Prospettive assistenziali, n. 13, gennaio-marzo 1971

 

 

LA VOCE DEI GIOVANI

 

LA RELAZIONE DI UN GRUPPO DI VOLONTARI SULL'ISTITUTO «CASA DEI BIMBI» DI VERNONE (TORINO)

 

 

Ci sembra utile pubblicare la relazione di un gruppo di giovani sulla «Casa dei bimbi» di Vernone che solleva un nuovo velo su questi istituti in cui sembra per lo meno «affievolita» la vocazione per l'educazione dei bimbi e dentro le cui mura nessuno o pochi sanno cosa succede, mentre coperte dalla missione suore o finte suore assistono i bambini, e dimostra ancora una volta la necessità di introdurre nuovi metodi e nuove conce­zioni assistenziali.

Ma poiché anche in seguito ai casi drammatici denunciati in questo periodo a Roma, a tutti è parso chiaro il molto disordine nell'organizzazio­ne, le prestazioni discrezionali dei vari enti, ma soprattutto i controlli in­sufficienti dell'ONMI per mancanza di personale, ci siamo chiesti perché non vengano applicati gli artt. 919 e 920 (1) della legge Regio Decreto 15-4-1926 n. 718 che prevede la nomina di agenti volontari per l'infanzia, legge peraltro già applicata in molti paesi (Francia, Germania, Svezia, In­ghilterra dove il volontariato ha una lunga tradizione).

 

 

Spett.le   O.N.M.I. Cav. Elia - Opera Protezione Maternità e In­fanzia - Comitato Provinciale - Via San Francesco d'Assisi, 23 Spett.le Giudice Tutelare Dott. Rossi - Via Corte d'Appello, 10

 

e p.c.      Spett.le Tribunale dei Minorenni Dott. Vercellone - Via Passo Buole, 106

              Spett.le Prefettura Signor Prefetto della città di Torino Spett.le Curia - Monsignor Cardinale Michele Pellegrino, Arci­vescovo della Diocesi di Torino - Via Arcivescovado, 12 Spett.le Provincia Assessore Teppati - Via Maria Vittoria, 12 Spett.le Unione per la Promozione dei Diritti dei Minori - Via Artisti, 34

 

CHI SIAMO

Siamo un gruppo di giovani tra i 18 e i 25 anni che frequentano il Circolo giovanile dell'Oratorio Salesiano Crocetta.

All'inizio dell'anno sociale 1967 (mese di ottobre) il Consiglio di presidenza del nostro Circolo propose ai giovani che lo frequentavano un'attività di carattere caritativo: l'assistenza ad un istituto di bambini orfani o abbandonati.

Vista la buona accettazione da parte di molti e in seguito alla segna­lazione di don Viotti di Forno di Coazze, iniziammo a frequentare con regolarità la «Casa dei Bimbi» di Vernone (ogni 15 giorni, la domenica pomeriggio).

È sempre stata nostra abitudine ritrovarci durante la settimana e veri­ficare quanto è stato fatto e cosa si può fare di più: in principio, a causa della nostra inesperienza in tale settore, ci si domandava soltanto cosa significasse per noi giovani incontrare questi bambini, conoscerli, fare amicizia. Soprattutto ci chiedevamo quale fosse il tipo di presenza che il bambino desiderava da noi: quella di amico, di educatore, di compagno di giochi. Poi poco per volta sentimmo l'esigenza di aiutare concreta­mente, pur nei ristretti limiti del possibile, l'istituto, portando qualche piccolo aiuto: indumenti, alimentari, denaro, giocattoli.

Ma all'inizio dell'anno sociale 1969 (ottobre), il nostro atteggiamento era cambiato, era sostanzialmente maturato: si andava a visitare i bam­bini per «donare» qualcosa (anche se poco) di quello che essi non ave­vano, per alleviare in qualche modo il grave disagio della loro condizione spesso drammatica. Per questo dovevamo preoccuparci in primo luogo che la vita all'interno dell'istituto fosse per i bambini ricoverati il più vicino possibile alla normalità: e dopo circa tre anni di visite quindicinali, ci siamo trovati d'accordo tutti che troppe cose non erano regolari, troppi aspetti della loro condizione non potevano rientrare nel concetto di giu­stizia a cui questi bambini hanno diritto.

Desideriamo pertanto denunciare alle persone competenti le gravi lacune da noi rilevate, raggruppandole per sommi capi in tre settori.

 

1° - IL PERSONALE Di SERVIZIO

Si occupano dell'assistenza ai 30 bambini ricoverati (il numero è fluttuante, ma si aggira su tale consistenza) «una superiora» in età avan­zata, una «suora» gravemente invalida e due signorine che se ci sem­brano più efficienti sul piano intellettivo, si deve però ammettere che sono del tutto inesistenti dal lato pedagogico. Nessuna di queste quattro persone è specializzata nell'educazione dei bambini e non è difficile con­statarlo dopo aver parlato assieme a loro.

In questi ultimi tempi si sono aggiunte al traballante organico della Casa due ragazze diciottenni che sono in pratica cresciute nell'Istituto; viene naturale la domanda (pur ammirando l'opera da esse svolta) sulla loro preparazione pedagogica e sulla spontaneità della loro missione.

Ci pare che la scelta da esse fatta sia stata almeno viziata dalla mancanza di alternative valide e che sia necessario aiutarle affinché il loro futuro non sia ancor più condizionato di quanto lo è stato il passato.

Tuttavia, le nostre perplessità più serie riguardano le due « suore » e una delle due assistenti, dal passato alquanto oscuro (tanto per usare un eufemismo).

Le «suor » non sono Suore, perchè il loro ordine non è mai stato riconosciuto, anzi Monsignor Pellegrino, con lettera inviata verso la fine del 1969 ha esplicitamente imposto loro di svestire l'abito religioso. La sua decisione maturò in seguito ad un sopralluogo effettuato dalla Com­missione Diocesana Assistenza.

Il suo intervento così deciso ed inequivocabile avalla i nostri sospetti circa l'inabilità del personale, emersa, oltre che in varie constatazioni fatte in questi mesi, da un colloquio avuto ultimamente con la «supe­riora». Essa ha dichiarato testualmente di trasmettere al Tribunale dei minori ogni tre mesi (come previsto dalla legge) l'elenco dei minori ospitati dall'Istituto, completo dei dati richiesti dal modulo stesso.

Abbiamo validi motivi per credere che tutto ciò non risponda a ve­rità, e che sia stato chiamato in causa il Tribunale tanto per fornire un alibi di regolarità di fronte alle nostre precise domande circa lo stato giuridico dell'Istituto. Comunque la «superiora», in vena di confidenze, ci ha poi precisato di alterare tutte quelle situazioni che potrebbero determinare lo stato di abbandono e la dichiarazione di adottabilità di un minore, sia per non vedersi esautorata, sia perchè ritiene contropro­ducente, antieducativo e decisamente dannoso il fatto che un bimbo venga sradicato dall'Istituto per essere trapiantato in una famiglia.

Abbiamo inoltre saputo (e dicendo questo non siamo alla ricerca né dello scandalo né del sensazionale) che i bambini vengono picchiati con un bastone; nel passato (è sempre la «superiora» a dirlo) una bimba, ora non più in Istituto, che soffriva di crisi isteriche veniva normalmente posta sotto la doccia fredda, e noi non sappiamo con quale autorità tera­peutica venisse presa una simile decisione; alla domenica i bimbi ven­gono condotti a Messa in un cronicario per anziani poco distante dove sono ricoverate persone con gravi turbe mentali: tale vicinanza non costi­tuisce un conforto per i bambini già provati dalla sofferenza per pro­prio conto.

Ribadiamo tuttavia a questo punto che al di là dei fatti concreti sopra riportati che, pur nella loro gravità, possono considerarsi margi­nali, occasionali e non determinanti, esistono delle gravissime lacune su cui anche un giudizio tollerante e benevolo non può sorvolare: il per­sonale è inefficiente, impreparato, pedagogicamente inesistente, con oriz­zonti mediocri e anacronistici, più bisognoso di essere ricoverato che non capace di ricoverare.

 

2° - LE STRUTTURE AMBIENTALI

Si trattava originariamente di una casa colonica che le circostanze hanno voluto adattare a istituto con tutte le conseguenze che ne deri­vano: mancanza di locali di primaria necessità, «il salone» giochi che diventa anche aula di studio è piccolissimo; l'asilo funge da refettorio (è così ristretto che pensiamo si facciano due turni per mangiare). Fun­ziona però da quest'anno l'impianto di riscaldamento centrale che, uni­tamente alla costruzione di alcune docce, costituisce il miglioramento al fabbricato eseguito per ordine della Prefettura (così ci ha detto la «su­periora») e con finanziamento in proprio dell'Istituto. Ma, poiché l'ini­ziativa non è stata sicuramente della «superiora» bensì di un Ente pub­blico che si è limitato ad imporre senza contribuire finanziariamente, si possono trarre due deduzioni:

1) l'Ente, pur avendo l'autorità di imporre una non indifferente mi­glioria, non aveva la possibilità finanziaria di sostenerne l'attuazione;

2) oppure tale suo intervento era solo un tentativo di dissanguare l'economia dell'Istituto, per portarlo ad un conseguente fallimento finan­ziario ed alla tacita resa da parte delle «suore».

Ci sfuggono in questo momento altre considerazioni (del resto im­probabili) e ci sorgono invece dei dubbi sulla validità sostanziale dell'intervento, sia esso stato promosso nell'intento di migliorare le condi­zioni ambientali della casa oppure per portarla alla sua chiusura di fatto. Qualunque Ente pubblico che sia venuto a contatto della situazione incresciosa della «Casa dei Bimbi» di Vernone non poteva e non doveva fermarsi a semplici accertamenti sulla temperatura dei locali, lasciando inalterata la situazione complessiva, né tantomeno mascherare la condi­zione dell'irregolarità dell'assistenza ai bambini con una tattica che pare eludere le proprie responsabilità e il proprio dovere di intervenire alla radice della ferita con decisione e senza sotterfugi.

 

3° - I BAMBINI RICOVERATI

In questi tre anni di frequenza a Vernone abbiamo potuto constatare lo sconcertante criterio con cui vengono accettati i bambini per il loro ricovero, o meglio, abbiamo constatato che criterio non c'è, in quanto senza accertamenti, senza documentazioni, senza addirittura conoscerne per certo le situazioni familiari si ricoverano bambini che forse potreb­bero con minor danno rimanere in famiglia o che hanno bisogno di parti­colari cure specializzate.

Sono casi frequenti che si sono verificati in passato e che si verifi­cano tuttora: bambini ritardati mentalmente, bambini subnormali, bambini di due anni accolti in un Istituto dove nessuno è in grado di accudirli come necessitano.

I pericoli di una simile ignoranza (che noi crediamo in buona fede) sono evidenti quanto le loro deleterie conseguenze: anzitutto non si pre­stano per incapacità e per mancanza di tempo e mezzi quelle cure che potrebbero sanare del tutto o in parte l'anormalità del bambino; in se­condo luogo (è una nostra concreta constatazione) gli altri bambini, un po' per scherzo e un po' per mancanza di capacità critica assimilano gli stessi vizi degli anormali, senza che nessuno se ne preoccupi, aggra­vando in tal modo le carenze che inevitabilmente un bambino denota crescendo in un ambiente diverso dalla sua famiglia.

La «superiora» ci ha espressamente detto di ricoverare i bambini che da varie fonti le vengono raccomandati come casi particolarmente bisognosi: nessun Ente pubblico ha attualmente propri assistiti nell'Isti­tuto, né tantomeno la «superiora» gradirebbe la loro presenza a causa dei controlli che probabilmente ne conseguirebbero (è l'unica preoccu­pazione che la «superiora» ci ha confidato).

Così il ritardato sta in compagnia del normale, chi non sa parlare va con chi lo sa fare, il bimbo di due anni sta con la sorella maggiore, nella speranza ottimistica che difetti dell'uno e pregi dell'altro si livel­lino: e così succede veramente, ma si abbassa soprattutto la capacità intellettiva del sano senza che quella dell'anormale ne tragga migliora­menti consistenti data la mancanza completa di una direzione pedagogica.

 

LE RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI ASSISTENZIALI

Quello che in questo momento ci turba in modo particolare non è soltanto il fatto che nella nostra società possano sussistere esempi di tanta arretratezza educativa, di cui le «suore» ci hanno dato una sostan­ziosa dimostrazione, ma soprattutto il fatto che tutti gli Enti pubblici cui è demandata secondo le rispettive competenze l'assistenza ai minori conoscono da tempo e con una dovizia di particolari probabilmente supe­riore a quella che possediamo noi la reale situazione della «Casa dei Bimbi», ma nessuno ha deciso finora di intervenire.

Nella rivista diocesana torinese ( 6 - giugno 1970) che alleghiamo in fotocopia, compare una comunicazione sufficientemente chiara anche per una persona incompetente: ma, visti i risultati ottenuti e visto il metodo con cui si è agito da parte dell'ONMI, abbiamo l'impressione che sia frainteso il significato preciso che avrebbe dovuto avere tale intervento.

È stato consentito un periodo di prova: forse che le «suore» con le loro amiche sono improvvisamente in grado di ringiovanire, di sanare le proprie infermità, di diventare educatrici, di cancellare quello che è stato e ripartire con entusiasmo verso un più roseo domani?

Noi non crediamo a questi miracoli, l'ONMI sembra invece posse­dere una fede ben superiore alla nostra ed è deciso a tornare per veri­ficare nuovamente la idoneità dell'Istituto. Nel frattempo, a scanso di equivoci, si affretta a ritirare i bambini convenzionati, imitato dalla Pro­vincia: questo tipo di prudenza, questa delicatezza verso i propri assi­stiti è veramente preoccupante.

Forse che gli altri bambini sono diversi dai convenzionati: hanno le stesse necessità, mancano loro le stesse cose; hanno diritto allo stesso trattamento. Forse per la burocrazia esistono bambini convenzionati e bambini semplici, per cui è giusto che abbiano due trattamenti diversi: ma l'ONMI non è burocrazia, è un Ente che assiste tutti i bambini che nel Paese hanno bisogno di aiuto.

E allora perchè succedono queste cose? Perchè questi ritardi? Per­ché queste ridicole concessioni di prove di appello che hanno sempre più l'aspetto di connivenza o di mancanza di decisione?

Evidentemente qualcuno (o qualche Ente) non può o non vuole inter­venire come la situazione richiede e le proprie responsabilità impongono ed è doloroso vedere bambini che senza colpa e per incuria altrui subi­scono privazioni che ne minano il fisico e la mente: per questo abbiamo deciso di intervenire energicamente anche noi secondo le nostre pos­sibilità e con la volontà di tentare ogni strada fino al raggiungimento del nostro obiettivo.

Questa lettera che finirà sulla scrivania di parecchie persone respon­sabili in questo settore della vita sociale, denuncia con chiarezza quello che noi abbiamo visto e sentito: vogliamo far scomparire la «Casa dei Bimbi» di Vernone nel più breve tempo possibile.

Desideriamo una risposta chiara, inequivocabile e sollecita: abbiamo a portata di mano la possibilità di far nascere un grosso scandalo e dicendo questo non vogliamo minacciare o ricattare, ma mettere in guar­dia le persone che sono chiamate dalla società ad assolvere responsa­bilmente e civilmente il proprio impegno nei confronti dell'infanzia ab­bandonata.

Non nascondiamo che un quotidiano torinese di grossa tiratura si è dichiarato disposto a promuovere un'inchiesta completa ed esauriente sull'Istituto ed a pubblicarne i risultati.

Noi non desideriamo arrivare a questi rimedi estremi, ma vogliamo sia dimostrata con assoluta celerità e decisione la buona volontà di riso­luzione degli Enti responsabili, che sono tali non solo quando si preoc­cupano delle condizioni di vita dei bambini affidati alla loro assistenza, ma che sono responsabili (e forse soprattutto) anche di quelli non iscritti nei propri elenchi, anche di quelli per cui non vengono pagate rette. Ringraziamo dell'attenzione e aspettiamo una Vostra convocazione non oltre la prima metà del prossimo mese di gennaio.

Distinti saluti.

Torino, 14 dicembre 1970

 

Seguono 16 firme.

Il nostro recapito è:

Gigi Roggero, corso Duca degli Abruzzi, 88 - Torino - Tel. 58.49.10.

Anna Danusso, via Giovanni da Verazzano, 15 - Torino - Tel. 59.40.91.

 

 

 

ALLEGATO

 

Dalla: RIVISTA DIOCESANA TORINESE - n. 6 - Giugno 1970

 

UFFICIO PER LA PASTORALE DELL'ASSISTENZA

 

Comunicato per gli Istituti assistenziali con personale religioso.

 

La Commissione Diocesana Assistenza, che sta mettendo in atto al­cune iniziative specifiche per il personale religioso degli Istituti, invita tutti gli Enti religiosi che gestiscono opere di assistenza ad adeguarsi alle disposizioni delle leggi civili nel settore assistenziale.

 

Comunicazione sulla situazione della «Casa dei Bimbi» di Vernone (Sciolze).

 

In seguito alla visita compiuta all'Istituto «Casa dei Bimbi» di Ver­none di Sciolze, su cui è stata presentata relazione a S. Em. il Cardinale, la Commissione Diocesana Assistenza ha rivolto all'Istituto stesso la ri­chiesta di fornire in modo preciso l'elenco dei minori ospitati e del per­sonale addetto.

Dopo aver esaminato la situazione, la Commissione ha comunicato all'istituto di ritenerne necessaria la chiusura.

Essendo intanto venuta a conoscenza che il personale dell'Istituto è in realtà laico, la Diocesi ha declinato ogni responsabilità su di essa.

La Commissione Diocesana Assistenza ha segnalato la gravità della situazione all'O.N.M.I., che ha compiti di vigilanza sulle istituzioni assi­stenziali per minori. Dopo aver constatato direttamente con ispezione l'O.N.M.I. ha dato parere simile a quello della Commissione, pur consen­tendo un periodo di prova in cui l'istituto dovrà attuare determinate riforme.

L'O.N.M.I. e la Provincia hanno ritirato dall'Istituto i bambini per i quali esisteva convenzione.

L'Istituto sarà oggetto di un nuovo controllo da parte dell'O.N.M.I., atto a verificare se le condizioni sono tali da consentire l'idoneità al funzio­namento.

 

 

 

(1) art. 119 - In quelle zone d'assistenza nelle quali se ne presenti la necessità, i Comitati di patronato, quando abbiano mezzi all'uopo disponibili, possono essere, a loro richiesta, autorizzati dall'Opera nazionale a nominare speciali agenti di protezione dell'in­fanzia, scelti tra le persone d'ineccepibile condotta morale, discrete, fidate e capaci con l'incarico di coadiuvare e assistere i patroni nell'esercizio delle loro attribuzioni; specie per quanto riguarda la segnalazione e il collocamento dei fanciulli materialmente o moral­mente abbandonati, la vigilanza sui minori ai quattordici anni collocati fuori della dimora dei genitori o tutori, la protezione dei fanciulli maltrattati e la vigilanza sull'applicazione degli articoli 23, 24 e 25 della legge.

 

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