Prospettive assistenziali, n. 11-12, luglio-dicembre 1970

 

 

ATTUALITÀ

 

IN MARGINE A UN ARTICOLO SULL'ADOZIONE

 

 

Fabio Fiorentino, sul n. 12/69 di Maternità e Infanzia, affrontando il problema dell'affida­mento preadottivo dei minori scrive:

 

«C'è gente che aspetta anni nelle liste di attesa (data la sproporzione fra genitori aspi­ranti all'adozione e insufficiente numero di bambini veramente adottabili) presso i tribu­nali e gente che ottiene i bambini in pochi mesi, né il Legislatore ha previsto criterio alcu­no per la graduatoria degli “abbinamenti” co­me invece si verifica per l'assegnazione delle case popolari) .

«La prassi giudiziaria ha supplito con la formulazione dei noti criteri dell'età più gio­vane, della certezza del lavoro, dell'istruzione degli adottanti (che lascia luogo peraltro ad alcune perplessità) ecc.

«La legge 431 è una legge fatta male. Se ad una riforma migliorativa si potesse arrivare bisognerebbe costituire liste di attesa con nu­merazione progressiva, pubblicamente consul­tabili dalle coppie di genitori che vi si fossero iscritti, garantendoli che saranno chiamati, al momento del loro turno, entro un tempo che dovrebbe essere prevedibile. L'esame compa­rativo fra più aspiranti all'adozione potrà es­sere poi in molti casi inevitabile, ma nella pur­ rara ipotesi di parità di condizioni dovrebbe essere preferito l'aspirante con più lungo tem­po di iscrizione».

 

Proporre per l'affidamento preadottivo dei criteri uguali a quelli «per l'assegnazione delle case popolari» è una concezione che potrebbe essere accettabile se i bambini fossero degli oggetti come lo sono gli alloggi.

Ma la proposta di Fabio Fiorentino sol­leva gravissime riserve, per non dire di più, poi­ché non tiene conto dell'elevato numero di bam­bini grandicelli o handicappati dichiarati in stato di adottabilità e non affidati specialmente a causa delle carenze dei servizi sociali, delle mo­tivazioni non sempre valide dei coniugi che ri­chiedono bambini in adozione e in particolare del fatto che l'esame comparativo fra più aspi­ranti all'adozione deve vertere soprattutto sulla idoneità ad educare (art. 314, 2 c.c.) e non solo «sui noti criteri dell'età giovane, della certezza del lavoro, dell'istruzione degli adottanti».

Vi è anche da osservare che l'Autore affer­ma che «i complessi compiti del servizio ado­zioni molto meglio sarebbero svolti da un appa­rato dell'Amministrazione attiva che non da un ufficio giudiziario. A prescindere dalla efficienza centrata sulla tempestività, il trattamento dei casi consistente nel trovare i genitori adatti al bambino e secondariamente il bambino adatto ai genitori, non è compito giurisdizionale (...) E' un tipico campo di applicazione delle tecniche del servizio sociale e quindi un Legislatore più avvertito e meno compromissorio lo avrebbe affidato agli unici professionisti che sono in gra­do di farlo: assistenti sociali come funzionari specializzati degli enti pubblici».

Mentre nessuno mette in dubbio le capacità degli assistenti sociali, anche se è noto che lo spazio di azione di quelli che sono «funzionari degli enti pubblici» è altamente condizionato dall'Amministrazione dell'ente, di chiara evi­denza è l'insufficienza dell'intervento di soli as­sistenti sociali.

Da anni, in tutti i numerosi convegni che si sono tenuti sull'adozione speciale, è stata rico­nosciuta l'insostituibile necessità del lavoro di équipes.

Non solo è stato inoltre messo in rilievo il pericolo, confermato dall'esperienza, del lavoro del singolo operatore, ma è stato pure accertato il danno di interventi esclusivamente tecnici delle équipes, donde la necessità che la comu­nità sia coinvolta direttamente.

Positive si sono dimostrate le esperienze in atto di gruppi composti da genitori adottivi, da aspiranti adottanti e da genitori non orientati verso l'adozione o preferibilmente contrari alla adozione.

Questi gruppi, animati da operatori sociali, giungono all'autoselezione e all'automaturazione senza che i componenti perdano la loro sponta­neità e autenticità. Anzi da questi gruppi matu­rano delle coppie che, dalla richiesta iniziale del bambino piccolo, sano, bello, intelligente, accolgono bambini grandicelli o handicappati e con disturbi più o meno gravi di carattere e di comportamento.

Quanto all'intervento della magistratura nell'affidamento preadottivo, non vediamo perchè questo non sia un compito giurisdizionale, a me­no che si voglia che la magistratura continui a svolgere solo compiti repressivi e non si orienti invece, specialmente quella minorile, a funzioni di tutela della persona, com'è, nel caso in esame, quello di ricercare la miglior famiglia possibile per ciascun bambino in situazione di abbandono.

Francesco Santanera

 

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