Prospettive assistenziali, n. 5-6, gennaio-giugno 1969

 

 

STUDI E DOCUMENTAZIONI

 

L'ASSISTENZA AI SUBNORMALI

 

Indagine campionaria condotta nel 1967 dalla Scuola di Servizio Sociale U.N.S.A.S. di Tori­no per conto dell'Unione Italiana per la Promozione dei Diritti del Minore.

 

 

 

1. OGGETTO DELL'INDAGINE

 

La presente inchiesta ha lo scopo di porre in luce, attra­verso una semplice esposizio­ne di fatti, una situazione sulla quale l'Unione Italiana per la Promozione dei Diritti del Mi­nore richiama l'attenzione delle autorità responsabili.

Fine peculiare di questa in­chiesta è soprattutto quello di esporre come gli assistiti vi­vano il loro problema assisten­ziale e fino a qual punto le pre­stazioni fornite dagli Enti as­sistenziali, notissime a tutti per la pubblicità che ne viene fatta e per la loro vantata effi­cacia, rispondano ai bisogni og­gettivi degli stati di bisogno. Vorremmo cioè far luce sulla esistenza o meno di un divario fra bisogno e prestazione assi­stenziale e sull'entità eventua­le di tale divario.

Confidiamo che, ad onta di una scontata indifferenza alle pene che non toccano chi non è colpito, gli organi competen­ti e l'opinione pubblica inizino a guardarsi intorno con sensi­bilità e responsabilità rinno­vate.

 

2. L'ASSISTENZA IN ITALIA

 

E' oggi un fatto strumentale, fonte di potere per chi l'ammi­nistra, di umiliazioni e disdoro per chi è, suo malgrado, co­stretto a ricorrervi. L'indiffe­renza del legislatore, l'inerzia parlamentare, così accentuata in questo settore della vita pub­blica, la piccolezza dei prov­vedimenti, l'inorganicità e la inefficacia di questi, la disper­sione delle competenze, la set­torialità e la settarietà di gran parte degli interventi, l'incapa­cità di autodifesa degli assisti­bili, sono fatti che oggi la stam­pa e quasi tutti i mezzi di co­municazione rendono noti, tal­volta con cruda durezza.

Le difficoltà amministrative, dovute alla carenza totale di leggi organiche e moderne (lo dicono gli amministratori; a tutti: agli assistiti, ai colleghi, ai superiori, al Governo, a sé stessi) possono giustificare un tale stato di cose?

 

3. I SUBNORMALI

 

Ieri, ma ancor oggi, sono «gli idioti, gli imbecilli, i cretini». Vecchie definizioni, che qual­che «luminare» dell'Universi­tà e della «cultura» italiana propone ancor oggi ad allievi e colleghi che, o non reagisco­no, o «lo lasciano dire».

Per noi, per le loro famiglie, soprattutto per loro stessi, so­no UOMINI, fratelli per chi cre­de, compagni, amici. Hanno a­vuto meno, ma possono essere aiutati validamente ad essere molto di più di quanto il loro stato lasci immaginare ad oc­chio profano: quello che ieri, ma non domani, era, è, ma non deve né dovrà essere, lo zim­bello dei vicini, la pena dei ge­nitori, la vergogna dei fratelli, la disperazione degli insegnan­ti o dei datori di lavoro, il tipi­co «animale da compassiona­re», lo «scemo del paese», è UOMO. Ha pari dignità alla no­stra, divide i diritti e i doveri della collettività, deve avere e dare; deve essere posto in con­dizione di dare.

Non è fatto insolito, usando i mezzi pubblici di trasporto in paesi europei che non siano l'Italia, vedere giovani ed uomi­ni maturi chiaramente denotan­ti livelli intellettivi inferiori al­la norma, che si dirigono, si­curi, indisturbati e per niente oggetto di morbosa curiosità, al loro posto di lavoro. Viaggia­no anche per un'ora o due al giorno, cambiano mezzo di tra­sporto, eseguono lavori norma­li, ricevono salari normali.

 

4. ALCUNI ASPETTI DI UNA INDAGINE

 

Abbiamo avuto con i nostri mezzi 90 indirizzi relativi alla abitazione di soggetti subnor­mali residenti a Torino: le au­torità che li conoscono non era­no disposte a fornirli. Il fatto ci ha rattristati perché se per­fino gli Enti, esseri impersonali e fantomatici, si vergognano della realtà delle minorazioni, figuriamoci le famiglie dei mi­norati ed i minorati stessi!

La allieve della Scuola sono state accolte con garbo e gen­tilezza, hanno potuto chiedere, hanno soprattutto ascoltato: fiumi di parole, lamentele e ri­mostranze, accuse vaghe o cir­costanziate.

Abbiamo avuto sotto gli oc­chi per un certo periodo di tem­po una realtà dura, talvolta mo­struosa: incomprensione e fred­dezza, egoismo ed ingiustizia dominano proprio là dove i mi­gliori sentimenti umani dovreb­bero essere accampati perma­nentemente.

Abbiamo raccolto qualche dato numerico, controvoglia, perché la realtà dei numeri è piatta, non rispecchia quanto di umano vi è nella situazione che traduce e rappresenta. Ventitrè degli 87 nuclei inter­vistati hanno un solo figlio poi­ché il primo parto ha condotto alla vita un essere non norma­le, venuto alla luce in tali con­dizioni senza che alcuna plau­sibile ragione lo avesse lascia­to o lo lasci intravedere. Tal­volta la diagnosi è anche assai chiara, ma raramente la realtà viene accettata dai genitori. Scorrendo le inchieste familia­ri è facile accorgersi che i ge­nitori sono i primi a non voler intendere. Ma chi può ragione­volmente condannarli quando sappiamo tutti che oggi, in Italia, si fa così poco per questi fanciulli? E quando sappiamo anche che quei genitori, ogni qual volta si rivolgono ad Enti assistenziali, ricevono risposte così mal date, talvolta false, quasi mai chiare e responsa­bili?

 

5. PER UNA CONCLUSIONE POSITIVA

 

E' propria delle cose umane la poca perfezione, ma è pecu­liare dell'uomo la capacità di intendere e di volere conse­guentemente. L'inchiesta nel suo complesso non vuol esse­re un'esposizione fine a se stessa, bensì una serie di dati che possono consentire una diagnosi in base alla quale le volontà siano mosse ad opera­re secondo ragione affinché sia­no approntate tutte le misure idonee a ristabilire lo stato na­turale della dignità umana.

 

TAB. 1 - DATI STATISTICI

 

Nuclei familiari intervistati

87

Soggetti subnormali considerati nell'inchiesta

93

Numero medio dei componenti i nuclei familiari intervistati

4,3

Incidenza media dei subnormali nei nuclei intervistati

1,07

Nuclei familiari comprendenti più di un minorato

8

Nuclei con un solo figlio (subnormali figli unici)

23

Famiglie che hanno rifiutato di essere intervistate

3

 

TAB. 2 - CONDIZIONE SOCIO-ECONOMICA FAMILIARE

IN RELAZIONE ALLA POSIZIONE PROFESSIONALE DEL CAPO FAMIGLIA

Posizione professionale

%

Operai

33

38,0

Impiegati - salariati

17

19,0

Liberi professionisti

6

7,0

Commercianti

10

12,0

Imprenditori

1

1,1

Pensionati

7

8,0

Disoccupati

4

4,5

 

TAB. 3 - INCOMPLETEZZA DEI NUCLEI FAMILIARI IN RELAZIONE A:

 

%

Morte del padre

6

7,0

Separazione giuridica o di fatto tra i genitori

3

3,4

TOTALE

87

100

 

TAB. 4 - SUBNORMALI PER CLASSI D'ETA'

Età

%

0-5

2

2,3

6-10

20

23,0

11-15

31

35,7

16-20

23

26,4

21 - oltre

11

12,6

TOTALE

87

100

 

TAB. 5 - DATI RELATIVI ALL’INSUFFICIENZA MENTALE

Quoziente intellettivo

%

1-29

2

2,3

30-40

7

8,0

50-69

22

25,2

70-89

3

3,5

IGNOTO ALLA FAMIGLIA (a)

44

50,5

Non voluti comunicare nel corso dell’intervista

9

10,5

TOTALE

87

100

(a) Sono stati considerati «ignoti alla famiglia» i quozienti intellettivi dei sog­getti le famiglie dei quali non hanno mai ricevuto alcun documento scritto re­lativo all'esito delle visite e degli esami psicodiagnostici nonché quei pochi soggetti le cui famiglie hanno consegnato ad Enti assistenziali od all'autorità scolastica l’esito degli esami suddetti; di questi esami le famiglie non ricor­dano che brani insignificanti, chiaramente deformati dalla loro visione della minorazione dei figli.

 

TAB. 6 - ENTI E PERSONE CHE HANNO ACCERTATO

L’INSUFFICIENZA MENTALE

Enti e persone

casi esaminati

%

O.N.M.I.

38

44

S.P.M.S. (Amm. Prov.)

42

49

E.N.P.M.F.

1

1

Servizi Mutualistici

17

19

Specialisti privati (Pedopsichiatri) (a)

17

19

Altri specialisti (Pediatri, Psichiatri, Neurologi, Psicologi, ecc.) (a)

44

50

(a) Gli specialisti hanno sempre accertato l'insufficienza mentale come «sin­goli», non come «équipe», anche nel caso in cui l'accertamento è stato ef­fettuato presso consultori medico-pedagogici: non risulta infatti, su nessun documento, la firma di più di uno specialista o la menzione dell'équipe.

 

TAB. 7 - FORME DI INTERVENTO DELLE QUALI HANNO FRUITO I SUBNORMALI

Intervento mediante

%

Insegnamento privato a cura della famiglia

18

20,7

Insegnamento speciale in scuole pubbliche o montessoriane

56

64,3

Ricovero in Istituto ass.le a carattere generico

50

57,5

Ricovero in Istituto ass.le a carattere medico-pedagogico (a)

10

11,5

(a) Non risulta, dal testo delle interviste, che gli Istituti Medico-Pedagogici nei quali sono stati ospitati i 20 casi siano veramente da considerare come tali poiché privi delle caratteristiche tipiche di tali istituti (direzione collegiale, servizi riabilitativi speciali, strutturazione organica dei servizi medici e peda­gogici ecc.).

 

 

6. LE INTERVISTE FAMILIARI

 

E' noto a tutti che l'insuffi­cienza mentale è ufficialmente classificata, quasi da ogni par­te, nel novero delle malattie mentali, anche se criteri nuovi di classificazione stanno cer­cando di dare nuovi indirizzi in materia. Allo stato attuale del­le cose, tuttavia, tale classifi­cazione è assai penosa sia per le famiglie, sia per i minorati stessi. Le interviste hanno messo in luce che le famiglie sono quasi tutte dominate da un complesso di colpa nei con­fronti di questi soqgetti e che cercano di sfuggirlo nei modi più impensati e secondo siste­mi indiretti: qualcuno nega che il figlio sia subnormale, altri dicono di «non sapere con cer­tezza», altri ancora minimizza­no in vario modo il deficit in­tellettivo, alcuni sottolineano gli eventuali disturbi del carat­tere e si richiamano a quelli per affermare che il figlio «è cattivo, fa confondere, non ob­bedisce, non vuol imparare».

Quasi nessuno vuol parlare dell'eziologia morbosa per il vecchio timore che si attribui­scano alle famiglie tare atavi­che, pericoli latenti e chissà quali altri sortilegi nefasti. In tutti è chiaro e vivissimo il ti­more del giudizio negativo in­controllabile, il sentimento di «vergogna» per questa «di­sgrazia» che li ha così dura­mente colpiti. Questo della «vergogna» è uno dei motivi dominanti di tutta l'inchiesta: figli celati in casa, fatti igno­rare a parenti ed amici, isolati dai coetanei, privi di amici, mantenuti sotto la protezione diretta e vigile dei familiari più stretti. Giovani e adulti dall'a­spetto imbambolato, attaccati alle gonne materne che alla vi­ta, ignari del mondo esterno, con un loro tipo di aggressività indirizzata più verso se stessi che verso l'ambiente, nevrotiz­zati talvolta fino all'ipertrofia, caratteropatici irreversibili. I genitori dal canto loro sono quasi sempre esauriti per lo sforzo di mantenere incanalata una situazione che fin dagli ini­zi è stata mal interpretata, per la quale non sono state adot­tate le soluzioni idonee.

 

7.

 

Le assistenti sociali tiroci­nanti sono state travolte da questi genitori che, pur non rendendosi conto con sufficien­te chiarezza delle loro difficol­tà a livello motivazionale, sen­tono che «così non va», che la misera esistenza di questi loro figli è troppo spesso le­gata all'alea della loro durata in vita od all'assistenza assicu­rata da fratelli comprensivi, sempre che vi siano. Quando si sono trovati di fronte delle giovani comprensive, venute per conoscere, per ascoltare, per documentare una situazio­ne, si sono aperti in un modo talvolta patologico, espressio­ne di tutte le foro difficoltà, di amarezze represse che durano da tempo, hanno detto «tutto», un tutto amaro, nel quale si mischiano i fatti ed i sentimenti, il ricordo di ingiustizie patite, di errori educativi, o me­no, la speranza mai sopita di una soluzione miracolosa, la delusione e la frustrazione di tanti sforzi quotidiani che non approdano a nessun risultato positivo durevole.

 

8.

 

Il comportamento dei genito­ri è rilevante sotto due aspet­ti: quando si indirizza all’iper­protezione e quando cade nell'iperesigenza. Va detto che, purtroppo per i fanciulli mino­rati, pochi genitori conoscono il giusto equilibrio fra questi due atteggiamenti educativi e che raramente essi possono essere accusati per gli errori che commettono. Se infatti è dif­ficile il compito educativo di chi tratta con figli normali, tan­to più arduo è quello di chi ha la responsabilità diretta della educazione di un minorato, edu­cazione che procede secondo metodi e tecniche affatto pecu­liari che devono essere appresi ex novo e che sono applicabili soltanto con grande discerni­mento e cautela. Abbiamo riscontrato alcuni casi estremi, che vanno dal genitore iperesi­gente che ha imposto a suon di botte una certa condotta, a quello che si lascia totalmente tiranneggiare dai figli, ma la stragrande maggioranza dei ca­si è rappresentata dalle situa­zioni intermedie, da quelle cioè nelle quali l'atteggiamento educativo è mutevole e vario, di­scontinuo ed alterno.

 

9.

 

Abbiamo riscontrato, in tutti i casi, che sono state adottate soluzioni educative difformi, al­ternate senza alcun criterio di­rettivo valido, cosicché il fan­ciullo è stato letteralmente sballottato da un'istituzione all'altra ed ha ricevuto direttive raramente consone alle sue ne­cessità soggettive di persona. Il difetto più grande, che abbia­mo riscontrato nei criteri edu­cativi messi in opera dalle famiglie e dalle istituzioni, è in­fatti soprattutto quello di im­partire direttive uniformi per tutti, che non tengano conto delle differenze intersoggetti­ve e dei bisogni dei singoli che non si accordano coi criteri e­ducativi familiari.

Mentre molti Paesi europei hanno preso coscienza della necessità di integrare l'opera edu­cativa scolastica con una pre­parazione adeguata dei genitori ai compiti particolari che li at­tendono, il nostro paese non è ancora giunto alla soglia degli interventi sociali organizzati.

 

10.

 

Come le tabelle dimostrano, le diagnosi sono da considerarsi incomplete quasi in tutti i casi, non fosse che per l'assenza di un pedagogista nel lavoro dia­gnostico e per la mancanza di finalizzazione del lavoro stesso che può, di volta in volta, es­sere ignorato totalmente o mal applicato, disconosciuto o di­sprezzato. Mancano, in quasi tutte le diagnosi, gli accerta­menti di carattere sociale che, soli, possono dare un quadro della portata delle minorazio­ni nel contesto nel quale si ve­rificano; mancano le diagnosi sociali, i consigli sociali e gli interventi in questo settore. La famiglia è lasciata a se stessa appena abbia varcato l'uscita di un consultorio qualsiasi: i consigli si limitano quasi esclu­sivamente a sottolineare la ne­cessità di un ricovero o la fre­quenza di una scuola speciale. E pare che nessuno si renda conto che in tal modo si ignora l'ostacolo più grosso, non si affronta il problema essenzia­le: quello dell'inserimento po­sitivo assicurato attraverso la formazione di una persona che può essere adibita a mansioni lavorative a partire da quelle normali fino a quelle speciali o protette. Ogni riconoscimen­to delle difficoltà connesse all'impostazione di tale soluzio­ne è superfluo e, proprio per questo, tali difficoltà dovreb­bero essere affrontate organi­camente e con deciso vigore.

Finché infatti si opera secon­do i criteri attuali, si fa poco più che impegnare male som­me considerevoli e personale prezioso, si delude la logica a­spettativa di migliaia di per­sone.

 

11.

 

Sono questi i motivi domi­nanti di tante proteste e di in­finite lamentele: i subnormali restano tali anche dopo la fre­quenza di corsi speciali scola­stici poiché non riescono a tro­vare un inserimento lavorativo, perchè non sono preparati a nessuna occupazione. Le esi­genze culturali di un soggetto normale, le necessità educati­ve, tutte le forme di insegna­mento ai vari livelli, non sono che il completamento ed il per­fezionamento di una personali­tà di per sé positiva, potenzial­mente capace di adeguamento alla società. Questo non è pur­troppo valido per i subnormali, anche se oggi viene considera­to tale. Saper leggere e scrive­re, anche se essenziale, assie­me al saper «fare di conto», è una sovrastruttura sociale, non una condizione di base. E finché non si capirà questo, non ci saranno soluzioni valide e durature in questo settore e saranno giustificate le lagnan­ze dei genitori che vedono i lo­ro figli destinati a dipendere per tutta la vita da organizza­zioni assistenziali che assisto­no sì, ma con limiti tali da far dubitare che si tratti di assi­stenza. Ed a maggior ragione saranno giustificate le ansie e le preoccupazioni di chi non ri­ceve nessuna assistenza né di­retta né indiretta e non vede altre soluzioni che non sia la morte, data contemporanea­mente a sé e ai figli subnor­mali. La cronaca stessa dimo­stra che tali eventi negativi si possono a volte riscontrare.

 

12.

 

L'inchiesta ha dimostrato (v. tab. n. 7) che i criteri assisten­ziali sono ancora molto lontani dall'essere accettabili se, su 154 interventi, ben 50 sono rap­presentati da un ricovero in isti­tuto a carattere generico, non specializzato per l'assistenza ai subnormali: ciò, anche se vo­gliamo guardare al solo aspet­to medico della soluzione è come dire che dei tbc specifici sono stati inviati in un ospe­dale qualsiasi non specializ­zato!

Un altro dato che, numericamente nullo, non è stato ripor­tato nella tabella è questo: nes­suno dei 34 soggetti di età su­periore ai 16 anni, lavora od è riuscito a trovare un'attività la­vorativa anche per brevissimo tempo.

Di fronte a tale situazione, come si può ancora parlare di recupero, intendendo con que­sto termine il fatto che il soggetto vien portato al punto di conoscere alcune nozioni sco­lastiche? Ben altro, molto di più deve essere fatto!

 

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