Prospettive assistenziali, n. 5-6, gennaio-giugno 1969

 

 

STUDI E DOCUMENTAZIONI

 

LE CLASSI DI PERFEZIONAMENTO FRANCESI (*)

 

 

Già il Dottrens nel 1936 stabiliva un con­fronto tra due diversi tipi di istituzioni scola­stiche per insufficienti mentali: le scuole spe­ciali autonome e le classi speciali annesse alle scuole normali, le prime prevalenti nei paesi ger­manici, le seconde in alcuni paesi di lingua francese:

«Nei paesi germanici si è adottato il sistema di creare scuole speciali per fanciulli insuffi­cienti mentali; in Francia e nella Svizzera Ro­manza si è preferito creare invece classi spe­ciali, accolte nella medesima scuola accanto alle classi regolari. Se il primo sistema ha il vantaggio sicuro di permettere un migliore raggruppamento degli insufficienti nelle classi, basandosi sulle loro possibilità di sviluppo; il secondo ha il vantaggio di non allontanare trop­po questi fanciulli dalla loro abitazione, di non separarli dai loro amici e dai loro fratelli e so­relle, che sono i compagni abituali della loro vita e dei loro giuochi» (1).

In un recente studio di educazione compa­rata, a cura dell'UNESCO e del Bureau Inter­national d'Éducation (2), si segnala, fra l'altro, un'analoga tendenza, che in alcuni casi ci sem­bra riflettere una concezione socio-culturale e socio-pedagogica di base, ora più ora meno propensa all'accettazione e all'integrazione pre­coce e sistematica degli insufficienti mentali nell'ambiente più vicino a quello naturale, sociale, familiare, scolastico.

Nella direzione indicata dalle istituzioni francesi sono anche alcuni documenti interna­zionali, fra cui le «Raccomandazioni della XXIII Conferenza internazionale dell'istruzione pub­blica» rivolte ai Ministeri della P.I. dei diversi paesi (3). Al n. 15 così si legge:

«Dovrà essere evitata, per quanto possibile, la separazione completa del debilitato mentale sia dal proprio ambiente che da fanciulli più dotati di lui, senza tuttavia dar luogo a compe­tizioni con prove che porrebbero il minorato in stato di inferiorità; per questo è preferibile isti­tuire classi speciali in scuole di tipo normale».

La situazione italiana, benché non ancora de­finita giuridicamente in tutta chiarezza e com­pletezza, si va stabilizzando sulla distinzione fra scuole speciali autonome per veri insufficienti mentali e classi differenziali per alcuni «anor­mali temporanei dell'intelligenza e del caratte­re», per usare la definizione dell'Albertini. Ma è molto probabile che all'inizio del secolo, quan­do sorsero i due tipi di istituzione, ad opera ri­spettivamente, com'è noto, del De Santis e del Montesano, la loro diversità non fosse quella attuale, e che piuttosto le scuole speciali si ispirassero all’esempio tedesco e le classi dif­ferenziali all'esempio francese. Solo una ricerca storica accurata ci darebbe la prova di questa ipotesi, col grande vantaggio di contribuire a chiarire una situazione scolastica ancora piut­tosto confusa, e a orientare la scuola verso esperimenti moderni e la legislazione speciale, che si sta progettando, verso forme nuove di istituzioni. L'urgenza di studi ed esperimenti è sottolineata da esperti come il Busnelli (4); in due suoi recenti interventi, la scuola appare sempre più come uno dei settori primari per il ricupero dei disadattati e dei minorati, mentre i problemi connessi con questo ruolo della scuo­la sono ancora aperti, e la loro soluzione richie­de il contributo di studio e di ricerca di vari specialisti, in vista anche della promulgazione della legge sull'educazione speciale.

La questione particolare si allarga e investe naturalmente tutta la problematica dell'educa­zione speciale, a cui la scuola stessa e gli studi pedagogici devono portare il loro essenziale e insostituibile contributo. Si pensi soltanto a tre problemi, che si potrebbero definire tre antino­mie di base dell'educazione speciale: rieduca­zione clinica o rieducazione pedagogica? riedu­cazione in ambienti separati o in ambienti inte­granti e socializzanti con i soggetti normali? rieducazione in internati o in esternati in stretta collaborazione con la famiglia?

Uno studio più attento delle classi di perfe­zionamento francesi, nel loro funzionamento e nei loro programmi, ci sembra un contributo parziale ma notevole alla soluzione di questi problemi. Esse sono ancora poco note fra noi, mentre meritano tutta la nostra attenzione per la esemplarità di struttura, di funzionamento, di impostazione didattica particolarmente stimo­lanti.

I testi ufficiali, fonti di informazione di prima mano su queste classi, sono i seguenti:

1) P. MEZEIX (dir.), Les enfants inadaptés et l'école primaire, Cahiers de Pédadogie Mo­derne, Paris, Bourrelier, 1960 (IV ed.), pp. 192.

2) J. PETIT (dir.), Les enfants et les adolescents inadaptés et l'éducation nationale, Paris, Bourrelier, 1966, pp. 422.

Le due opere sono il frutto della collabora­zione di numerosi esperti: la prima diretta dall'Ispettrice generale delle classi e delle scuole di perfezionamento; la seconda, assai più vasta, tratta dei diversi tipi di istituzioni speciali e riporta la raccolta completa della legislazione francese in materia di educazione speciale.

La legge istitutiva delle classi di perfeziona­mento risale al 15 aprile 1909; all'articolo 1° po­ne una distinzione fondamentale:

«Su domanda dei comuni e dei dipartimenti, si possono creare per i bambini ritardati di ambedue i sessi:

1) Delle classi di perfezionamento annesse alle scuole elementari pubbliche.

2) Delle scuole autonome di perfezionamento che potranno comprendere un seminternato e un internato».

Dei due tipi di istituzioni, si sono sviluppate molto di più le classi di perfezionamento annes­se alle scuole elementari, che risultano oggi di gran lunga le più numerose: circa 3.700 al 1° gennaio 1964 (5).

Una recente circolare del 21 settembre 1965 (Modalità di scolarizzazione dei fanciulli disa­dattati) (6) conferma tale orientamento gene­rale, fissa alcune norme al riguardo ed estende gli stessi principi ai disadattati sensoriali e mo­tori (7):

«In primo luogo, le diverse categorie di fan­ciulli disadattati devono essere scolarizzate in condizioni il più possibile vicine a una situa­zione normale, evitando di separarli dal loro ambiente naturale, familiare e scolastico.

Il principio direttivo dello sforzo da compie­re è dunque la creazione di classi speciali ad esternato annesse alle istituzioni scolastiche ordinarie dei diversi livelli, in tutti i casi in cui la natura e le minorazioni dei fanciulli e la con­centrazione degli effettivi lo permettono».

Nel caso particolare dei fanciulli e degli ado­lescenti insufficienti mentali, si prescrive fra l'altro:

«Costruzione di nuove aule: nelle zone in via di urbanizzazione, le strutture previste saran­no completate dalla costruzione di due classi di perfezionamento a complemento di alcuni gruppi (plessi) nuovi di dieci classi primarie».

Gli allievi da ammettere alle classi di perfe­zionamento si distinguono in due categorie: in­sufficienti mentali e caratteriali. L'ammissione degli alunni insufficienti mentali è definita da due criteri pedagogici e psicoclinici: a) al li­mite inferiore: quoziente intellettuale 50 e un livello tale che il bambino possa apprendere i meccanismi della lettura e della scrittura; b) al limite superiore: quoziente intellettuale 75-80 e un livello tale che il bambino non possa se­guire, sia pure con un margine di indulgenza, il ritmo della scuola normale.

Circa i caratteriali, essi vengono accolti nella classe di perfezionamento quando le loro turbe di carattere sono associata a un ritardo intellet­tuale, e sono compatibili con 1a vita scolastica. Invece «bisogna opporsi a quella pratica, che si constata talora, che consiste nell'avviare alle classi di perfezionamento tutti i bambini insop­portabili di una scuola, anche quando il loro li­vello mentale è normale. I bambini difficili, d'in­telligenza media o normale, devono di massima, essere mantenuti nelle classi che corrispon­dono al loro livello d'istruzione e disseminati in qualche modo nella scuola, e se occorre provvedere per essi delle istituzioni speciali, meglio è avviarli a piccoli internati di tipo familiare» (8).

Dalle classi di perfezionamento sono da esclu­dere gli insufficienti mentali molto gravi, non scolarizzabili, e alcune categorie di bambini non ritardati che talora vi si incontrano, come i bambini stranieri, i ritardati pedagogici, i ritar­dati scolastici di intelligenza normale.

La selezione degli alunni è regolata da preci­se norme ministeriali, e comprende le seguenti fasi: la segnalazione dei bambini sospetti di insufficienza mentale o di turbe del carattere da parte della scuoia, gli esami medici e psico­logici da parte di una Commissione medico­pedagogica, che assicura inoltre la sua colla­borazione non solo prima dell'ammissione nella classe, ma anche durante tutto il corso della scolarità, con esami periodici e assistenza me­dico-psicologica, fino al momento dell'orienta­mento professionale.

Le classi di perfezionamento annesse alle scuole primarie presentano dei vantaggi incon­testabili per la maggioranza dei fanciulli disa­dattati. Secondo P. Mezeix, i vantaggi princi­pali sono i seguenti (9):

1) Questa classe non allontana i bambini che la frequentano, non li stigmatizza. Di solito le famiglie non si oppongono all'ingresso del loro bambino in questa classe, soprattutto quando essa è istituita nella scuola che egli già fre­quentava; essa è situata in prossimità della loro abitazione, il piccolo ritardato continua a recar­visi con i suoi fratelli e sorelle, e l'amor pro­prio dei genitori, spesso pronto a ridestarsi nel caso di un allontanamento in una scuola auto­noma - che ha per effetto di mettere in evi­denza l'anomalia - non può adombrarsi per un semplice trasferimento di classe. Anche nel caso meno favorevole d'un cambiamento di scuola, la loro suscettibilità può essere abba­stanza facilmente mitigata, poiché la classe in­tegrata in una scuola ordinaria è, riguardo al pubblico, «una classe come le altre».

2) Un secondo vantaggio per questi bambini è quello di vivere in contatto quotidiano con compagni normali. L'entrata e l'uscita da scuo­la, le ricreazioni sono comuni, come pure i pasti consumati nello stesso refettorio.

«Quando si decise l'apertura delle prime clas­si parigine di perfezionamento, si credette che fosse necessario isolare completamente le due categorie di bambini, e le scuole in cui si isti­tuirono furono scelte proprio in ragione delle favorevoli condizioni che esse presentavano a questo riguardo: un ingresso particolare, un cor­tile speciale. Si temeva che i piccoli ritardati fossero l'oggetto degli scherni da parte degli allievi meglio dotati; che la loro ingenuità di­ventasse lo zimbello della malignità di certi compagni; si temeva inoltre che i bambini nor­mali imitassero i tics degli anormali, che fos­sero suggestionati dall'esempio di certi carat­teriali, o vittime dei loro impulsi brutali; si ave­va timore che certe famiglie si inquietassero per quella che esse potevano considerare come una pericolosa promiscuità. Ma, quando le clas­si funzionarono, si poté constatare che queste inquietudini non erano fondate, e la barriera che si era voluta insormontabile si rivelò ben presto inutile. Infatti, bastò una vigilante sorveglianza per prevenire gli scherni degli uni, le reazioni antisociali degli altri: gli incidenti sono rarissimi. Ma vi è di più, se il personale dedica ai ritardati una sollecitudine particolare, è pos­sibile far nascere nei loro riguardi la simpatia degli altri bambini. E le relazioni che si stabiliscono tra gli uni e gli altri sono in definitiva utili a tutti. Avvicinando i bambini normali, i disadattati si socializzano: si abituano a entra­re in rapporto, come sarà ben necessario che così facciano più tardi all'infuori di ogni prote­zione, con esseri differenti da loro, meglio do­tati, meno inesperti, più vivaci e più ingegnosi nei loro giochi, dal comportamento difficilmente prevedibile. E quando un'atmosfera di compren­sione e di benevolenza è stata creata attorno ad essi nella scuola, si può vedere i loro com­pagni prendere in loro favore delle iniziative di aiuto reciproco che sono per i normali un eccellente mezzo di educazione morale».

3) Infine se la classe riceve soltanto alunni per i quali essa è destinata, cioè coloro che possono rimanere nella loro famiglia senza pe­ricolo, il suo più grande vantaggio sarà giusta­mente quello di essere una classe di esterni: i fanciulli che beneficiano dell'insegnamento speciale, rimanendo nell'ambiente di calore af­fettivo e di vita naturale che costituisce una famiglia sana, sono evidentemente nelle condi­zioni più favorevoli al loro sviluppo e al loro equilibrio. Più ancora degli altri bambini, infatti, il piccolo ritardato ha bisogno della sollecitu­dine e dell'affetto dei suoi genitori, e anche di tutte le stimolazioni che la vita familiare of­fre all'iniziativa e all'attività infantili.

Le scuole autonome di perfezionamento, il cui carattere originale è di continuare la scolarità al di là dei 14 anni e di dare insieme l'istruzione primaria e l'istruzione professionale, hanno sul­le classi di perfezionamento il vantaggio di una migliore organizzazione pedagogica. Ma presen­tano d'altra parte dei seri inconvenienti di or­dine pratico e di ordine morale. Un'unica scuo­la autonoma, in una città abbastanza importante per assicurare il suo funzionamento, è, per molti alunni, lontana dalla loro abitazione; essa im­pone loro dei lunghi tragitti, nel corso dei quali i piccoli ritardati o i caratteriali sono esposti a pericoli di ogni genere. Ma soprattutto la scuola autonoma rischia di porre sui bambini che la frequentano un'etichetta umiliante per essi, e che può ferire o inquietare la loro famiglia. Per cui, conclude P. Mezeix, «la ragion d'essere delle scuole autonome a esternato è quella di poter assistere i suoi allievi ai di là dei quat­tordici anni allo scopo di prepararli a un me­stiere. A mano a mano che si svilupperà, per gli adolescenti disadattati, la formazione pro­fessionale, prolungamento indispensabile dell'insegnamento speciale, certamente saremo in­dotti a creare in tutte le grandi città delle scuo­le autonome. Si potrà allora prospettare un'or­ganizzazione coordinata: delle classi di perfezio­namento continueranno a funzionare nelle scuole di quartiere, ma i loro allievi a quattordici anni, saranno riuniti in una scuola autonoma essen­zialmente costituita da classi professionali» (10) .

Un altro notevole vantaggio che le classi di perfezionamento vantano nei confronti delle no­stre istituzioni italiane, è quello di essere chia­ramente orientate, didatticamente, da un preciso programma ministeriale: il primo programma risale addirittura al 1909, l'anno stesso dell'istituzione di queste classi; recentemente nel 1964 è stato emanato un nuovo programma veramente esemplare. Si tratta del decreto del 12 agosto 1964 (Programmi e metodi di insegnamento nelle classi di perfezionamento che ac­colgono gli alunni insufficienti mentali), completato dal decreto del 26 ottobre 1965 (L'educa­zione fisica nelle classi di perfezionamento) (11).

In essi si illustrano i principi orientativi che devono guidare l'opera degli insegnanti e si danno concrete indicazioni metodologiche e didattiche; ai tradizionali principi di una didattica che si basa soprattutto sull'insegnamento con­creto, pratico, aderente alla vita, automatico e ripetitivo, si associano e in parte si sostitui­scono principi più moderni di riadattamento, di valorizzazione, di attivizzazione e di sviluppo delle latenti forze affettive e attive. Una parti­colare attenzione è rivolta all'educazione fisica, regolata appunto da un decreto specifico, ricca di indicazioni generali e di suggerimenti pra­tici. La presente traduzione è, fra l'altro, il frutto di un esperimento biennale di concreta applicazione in una scuola speciale torinese.

 

 

 

(*) A cura di P. Rollero, per gentile concessione della Riv. «Didattica integrativa, per l'educazione e l'insegna­mento speciale», La Scuola, Brescia (cfr. n. 2 - 3 - 4 - 5 - 6, 1967-68).

(1) R. DOTTRENS, Le progrès à l'école: sélection des élè­ves ou changement des méthodes?, Neuchâtel-Paris, De­lachaux et Niestlé, 1936 (trad. ital.: La Scuola Moderna. Nuovi metodi e tecniche fondamentali, Roma, A. Armando, 1965. III ed., p. 25).

(2) XXIII Conférence Internationale de l'Instruction Publi­que, L'organisation de l'enseignement spécial pour les débiles mentaux. Étude d'éducation comparée, UNESCO, Paris, Bureau International d'Education, Genève, 1960, pp. 26 ss.

(3) P.L. Dini, Classi differenziali e scuole speciali. Ordina­mento italiano e cenni di legislazione comparata, Roma, A. Armando, 1965, p. 102.

(4) C. Busnelli, Problemi della scuola dell'obbligo: scuole speciali e classi differenziali, in «Cultura e Scuola» 2 (1963), n. 7, pp. 163-169; Le classi differenziali nella scuola media unica, ibid., n. 8, pp. 170-175.

(5) In «Le Particulier», Guide de l'enfance et de la jeunes­se inadaptées, 1965, tome 3, p. 16.

(6) J. PETIT, Les enfants et les adolescents inadaptés...., pp. 392 ss.

(7) Anche da noi in Italia non mancano alcune esperienze e alcune indicazioni in questa stessa direzione. Si veda, fra gli altri, G. BOLLEA (Le pedagogie speciali nelle scuo­le elementari. Problematiche del «dépistage» e del trat­tamento dei disadattati, in «Annali della Pubblica Istru­zione», 1964 (II), 12-13, p. 290) che auspica «la creazione nello stesso complesso scolastico di qualche classe o plu­riclasse speciale per soggetti (epilettici, ambliopici, sor­dastri, paralisi cerebrale infantile, ecc.), che per evidenti ragioni non possono andare nella classe comune, ma che potranno così essere studiati e trattati adeguatamente e godere del grande vantaggio psicologico di appartenere al normale complesso scolastico di quartiere». In questa prospettiva, non rimane che compiere un passo, il più importantie (o il più difficile?), per far partecipare ad uguale diritto «al grande vantaggio psicologico di appar­tenere al normale complesso scolastico» anche gli in­sufficienti mentali, almeno quelli dello stesso livello degli alunni delle classi di perfezionamento francesi. Del resto, alcune esperienze in questa direzione sono in atto nella Provincia di Torino: cfr. Intervento di A. LUSSO al «Se­minario di Neuropsichiatria Infantile - Il Tema: Strutture e tecniche di lavoro nelle scuole speciali per insufficienti mentali», in «Infanzia Anormale», 1965, n. 61, pp. 57-59.

(8) P. MEZEIX, Les enfants inadaptés..., pp. 44-45.

(9) P. MEZEIX, Les enfants inadaptés..., pp. 58-59. Cfr. inoltre «Le Particulier» (cit.), p. 16; P. PARENT, C. GON­NET, Les écoliers inadaptés, Paris, P.U.F., 1965, pp. 77-78; G. AMADO, Les enfants difficiles. Observation et réadap­tation, Paris, P.U.F., 1955, pp. 142-145.

(10) P. MEZEIX, Les enfants inadaptés..., p. 68.

(11) J. PETIT, Les enfants et les adolescents inadaptés..., pp. 380-387; 403-405.

 

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