Prospettive assistenziali, n. 13, gennaio-marzo 1971

 

 

ATTUALITÀ

 

REAZIONI AI RECENTI SCANDALI DELL'ASSISTENZA

 

 

I recenti scandali accertati a Roma, Napoli, Bari e in altre città a se­guito dell'intervento della magistratura hanno provocato - come era facile aspettarsi - reazioni di difesa.

La più violenta di esse è quella del Cardinale Dell'Acqua con il se­guente comunicato-proclama indirizzato ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose addetti agli istituti di beneficenza e d'assistenza di Roma:

 

«Mancherei ad un dovere, quello di vostro fratello maggiore in Cristo, se in questo momento, per tanti di voi penoso, non vi assicurassi che, più che mai, vi sono vicino col pensiero e soprattutto con la preghiera, condi­videndo, con animo particolarmente grato per il grande bene che in umiltà e sacrificio compite in Roma, le vostre attuali sofferenze.

Ogni animo retto apprezza il vostro apostolato: padri e madri sanno bene quanto a voi devono per l'educazione dei loro figli.

Misconoscere quello che la Chiesa compie da secoli in Roma nel cam­po assistenziale e benefico; mettere in dubbio le premurose cure con cui anime verginali, consacrate al Signore, assistono la fanciullezza abbando­nata, trascurata o ammalata, significherebbe rinnegare una realtà del pas­sato e del presente e sarebbe segno di ingratitudine.

È certo motivo di vivo rammarico costatare come spesso molti, con sorprendente superficialità, dimenticano l'opera generosa della Chiesa per la tutela fisica e morale della gioventù. Ma nessuno potrà cancellare dalla storia le meravigliose pagine di abnegazione scritte da sacerdoti, da reli­giosi e da religiose, a Roma. in favore della fanciullezza anche durante l'ultima guerra. Come non ricordare quel grande Pontefice che fu Pio XII, il quale nulla risparmiò perché a tanti bambini giungesse un po' di latte ed al Quale si deve, fra l'altro, la iniziativa del «Villaggio Don Bosco» - entusiasticamente favorita dall'allora sostituto Mons. Montini - che salvò tanti giovanetti, i quali vagavano abbandonati e smarriti per le strade cittadine?

Per questo il popolo romano, con manifestazioni plebiscitarie, volle esprimere un filiale grazie al «suo Papa».

Né potranno essere eventuali, singoli episodi - sempre dolorosi e da deplorarsi fermamente - ad offuscare l'opera di istituti, che in ogni parte del mondo offrono un mirabile esempio di concreta attuazione del comandamento supremo di Cristo: «Amatevi l'un l'altro».

certa stampa scandalistica può dirsi destinata a favorire il pro­gresso civile, sociale e morale dell'Italia.

In questi giorni ho riletto le parole del Maestro Divino, riportate nel Vangelo della scorsa domenica: «A voi che ascoltate, io dico... fate del bene a quelli che vi odiano, benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi insultano».

La nostra orazione salga fervida al Signore per coloro che pensano - illudendosi - di intaccare la bellezza della nostra Chiesa cattolica, denigrando le sue benefiche istituzioni.

Non temete: continuate a compiere serenamente il vostro dovere; abbiate sempre presente la parola di Gesù: «Sarò con voi: le forze av­versarie non prevarranno».

Dio ci assista, ci guidi, ci benedica!».

 

Al riguardo è necessario rendere pubblica la corrispondenza inter­corsa fra l'Unione italiana per la promozione dei diritti del minore e la Segreteria di Stato del Vaticano:

 

1) LETTERA INVIATA DALL'UNIONE IL 2 FEBBRAIO 1970 ALLA SEGRETERIA DI STATO:

 

«Si unisce fotocopia della lettera inviata dal Pontificio istituto educa­tivo femminile del Sacro Cuore di Pompei (1) e si prega codesta Reve­rendissima Segreteria di Stato di prendere le necessarie misure per evi­tare che gli istituti religiosi di assistenza all'infanzia continuino ad agire in violazione dei diritti fondamentali dei bambini (diritto alla famiglia) e in violazione delle leggi vigenti.

Si unisce altresì copia della lettera inviata dall'Associazione Nazio­nale Famiglie adottive alle autorità religiose (2) ove sono precisate ingiu­stificate posizioni da parte di molti istituti religiosi di assistenza all'infanzia.

Grato di conoscere le determinazioni di codesta Reverendissima Se­greteria di Stato, porgo i migliori ossequi».

 

2) LETTERA INVIATA ALL'UNIONE DALLA SEGRETERIA DI STATO IN DATA 18 AGOSTO 1970 A FIRMA DEL SOSTITUTO MONS. G. BENELLI:

 

«Mi riferisco all'esposto fatto qui pervenire in data 2 febbraio 1970, con cui Ella invitava questa Segreteria di Stato a voler prendere "le neces­sarie misure per evitare che gli istituti religiosi di assistenza all'infanzia continuino ad agire in violazione dei diritti fondamentali dei bambini e in violazione delle leggi vigenti".

In pari tempo, Ella allegava, fra l'altro, copia di una lettera inviata dall'Associazione Famiglie Adottive alle Autorità religiose, ove erano elencati gli istituti che continuerebbero a violare tali norme.

Al riguardo, mi permetto di farLe presente che, da informazioni circo­stanziate assunte dagli Organi ecclesiastici competenti, le suddette indi­cazioni non sono risultate del tutto esatte».

 

3) LETTERA INVIATA DALL'UNIONE ITALIANA PER LA PROMOZIONE DEI DIRITTI DEL MINORE IL 15 OTTOBRE 1970 ALLA SEGRETERIA DI STATO:

 

«Desidero significarLe che nella Sua risposta del 18 agosto 1970 (Prot. n. 15543) all'esposto che Le avevo inviato, viene riconosciuto che vi sono istituti di assistenza all'infanzia retti o dipendenti da religiosi che non in­viano gli elenchi trimestrali di cui alla legge 5-6-67 n. 431. Così facendo, detti istituti impediscono ai bambini di avere una famiglia, com'è loro di­ritto naturale oltre che riconosciuto dalle leggi italiane.

Si sottolinea che gli inadempimenti relativi all'invio degli elenchi trime­strali riguardano istituti situati in tutte le zone d'Italia. Il fatto è pertanto molto più esteso di quanto segnalato nel citato mio esposto.

Questa Unione, di fronte all'importanza vitale per i bambini di cre­scere circondati dall'affetto di una famiglia e all'impossibilità, scientifica­mente dimostrata, degli istituti di rispondere alle esigenze umane e so­ciali dei minori, confida che la Segreteria di Stato vorrà adoperarsi perché gli istituti di assistenza all'infanzia adempiano ai loro obblighi».

 

Un'altra reazione di difesa è la lettera dell'Amministratore Apostolico di Imola, Mons. Aldo Gobbi, che su «L'Avvenire» del 16 marzo 1971, scrive fra l'altro, rivolgendosi alle suore: «Che cosa succederebbe se domani mattina portaste in piazza, magari a Roma davanti a qualche ministero, tutto il vostro carico di povertà e di dolore: i paralitici, gli spastici, gli abban­donati, gli orfani, gli innumerevoli bambini assistiti? Sareste forse costrette anche voi a fare cortei della protesta perché la gente veda!».

È proprio quello che da anni si aspetta e cioè che i dirigenti e il per­sonale degli istituti premano con tutti i mezzi e, se necessario, anche con cortei della protesta, sulle autorità civili (governo, parlamento, prefetti, province, comuni, ONMI, ENAOLI, ecc.) e su quelle religiose, affinché ven­ga a cessare l'attuale vergognosa situazione del settore assistenziale. È ben vero che gli istituti privati di assistenza hanno svolto per centinaia di anni compiti che erano e sono della comunità; ma per centinaia di anni gli istituti stessi (eccettuati - ed è importante sottolinearlo - alcuni fondatori) (3), non hanno mai svolto alcuna azione promozionale nei con­fronti delle autorità e di responsabilizzazione della comunità, tanto che, come ha sostenuto il prof. A.N. Henri al colloquio mondiale indetto dall'Ufficio Internazionale Cattolico per l'infanzia (Roma, 5-10 aprile 1970), si può affermare che gli istituti di ricovero hanno per secoli gestito l'esclu­sione sociale, non opponendosi al fatto che un sempre maggior numero di persone venisse messo ai margini o, come afferma il relatore citato, socialmente uccisi (4).

Lamentarsi oggi che il problema sia affrontato da magistrati, da cara­binieri, significa non tener nemmeno conto della inutilità degli sforzi finora compiuti per modificare la situazione e delle coperture date alle scanda­lose situazioni dallo stesso governo. Al riguardo si veda l'articolo sulle responsabilità penali dei funzionari in materia d'assistenza, riprodotto in appresso.

Certamente questa situazione non riguarda solo gli istituti privati di assistenza, ma in misura di gran lunga maggiore il governo, il parlamento, gli enti, organi ed uffici pubblici di assistenza. Tant'è che tutti si sono coa­lizzati perché le cose continuino a rimanere come sono o al massimo per­ché siano introdotti dei semplici miglioramenti.

Riguarda pure quella parte della comunità (persone, gruppi, associa­zioni) che si limita a condannare e non a ricercare, proporre e portare avanti soluzioni non emarginanti per i bambini, gli handicappati, gli anziani, i malati mentali e gli altri esclusi.

 

Una voce ben diversa e qualificata si è levata, a proposito degli stessi avvenimenti, da parte di don Luciano Allais, delegato diocesano per l'as­sistenza nella diocesi di Torino e direttore del locale Centro immigrati.

Su «La Voce del Popolo», settimanale cattolico della diocesi di Torino, egli afferma, fra l'altro: «Non dobbiamo reagire col complesso delle vit­time. Da alcune parti infatti si sono sparse lacrime a favore delle suore, che con gravi sacrifici svolgono la loro opera senza limiti di tempo, mal pagate e senza riconoscimento, ed ora sono anzi oggetto di attacchi e cri­tiche pesanti. In realtà in discussione non è la dedizione delle singole suo­re, ma il “servizio” dell'assistenza.

«In questi episodi di cronaca vedrei l'occasione per proporre in modo serio un discorso dell'assistenza nella Chiesa. Si confonde troppo facil­mente la carità con il servizio. Il servizio compete allo Stato e la Chiesa anche in questo campo svolge opera di supplenza.

«I servizi molte volte sono commissionati dallo Stato ai religiosi - i quali non devono piangere per le difficoltà in cui si dibattono, ma devono denunciare la disorganizzazione, il caos, le carenze giuridiche che permet­tono le situazioni abnormi: non subire passivamente o correre ai ripari come copertura delle deficienze, ma fare finalmente un discorso serio sugli operatori, sul contenuto, sugli strumenti precisi dell'assistenza; un discorso moderno, all'avanguardia. Se necessario, è nostro dovere lottare, prote­stare e persino astenersi dalla prestazione di un servizio (se non va a danno dell'utente), ma assolutamente non si può restare passivi, inerti, di fronte alle disfunzioni.

«Dobbiamo avere questo atteggiamento critico, dobbiamo chiedere che il problema dell'assistenza, che è prioritario in uno stato moderno, abbia interventi prioritari. Dobbiamo chiedere inoltre la partecipazione del­la comunità al problema dell'assistenza. È un problema della comunità, come la sanità e la casa. E questo significa anche dimensionare il servizio al territorio, aprirlo alla comunità. Un esempio: si fa un istituto per minori in via Artom, ma diventa l'istituto di via Artom, gestito dalla comunità, al servizio della comunità, dentro la comunità. Tutti responsabili, tutti par­tecipi, nessuna emarginazione, nemmeno per i bambini. E se il personale è religioso, non si tratta più di un istituto che obbedisce a disposizioni dell'autorità religiosa, di solito fatte in un altro clima storico e sociale; ma si tratta di un servizio qualificato che ciascuno potrà attuare vivendo come " persona " il cristianesimo».

LA REDAZIONE

 

 

 

(1) La lettera è quella pubblicata a pag. 72 del n. 8/9 di Prospettive assistenziali: «Gent.mo Sig. Bodenzi, già altra volta l'assicurai che le bambine non si muoveranno di qui. Se stanno contente lei ha potuto constatarlo di persona. Non dubiti per qualunque cosa dovesse sentire. Son le assistenti sociali che si son messe in testa di togliere le bambine dagli istituti. Sua Eccellenza si è fatto sentire e qui non sono più venute. Perciò stia tranquillo. Cari saluti ed auguri per il nuovo anno».

(2) La lettera è quella pubblicata sul n. 8/9 di Prospettive assistenziali, pag. 59 e segg.

(3) Vedasi, come esempio significativo, l'opera di S. Vincenzo de' Paoli, opera non resa nota in Italia come meriterebbe.

(4) A.N. HENRI, L'evoluzione degli «istituti per bambini privi di ambiente familiare normale» nel suo contesto storico globale (la relazione integrale sarà riprodotta nel pros­simo numero della Rivista).

 

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