Prospettive assistenziali, n. 11-12, luglio-dicembre 1970

 

 

ATTUALITÀ

 

FORMALISMO GIURIDICO E DIRITTI DEI BAMBINI SOLI

 

 

LA STORA DI MONICA

 

La sezione per i minorenni della Corte di Appello di Milano ha disposto con decreto del 12 ottobre 1970 l'adozione tradizionale ai coniu­gi H. della minore Monica D., figlia di ignoti, nata i1 21 ottobre 1969, che era in affidamento preadot­tivo a scopo di adozione speciale presso un'altra famiglia, i coniugi G.

 

 

CERCHIAMO ORA DI CAPIRE PERCHÉ MONICA È DIVENTATA UN OGGETTO DA SBALLOTTARE DA UNA PARTE ALL'ALTRA.

 

1969 i coniugi G. ed i coniugi H. presentano domanda di adozione speciale al Tribunale per i minorenni di Milano. Per l'adozione speciale la differenza di età fra gli adottanti e il bambino deve essere inferiore ai 45 anni. I coniugi H., che hanno 45 e 48 anni, rifiutano di adottare un bambino di 4 anni.

21 ottobre 1969. Nasce la bambina Moni­ca D., figlia di ignoti. Viene ricoverata presso il brefotrofio di Trento.

Marzo 1970. La Provincia di Trento, senza alcuna autorizzazione del Tribunale per i minorenni di Trento, affida Monica ai coniugi H.

13 aprile 1970. I coniugi H. ritirano dal Tri­bunale per i minorenni di Milano la domanda di adozione speciale e presentano allo stesso Tri­bunale domanda di adozione tradizionale. (Che non tiene conto di differenza di età).

Il Tribunale per i minorenni di Milano toglie la bambina ai coniugi H. e la consegna ai coniugi G. (che hanno presentato, come abbiamo visto prima, domanda di adozione speciale).

Questa decisione del Tribunale per i mino­renni di Milano è da noi ritenuta valida, in quanto consentire anche una sola adozione tradizionale di bambini adottabili con adozione speciale signi­fica stabilire un principio applicabile per tutti i bambini e mettere nel nulla la tutela che la legge sull'adozione speciale garantisce a tutti i bambini abbandonati.

30 luglio 1970. A seguito di decisione della Sezione per i minorenni della Corte di Appello di Milano, che snatura completamente le finalità dell’adozione speciale, la bambina è tolta ai coniugi G. e ricoverata presso il brefotrofio di Trento. La decisione è stata presa su richiesta della Provincia di Trento e del tutore della bam­bina Sig. Luciano Piffer. Questa volta è il Tribu­nale per i minorenni di Trento che, come quello di Milano, decreta l'affidamento preadottivo a scopo di adozione speciale della bambina ai co­niugi G. Ma contro il decreto presentano subito ricorso la Provincia di Trento e il Signor Lucia­no Piffer.

Arriviamo così al 12 ottobre 1970. Con una decisione, che riteniamo disumana e presa in base al più astratto formalismo giuridico, la Se­zione per i minorenni della Corte di Appello di Milano pronuncia l'adozione tradizionale ai co­niugi H. della bambina Monica.

La bambina dovrebbe pertanto subire un nuovo trauma rompendo i legami affettivi che ha ormai stabilito con i coniugi G.

Ciò è potuto avvenire perchè con decreto del 13 luglio 1970 la sezione per i minorenni della Corte di Appello di Milano ha stabilito l'ammissibilità dell'adozione tradizionale per i bambini dichiarati o dichiarabili in stato di ab­bandono.

 

 

ADOZIONE TRADIZIONALE E ADOZIONE SPECIALE

 

Nella motivazione del decreto, dopo aver ricordato che contemporaneamente all'introdu­zione nel nostro ordinamento dell'adozione spe­ciale, vennero modificati alcuni articoli del co­dice concernenti l'adozione tradizionale, sta scritto: «Sarebbe in verità contrario ai principi della ermeneutica opinare che il legislatore, pur avendo tenuto presente il problema dei riflessi che l'introduzione dell'adozione speciale legitti­mamente avrebbe potuto avere su quella tradi­zionale, di quel problema abbia relegato gli aspetti più secondari e abbia tralasciato, all'op­posto, di provvedere a quello di maggior rilievo nonostante che esso involgeva - è opportuno sottolinearlo - la parziale abrogazione di una disciplina giuridica vigente».

La sezione per i minorenni della Corte di Appello di Milano è incorsa, secondo noi, in un grossolano errore.

E' infatti palmare che, dopo l'entrata in vi­gore della legge 5-6-67 n. 431, è ancora possi­bile adottare con adozione tradizionale i minori degli anni otto che non siano stati dichiarati o siano dichiarabili in stato di adottabilità.

La legge consente infatti che i genitori di un bambino di età inferiore agli anni otto consen­tano alla sua adozione tradizionale da parte di un parente o non parente con lo scopo, ad esem­pio, di renderlo erede del patrimonio dell'adot­tante.

E' questo un caso che comprova l'esatta affermazione fatta dal Ministro Reale nel dibat­tito parlamentare ai deputati che avevano chiesto i motivi per cui non era stata prevista la sop­pressione dell'adozione tradizionale. Il Ministro aveva affermato che l'adozione speciale «è una cosa profondamente diversa negli scopi, nella estensione, negli effetti dell'adozione ordinaria».

E' poi notorio che l'adozione speciale è ap­plicabile solo ai minori degli anni otto, per cui giustamente ha fatto il legislatore a non abro­gare l'adozione tradizionale (1).

I magistrati di Milano evidentemente legati ad una concezione astratta e formalista del di­ritto non hanno capito lo spirito e gli scopi della legge sull'adozione speciale poiché questa legge assicura ad ogni bambino di età inferiore agli anni 8 «privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti a provvedervi» il diritto soggettivo che il tribunale per i mino­renni:

- lo dichiari in stato di adottabilità:

- gli cerchi la famiglia che offra le mag­giori garanzie educative ed affettive;

- vigili sui buon andamento dell'affida­mento preadottivo;

- dichiari l'adozione speciale.

La legge sull'adozione speciale è stata ap­provata proprio perchè l'adozione tradizionale, il cui scopo è quello di consentire la trasmissione del nome e del patrimonio dell'adottante senza prole, non offriva, né offre nessuna garanzia per il bambino.

Per facilitare il lettore offriamo qui di segui­to un prospetto di raffronto su quelle che ci paiono le maggiori differenze fra:

 

l'adozione tradizionale

l'adozione speciale

L'adozione tradizionale ha lo scopo di con­sentire a chi è privo di prole di trasmetter il cognome e il patrimonio.

L'adozione speciale ha lo scopo esclusivo di dare una famiglia ai bambini che ne sono privi.

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Può adottare qualsiasi persona, sia essa congiunta, celibe, nubile o vedova.

Possono adottare soltanto i coniugi sposati da 5 anni, non separati neppure di fatto e che sono fisicamente e moralmente idonei ad edu­care ed istruire il minore.

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La persona che si intende adottare con ado­zione tradizionale può essere parente o non pa­rente, in stato di abbandono o circondata dall'af­fetto dei suoi genitori.

L'adozione speciale è consentita soltanto nei riguardi dei minori degli anni 8 privi di assi­stenza materiale e morale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi.

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L'adottante con adozione tradizionale deve avere un'età superiore ai 35 o ai 30 anni in casi eccezionali.

Pertanto anche un'ottantenne potrebbe adot­tare un bambino.

Per dare ai bambini dei genitori e non dei nonni è previsto che la differenza di età fra il bambino e i coniugi che intendono adottare con adozione speciale sia al massimo di 45 anni.

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Non possono adottare con adozione tradi­zionale le persone che hanno discendenti.

Possono adottare con adozione speciale i coniugi con o senza prole .

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Nulla viene fatto per accertare le capacità educative degli adottanti con adozione tradizio­nale.

La legge prescrive solo che l'adozione debba convenire all'adottando e ciò è sempre stato interpretato solo per quanto concerne l'aspetto economico.

Il Tribunale per i minorenni deve scegliere la famiglia che risponde meglio alle esigenze del bambino e deve vigilare sul buon andamento dell'affidamento preadottivo.

La selezione e preparazione dei coniugi adot­tanti è necessaria per evitare che il bambino venga affidato a coniugi inidonei.

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L'adottato con adozione tradizionale non mo­difica il suo status originario (legittimo, illegit­timo).

Con l'adozione tradizionale il bambino non stabilisce nessun rapporto di parentela con gli ascendenti e discendenti dell'adottante.

L'adottato non rompe i rapporti giuridici con la famiglia di origine.

Con l'adozione speciale l'adottato assume lo stato di figlio legittimo degli adottanti.

Con l'adozione speciale il bambino stabili­sce pieni rapporti di parentela con ascendenti e discendenti degli adottanti.

Con l'adozione speciale cessa ogni rapporto fra l'adottato e la famiglia di origine.

 

 

ADOZIONE TRADIZIONALE DI MONICA

 

Vediamo così chiaramente come sono asso­lutamente contrarie allo spirito della legge sull'adozione speciale le motivazioni del P.M. della sezione per i minorenni della Corte di Appello di Milano, Cons. Mario Lombardo, che non si oppose all'adozione tradizionale di Monica da parte dei coniugi H. (pur essendo la bambina in affidamento preadottivo presso altra famiglia, i coniugi G). Egli afferma infatti che «ritenuto che in questa sede il provvedimento deve essere preso considerando l'aspetto umano delle do­mande degli adulti, le legittime aspettative di costoro per essersi rivolti alle Autorità, e presu­mibilmente secondo l'intenzione del legislatore desumibile dall'interpretazione della legge 5-6-67 n. 431 l'interesse del minore che, paragonati i due istituiti giuridici, è favorevole alla minore l'adozione ordinaria, di attuazione più certa ed immediata, in quanto l'adozione speciale per essere dichiarata, ha bisogno di lungo tempo per il compimento della sua procedura, con il rischio che, mutando le condizioni soggettive e le situa­zioni giuridiche (ad es. la minore potrebbe es­sere riconsegnata a uno o entrambi i suoi geni­tori, ora sconosciuti; gli attuali affidatari po­trebbero sentirsi costretti in futuro essendo il carattere di questo tempo l'essere ignoto, a rinunciare alla domanda prima del provvedimen­to definitivo, per eventi ora imprevedibili da chiunque), la situazione attualmente favorevole, ricorrendo le condizioni legali soggettive degli attuali richiedenti nei profili morali, di capacità educativa, di disponibilità patrimoniale potrebbe essere definitivamente pregiudicata con solo danno evidente della minore».

 

 

LA SEZIONE DEI MINORI DELLA CORTE D'APPELLO DI MILANO CONTRO L'ADOZIONE SPECIALE

 

Non solo, come abbiamo ripetuto, noi cre­diamo che proprio così sia stato fatto il danno della minore, ma con questo decreto la sezione dei minori della Corte di Appello di Milano ha voluto colpire la legge di adozione con queste conseguenze:

Avendo stabilito l'ammissibilità dell'ado­zione tradizionale per i minori dichiarati o di­chiarabili in stato di adottabilità, la sezione per i minorenni della Corte di Appello di Milano, ha svuotato di ogni contenuto la legge sull'adozione speciale.

Infatti è stato ritenuto ammissibile che gli ufficiali dello stato civile, medici, ostetriche, istituti compiacenti, possano affidare i bambini abbandonati a qualsiasi persona singola o a co­niugi qualsiasi, anche i più incapaci. Al Tribu­nale per i minorenni non resta dunque altro da fare che legalizzare situazioni precostituite.

Vedremo così bambini adottati con adozione tradizionale dalle persone più incapaci sul pia­no educativo (l'art. 312 prescrive solamente che essi «godano di buona fama»!)

Vedremo favorito o incrementato il mercato dei bambini, già esteso specialmente nell'Italia centrale e meridionale (prezzo per ogni bambino da L. 300.00 a Roma a L. 1.500.000 a Palermo). Ma vi è di molto peggio! Coloro che inten­dono adottare con adozione tradizionale e che sono stati eliminati, tramite la selezione com­piuta dai servizi sociali, avendo fornito le loro richieste di adozione di motivazioni sballate - e sono molti -, non avranno d'ora innanzi altro da fare che reperire famiglie che hanno bambini in affidamento preadottivo e chiedere al Tribunale per i minorenni la pronunzia dell'adozione tradi­zionale, che non potrà essere mai negata poiché è pur vero che, come è stato riportato secondo il P.M. della Sezione Milanese, «l'adozione ordi­naria è di attuazione più certa ed immedia­ta» (2).

Non è superfluo ricordare che, avendo il legislatore stabilito che per l'adozione speciale la differenza di età fra adottante e adottando non deve essere superiore ai 45 anni, ha ricono­sciuto l'inidoneità assoluta dell'allevamento, edu­cazione e istruzione dei coniugi la cui differenza di età superi detto limite. Ma la sezione per i minorenni della Corte di Appello di Milano non si è fermata nemmeno dinanzi a questa previsione rispondente alle documentate conclusioni delle scienze psicologiche pedagogiche e agli stessi dati statistici (3), decidendo che questa inido­neità assoluta può essere superata, come se sui piano educativo ed affettivo i rapporti fra adot­tando e adottante fossero diversi a seconda del diverso rapporto adottivo!

Disinvoltamente la sezione per i minorenni della Corte di Appello di Milano ha pure stabi­lito di poter sorvolare sul fatto che la compe­tenza esclusiva in materia di adozione speciale è attribuita ai Tribunale per i minorenni del luo­go in cui si trova il minore; tutto il lavoro svolto dai Tribunale per i minorenni di Trento è stato infatti messo nel nulla con la pronunzia dell'ado­zione tradizionale ai coniugi H.

Altrettanto censurabile è il comportamento del tutore, Signor Luciano Piffer, e della Provin­cia di Trento che con uno zelo degno di miglior causa si sono battuti, utilizzando il pubblico denaro, purché la bambina non beneficiasse della adozione speciale e venisse adottata con adozione tradizionale.

 

 

ALCUNE OSSERVAZIONI DI CARATTERE GENERALE

 

Le decisioni disumane e antisociali della sezione per i minorenni della Corte di Appello di Milano ci portano a fare alcune osservazioni di carattere generale sul comportamento della magistratura nei confronti dei minori.

In primo luogo è notorio il disinteresse pres­soché totale dei giudici tutelari nei confronti della tutela educativa dei minori, mentre assidua attenzione è data alla tutela del loro patrimonio. Così come è da osservare che è rimasta lettera morta la circolare n. 1626/4085 del Mini­stero di Grazia e Giustizia inviata il 28 dicem­bre 1966 (dopo i fatti dei Celestini di Prato) ai primi presidenti delle Corti di Appello e ai pro­curatori generali della Repubblica che così si esprimeva: «Com'è noto alle SS.LL., in questi ultimi tempi, con preoccupante frequenza, la stampa ha dato notizia di gravi episodi di maltrattamenti inflitti ai giovani ospitati presso istituti assistenziali.

A prescindere dai provvedimenti di carat­tere penale che la competente autorità giudi­ziaria promuove a seguito di ciò, questo Mini­stero richiama l'attenzione delle SS.LL. affinché i giudici tutelari esplichino opportuni inter­venti di controllo e di protezione a favore dei minori accolti presso istituti e che siano affi­dati, ai sensi degli articoli 354 e 402 codice civile, ai poteri tutelari dell'ente ospitante».

Ugualmente ignorati sono stati gli esposti presentati ai competenti organi dell'Unione ita­liana per la promozione dei diritti del minore e dell'Associazione nazionale famiglie adottive nei confronti degli istituti di assistenza e dei giu­dici tutelari che non avevano provveduto a tra­smettere gli elenchi trimestrali di cui all'artico­lo 314/5 c.c. o a segnalare ai tribunali per i minorenni i minori in situazione di abbandono.

Inoltre nessuna notizia si ha degli esposti inviati alle Procure della Repubblica di Genova, Piacenza, Imperia, L'Aquila, La Spezia, Massa, Milano, Palermo, Parma, Perugia, Latina, Pavia. Forlì, Foggia, Ferrara, Cosenza, Catanzaro, Catania, Cagliari, Reggio Calabria, Livorno, Viterbo, Vicenza, Taranto, Siena, Savona, Sassari, Reggio Emilia, Ravenna, Pisa, Mantova a carico degli innumerevoli istituti di assistenza all'infanzia che incorrono nel reato di cui all'art. 665 del codice penale ricoverando minori pur essendo privi della autorizzazione a funzionare di cui all'art. 50 del r.d. 15 aprile 1926 n. 718, a carico dei funzionari dell'ONMI e delle Prefetture che, essendo a conoscenza di quanto sopra, non hanno provveduto a fare la prescritta segnala­zione all'autorità giudiziaria.

La conclusione è amara: nei confronti dei minori ricoverati in istituto o privi di assistenza da parte dei genitori molto spesso, troppo spes­so l'autorità giudiziaria non svolge gli inter­venti stabiliti dalle leggi.

Francesco Santanera

 

 

 

(1) Se, come prevede la Convenzione europea sull'adozione dei minori, il limite di età venisse portato a 18 anni, l'istituto dell'adozione tradizionale potrebbe sen­z'altro essere soppresso.

(2) Il P.M. non ha però valutato che l'attuazione «più certa ed immediata» è contro l'interesse del minore, che ha bisogno non solo di una famiglia qualsiasi ma di una famiglia educativamente ed effettivamente valida.

(3) Avendo i coniugi H. e cioè gli adottanti con ado­zione ordinaria 46 e 48 anni, si ricorda che «Lo studio della vita media ci porta a considerare che ben il 50% di coloro che a 50 anni adottano un minore di età pre­scolare non lo potranno seguire fino all'età di 23-28 anni (il dato varia appunto considerando l'età del minore da 1 a 5 anni), e quest'ultimo raggiungerà la maggiore età nel 50% dei casi orfano di padre o di madre adottivi, nel 25% dei casi orfano di entrambi i genitori e solo nel 25% dei casi li avrà ancora entrambi». V. Menichella e G. Fontana, Progetto di adozione forte per i minori in stato di abbandono, in Minerva Nipiologica, Vol. 5, settembre­-ottobre 1962, pag. 338.

 

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