Prospettive assistenziali, n. 11-12, luglio-dicembre 1970

 

 

EDITORIALE

 

TENTATIVI PER LA DEFINITIVA ESCLUSIONE SOCIALE DEGLI HANDICAPPATI

 

 

Presso l'O.N.I.G. (Opera Nazionale Invalidi di Guerra) è stata istituita una commissione permanente, costituita da presidenti dell'Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, dell'Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra, dell'Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro, dell'Unione Nazionale Mutilati per Servizio, della Libera Associazione Muti­lati e Invalidi Civili e presieduta dal Presidente della stessa Opera Nazionale Invalidi di Guerra.

Le conclusioni a cui è giunta finora la commissione (1) sono estrema­mente gravi in quanto si arriva addirittura a richiedere la definitiva esclu­sione sociale degli invalidi.

Infatti, premesso che: «la generalità dei cittadini invalidi costituisce nel suo complesso un insieme nettamente distinto del popolo italiano» (...), la Commissione istituita presso l'O.N.I.G. «addita pertanto, come indi­spensabile ed indilazionabile una radicabile e completa riforma di struttura nel settore degli invalidi che, prescindendo dalla causa invalidante, sia attuata differenziando chiaramente i cittadini portatori di invalidità perma­nenti dai cittadini sani o incidentalmente, malati, distinguendosi sotto questo aspetto dalle riforme che oggi lodevolmente (sic) la Repubblica affronta nei campi del lavoro, dell'assistenza sanitaria, della istruzione e della casa» e chiede che l'auspicata riforma di struttura «preveda la delega dello Stato ad un unico Ente di diritto pubblico di ogni azione di pubblico intervento, e quindi dell'istruzione e l'addestramento professionale degli invalidi e del loro collocamento al lavoro, dell'assistenza sanitaria, limitatamente agli esiti dell'invalidità permanente, di quella sociale, morale e giuridica e della cura e di ogni altra provvidenza che possa essere a loro rivolta».

L'amministrazione di questo Ente di diritto pubblico dovrebbe «essere espressione diretta ed esclusiva delle Associazioni di categoria».

Le decisioni della Commissione istituita presso l'O.N.I.G. sono estre­mamente pericolose, soprattutto se esse vengono collegate con la proposta di legge n. 1233 presentata al Senato della Repubblica dall'On. Falcucci e da altri deputati D.C. (secondo la quale il Ministero dell'interno dovrebbe essere trasformato in Ministero dell'interno e dell'assistenza sociale) e inoltre con il disegno di legge sugli invalidi civili recentemente approvato dal Governo.

Se anche questo disegno di legge venisse approvato (come lo sono stati quelli riguardanti i ciechi ed i sordomuti, anch'essi presentati dal Ministero dell'interno), si raggiungerebbe lo scopo di frazionare gli invalidi in tre settori dominati dall'Unione Italiana Ciechi, dall'Ente Nazionale Sordo­muti e dal nuovo Ente unico nazionale di diritto pubblico richiesto dalla Commissione istituito presso l'O.N.I.G.

Il Ministero dell'interno otterrebbe inoltre un consolidamento notevole degli E.C.A. (ai quali sono affidati i compiti di erogazione dei miseri sussidi mensili ai ciechi, ai sordomuti e agli invalidi civili) (2), dei Comitati provin­ciali di assistenza e beneficenza pubblica e dei Prefetti (ai quali verrebbero attribuiti altri notevoli e ingiustificati poteri).

Oltre a continuare a detenere le competenze preminenti sul settore assistenziale, il Ministero dell'interno avrebbe in tal modo maggiori con­crete possibilità di evitare il trasferimento delle relative competenze alle Regioni e di continuare nella sua azione diretta a far ritenere possibile (e anche utile!) la trasformazione degli E.C.A. in unità socio-assistenziali locali.

Tutto ciò. evidentemente, affinché le cause sociali disadattanti non possano essere percepite dagli «assistiti»: non a caso il Ministero dell'interno esercita funzioni di polizia.

Come abbiamo più volte scritto, ma repetita adiuvant, il Ministero dell'interno ha ancora il concetto che «l'assistenza pubblica ai bisognosi (...) racchiude in sé un rilevante interesse generale, in quanto i servizi e le attività assistenziali concorrono a difendere il tessuto sociale da ele­menti passivi e parassitari (...) », corre risulta dalla relazione sul bilancio dello Stato del 1969.

Da notare che l'interesse del Ministero dell'interno è così pregnante che nemmeno conosce, pur avendone il preciso obbligo di legge da parecchi decenni, il numero degli enti ed istituti di assistenza, sui quali, fra l'altro, dovrebbe vigilare!

Infatti nella relazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 1969 (Camera dei Deputati, Doc. XIV, n. 5, pag. 150) viene affermato: «Per quanto concerne, poi, la consistenza quantitativa degli organismi assistenziali, i dati da ultimo forniti dal Ministero – secondo cui, tolti 16 mila asili infantili (che, si osserva, più propriamente rientrerebbero nell'orbita della scuola), e poco più di 8 mila enti comunali di assistenza (il cui numero corrisponde a quello dei comuni), resterebbero 8 mila istituti, pubblici e privati (di cui 5.500 di ricovero) – indicano un totale di 32 mila organismi laddove in precedenza, come riportato nella relazione dello scorso anno, si indicavano 24 mila istituti pubblici e 12.600 privati».

Le proposte di legge presentate dal Ministero dell'interno e riguardanti i ciechi ed i sordomuti sono state approvate con i voti favorevoli dei parla­mentari di tutti i partiti.

Sarebbe finalmente ora che il disegno di legge sugli invalidi civili, e più in generale il problema dell'esclusione, fosse affrontato dai partiti con chiare prese di posizione politiche, e si uscisse finalmente dall'odierna concezione benefica, secondo la quale qualsiasi «elargizione» va bene.

 

A prova dell'odierno rapporto fra polizia e assistenza, unificate nel Ministero dell'Interno si riportano alcuni articoli.

 

R.D. 18 giugno 1931, n. 773 - Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

Art. 154. E' vietato mendicare in luogo pubblico o aperto al pubblico. Le persone riconosciute dall'autorità locale di pubblica sicurezza inabili a qualsiasi proficuo lavoro e che non abbiano mezzi di sussistenza né parenti tenuti per legge agli alimenti e in condizione di poterli prestare sono proposte al prefetto, il quale ne dispone il ricovero in un istituto di beneficenza del luogo o di altro comune.

Per il rimborso delle spese di ricovero si applicano le norme stabilite per il domicilio di soccorso.

Quando il comune e le istituzioni pubbliche di assistenza o benefi­cenza del domicilio di soccorso non sono in condizioni di provvedere in tutto o in parte, le spese sono in tutto o in parte a carico dello stato.

Art. 155. I congiunti di un mendicante inabile al lavoro e privo di mezzi di sussistenza, tenuti per legge agli alimenti e, in condizione di poterli pre­stare, sono diffidati dall'autorità locale di pubblica sicurezza ad adempiere al loro obbligo.

Decorso il termine all'uopo stabilito nella diffida, l'inabile al lavoro è ammesso di diritto a beneficio del gratuito patrocinio per promuovere il giudizio per gli alimenti.

 

R.D. 6 maggio 1940, n. 635 - Approvazione del regolamento per l'esecuzione del t.u. 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza.

Art. 277. Sono considerati come inabili a qualsiasi lavoro proficuo i fanciulli che non hanno compiuto i dodici anni e le persone che, per infer­mità cronica o per gravi difetti fisici o intellettuali, non possono procac­ciarsi i mezzi di sussistenza.

Per i fanciulli in istato di abbandono materiale o morale si applicano le disposizioni delle leggi e dei regolamenti sulla protezione e l'assistenza della maternità e dell'infanzia, e sul funzionamento del tribunale dei mino­renni.

Art. 278. Ai fini di constatare la inabilità a qualsiasi lavoro proficuo, l'autorità di p.s. provvede a che la persona, che la deduce, sia visitata dall'ufficiale sanitario comunale.

Questi, nel termine di cinque giorni dalla richiesta, fa pervenire all'au­torità stessa la sua relazione.

Il termine può essere prorogato.

Art. 279. La persona riconosciuta inabile a qualsiasi lavoro, priva di mezzi di sussistenza e di parenti tenuti per legge agli alimenti e in grado di fornirli, è, dall'autorità di p.s., proposta agli istituiti di assistenza e bene­ficenza pubblica, esistenti nel comune, per il ricovero o per il soccorso a domicilio, in conformità degli statuti propri degli enti.

Ove non sia possibile provvedere con la pubblica beneficenza, l'auto­rità di p.s., richiesti al procuratore delle imposte e all'esattore dei comuni di origine, di domicilio e di dimora abituale dell'inabile e delle persone tenute per legge a somministrargli gli alimenti, i certificati da cui risulti che l'inabile e le persone obbligate per legge agli alimenti non sono iscritte nei ruoli dei contribuenti delle tasse erariali, provinciali o comunali, tra­smette la proposta di ricovero al prefetto.

Nel frattempo l'autorità di p.s. adotta i provvedimenti che, per l'ur­genza, potessero essere richiesti.

Art. 280. L'autorità locale di p.s. cura l'esecuzione dell'ordinanza di ricovero; ne trasmette copia al comune del domicilio di soccorso e all'isti­tuto interessato, e provvede all'accompagnamento dell'inabile.

Il prefetto trasmette copia dell'ordinanza all'intendenza di finanza.

Art. 281. Non si provvede al ricovero quando uno o più persone assu­mono per iscritto, in confronto dell'autorità di p.s., l'obbligo di provvedere all'assistenza dell'inabile, prestando, se richiesti, idonea cauzione.

Se la persona, a favore della quale l'obbligazione è stata assunta, è colta a mendicare, viene deferita all'autorità giudiziaria, ed, espiata la pena, viene inviata in un istituto di ricovero.

Le persone, che si sono assunte di provvedere alla sua assistenza, incorrono nella perdita della cauzione a favore dell'istituto ed a sgravio degli enti obbligati al mantenimento del ricovero.

Art. 282. Qualora l'inabile, di cui sia stato ordinato il ricovero, non intenda stabilirsi nell'istituto o se ne allontani arbitrariamente vi è accom­pagnato con la forza.

Art. 283. Gli enti obbligati al mantenimento del ricovero possono pro­muovere la revoca della ordinanza, quando per qualsiasi causa, vengano a mancare le condizioni nel concorso delle quali venne emessa l'ordinanza di ricovero.

Revocata l'ordinanza, si fa luogo al rilascio del ricoverato, diffidandolo che sarà provveduto contro di lui, a termini del codice penale, ove sia colto a mendicare.

Art. 284. La disposizione dell'art. 155 della legge si applica anche nel caso in cui l'inabile al lavoro o i congiunti di lui possono provvedere solo parzialmente alla spesa per il mantenimento.

Copia dell'atto di diffida è trasmessa al procuratore della Repubblica nel caso previsto dal secondo comma dell'art. 155 della legge.

 

 

(1) Vedasi l'articolo «Criterio unitario nell'assistenza» in I diritti dell'invalido civile, ottobre 1970, pag. 1 e 2.

(2) Riteniamo che ai ciechi, ai sordomuti, e agli invalidi civili non dovrebbero più essere erogati sussidi assistenziali, ma la pensione sociale, come avviene per gli ultrases­santacinquenni privi di risorse economiche, anche perchè, quando gli aventi diritto ai sus­sidi E.C.A, raggiungono i 65 anni, la competenza già oggi passa all'I.N.P.S. Si otterrebbe in tal modo non soltanto una razionalizzazione dei servizi, ma le prestazioni economiche a carattere permanente rientrerebbero nella sicurezza sociale.

 

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