 1934, n. 893;

- la legge sul collocamento obbligatorio degli invalidi;

- le disposizioni sulla medicina scolastica;

- le leggi sull'adozione speciale e sulla tutela dei minori;

- le norme concernenti gli obblighi dell'O.N.M.I.; ecc.

(5) Allegato 3 della proposta di legge di iniziativa popolare n. 1167/Senato: «Inter­venti per gli handicappati psichici, fisici, sensoriali ed i disadattati sociali», in Prospettive assistenziali, n. 5-6, 1969, pp. 39-50. Si vedano in particolare gli articoli 5 e 12, e special­mente l'articolo 39/1: « L'istruzione, l'orientamento professionale, la formazione profes­sionale o il collocamento al lavoro dei fanciulli e degli adolescenti invalidi dovrebbero essere assicurati dall'organizzazione destinata ai fanciulli e adolescenti validi, e dovrebbe effettuarsi, ogni volta che sia possibile e opportuno, alle stesse condizioni di quelle che beneficiano questi ultimi e in loro compagnia».

(6) Vedasi il documento sul rapporto fra riforme sociali e settore dell'assistenza, in Prospettive assistenziali, n. 11-12, 1970, pp. 14-16.

 

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