Prospettive assistenziali, n. 3-4, luglio-dicembre 1968

 

 

PROPOSTE DI LEGGE

 

SONO STATE PRESENTATE ALLA CAMERA DEI DEPUTATI LE TRE PROPOSTE DI LEGGE CHE RIPRODUCIAMO SIA PER LA LORO ATTINENZA CON L'ADOZIONE SPECIALE SIA PER SOLLECITARE LA DISCUSSIONE E L'APPROVAZIONE

 

 

PROPOSTA DI LEGGE N. 210 d'iniziativa dei Deputati MUS­SA IVALDI VERCELLI e MACCHIAVELLI PRESENTATA IL 18 LUGLIO 1968

 

MODIFICHE ALLA LEGGE ISTITUTIVA DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI E ALLE RELATIVE NORME DI ATTUAZIONE

 

ONOREVOLI COLLEGHI! - L'attuale disastrosa situazione dei tribunali e delle procure per i minorenni, messa in partico­lare evidenza dall'entrata in vi­gore della legge sull'adozione speciale e dalla sua scarsissi­ma applicazione, esige da par­te del legislatore interventi immediati che non possono es­sere dilazionati in attesa di ri­forme globali.

Provvedimenti urgenti sono stati richiesti dal Consiglio su­periore della magistratura (Pri­ma commissione, seduta del 27 febbraio 1968), dal Procuratore generale della Corte suprema di cassazione nel discorso per l'inaugurazione dell'anno giudi­ziario 1968, dall'Unione italiana dei giudici per i minori, da ma­gistrati del tribunale e della procura per i minorenni, e an­che da operatori sociali e da larghi strati dell'opinione pub­blica.

Gli studi scientifici condotti in Italia e all'estero sulle con­seguenze delle carenze di cure familiari hanno messo in evi­denza che esse colpiscono il bambino fin dall'età di tre-sei mesi. Le conseguenze negative intellettuale, morale, sociale e sullo sviluppo fisico, psichico, spirituale dei bambini ricove­rati anche in ottimi istituti so­no anche direttamente propor­zionali alla durata delle carenze di cure familiari e del ricovero. Gli esperti sono concordi nell'affermare che il bambino per potersi sviluppare in modo nor­male deve trovare una situazio­ne stabile a partire dal terzo-se­sto mese di vita.

Per i bambini, la cui situazio­ne di privazione di cure familia­ri si verifica nel corsa dell'in­fanzia o della fanciullezza, la scienza dimostra la necessità di intervenire al più presto pos­sibile per dare loro una siste­mazione familiare stabile. In definitiva qualsiasi ritardo è pregiudizievole alla salute fi­sica e psichica dei bambini e dei fanciulli.

Più volte i mezzi di informa­zione, con l'intervento anche di magistrati, hanno messo in rilievo che i tribunali per i mi­norenni e le relative procure non sono in grado di svolgere con la dovuta celerità le funzio­ni loro affidate dalla legge 5 giugno 1967, n. 431. Anche la legge 12 marzo 1968, n. 181, pur avendo migliorato la situa­zione in alcuni tribunali e pro­cure, non ha certamente risolto il problema. Tanto più che detta legge viene applicata solo nei riguardi dei magistrati nomina­ti dal Consiglio superiore della magistratura e non nei confron­ti di quelli applicati. Questa interpretazione è ad esempio data dalla Procura generale del­la Repubblica presso la Corte di appello di Torino. Si tenga presente che molto spesso i Procuratori generali della Re­pubblica non procedono a tra­smettere al Consiglio superio­re della magistratura la propo­sta di nomina dei magistrati da assegnare al tribunale o al­la Procura per i minorenni (ad esempio la Procura della Re­pubblica per i minorenni di Torino è da cinque anni priva di titolare e nessuna proposta di nomina è stata avanzata).

In tal modo la legge 12 mar­zo 1968, n. 181, è resa del tutto inoperante.

E' noto inoltre che l'Italia, a differenza di altri stati europei ed extra-europei, non ha un corpo di giudici minorili spe­cializzati come la realtà socia­le ed anche l'opinione pubbli­ca ormai richiedono. D'altra parte, poiché il disadattamento minorile è la fonte della asocia­lità e della delinquenza, di fon­damentale importanza sono le attività di prevenzione del tri­bunale per i minorenni.

Queste attività tuttavia esi­gono da parte dei magistrati una preparazione particolare poiché, fra l'altro, le manifesta­zioni dei minori non possono essere valutate con lo stesso metodo con cui sono conside­rati gli adulti ed i provvedimen­ti relativi devono essere presi soprattutto in vista della situa­zione del minore e tenendo conto (in vista dell'adozione delle misure più appropriate) della anamnesi personale e fa­miliare del minore stesso, del suo livello intellettuale, delle capacità educative dei genito­ri, dell'ambiente familiare e so­ciale in cui ha vissuto e vive, delle strutture assistenziali e­sistenti, della loro funzionalità, ecc. Alla particolare prepara­zione del giudice minorile (per cui è stata prevista l'esclusio­ne degli uditori giudiziari) si aggiunge la necessità che il tribunale e la procura dei mi­norenni agiscano con tempesti­vità. Si rileva a questo propo­sito come spesso, ad esempio, vengano attuati dalla famiglia o da istituti di assistenza ed an­che da privati interventi sui mi­nori (sovente inadeguati) a causa della loro incapacità fun­zionale di intervenire pronta­mente.

Si può affermare che le atti­vità del tribunale e della procu­ra per i minorenni sono tanto più vaste quanto detti organi esistono realmente sul piano concreto.

Ad esempio le domande di adozione speciale sono di gran lunga superiori nei tribunali per i minorenni più attivi; al­trettanto dicasi per le richie­ste di decadenza della patria potestà e per i provvedimenti di cui all'articolo 333 del codi­ce civile, ecc.

La funzionalità dei tribunali e delle procure per i minoren­ni può essere assicurata solo dalla presenza di un numero sufficiente di magistrati. Per questo motivo e nella conside­razione di assicurare. una conti­nuità nel lavoro anche durante il periodo feriale o in caso di malattia o di trasferimento è stata redatta la presente pro­posta di legge.

Considerata la necessità che il tribunale e la procura per i minorenni possano intervenire prontamente e che pertanto gli organici possano essere ade­guati alle necessità con la pro­cedura la più rapida possibile, si è ritenuto preferibile stabili­re il numero «minimo» dei ma­gistrati ivi addetti.

Al fine poi di evitare l'attuale deleterio avvicendamento dei presidenti dei tribunali per i minorenni e dei capi dell'ufficio del pubblico ministero (dovuto soprattutto alle scarse possibi­lità di carriera) è stato previsto che il tribunale per i minorenni possa essere presieduto da un Consigliere di cassazione e che capo della procura possa esse­re un sostituto Procuratore ge­nerale di cassazione.

Per le stesse finalità è stato inserito l'ultimo comma dell'ar­ticolo 3. Il lavoro dei magistrati addetti al tribunale e alla pro­cura per i minorenni è forte­mente impegnativo non solo sul piano professionale ma è anche frustrante sul piano per­sonale. Sia per riconoscere questo fatto, sia al fine di crea­re le condizioni per rendere continua la permanenza dei giu­dici al tribunale e alla procura per i minorenni (ottenendo in tal modo la loro specializzazio­ne) si propone l'incentivo di cui al quinto comma dell'arti­colo 3.

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

Art. 1.

L'articolo 2 del regio decre­to-legge 20 luglio 1934, n. 1404, modificato dalla legge 27 di­cembre 1956, n. 1441, è sosti­tuito dal seguente:

«In ogni sede di Corte d'ap­pello, o di sezione di Corte d'appello, è istituito il tribuna­le per i minorenni composto da un magistrato di Cassazione o di Corte d'appello, che lo pre­siede, da un magistrato di tri­bunale o da due cittadini, di cui una donna, scelti fra i cul­tori di assistenza sociale, di pedagogia, di psicologia, di neuropsichiatria infantile, di psichiatria, che abbiano com­piuto il trentesimo anno di età e non ne superino il sessante­simo.

Il numero di magistrati to­gati addetti al tribunale per i minorenni non può essere in­feriore a quattro».

 

Art. 2

Il primo comma dell'articolo 4 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, è sostitui­to dai seguenti:

«Presso il tribunale per i mi­norenni è istituito un ufficio au­tonomo del pubblico ministero con a capo un magistrato aven­te grado di Sostituto procurato­re generale di Corte di appello. Il numero dei magistrati ad­detti all'ufficio del pubblico mi­nistero non può essere inferio­re a due».

 

Art. 3.

L'articolo 1 del regio decre­to-legge 20 settembre 1934, n. 1579, modificato dalla legge 12 marzo 1968, n. 181, è sostituito dal .seguente:

«I magistrati addetti o appli­cati ai tribunali o alle procure per i minorenni non possono esercitare le loro funzioni pres­so altri uffici giudiziari.

I magistrati che compongono le sezioni di Corte d'appello per i minorenni possono esse­re assegnati anche ad altra se­zione civile o penale per eser­citare le funzioni del proprio grado.

I magistrati del tribunale e della procura per i minorenni non possono essere trasferiti se prima non si è provveduto alla loro sostituzione e alla pre­sa di possesso dell'incarico da parte dei nuovi magistrati.

Gli uditori non possono esse­re assegnati con funzioni giudi­ziarie ai tribunali e alle procure per i minorenni.

Agli effetti della promozione a Consigliere od a Sostituto procuratore generale di Corte d'appello gli anni di anzianità necessari sono decurtati di uno per ogni quattro anni di per­manenza ininterrotta presso il tribunale o la procura per i mi­norenni.

Ai magistrati che da almeno quattro anni ricoprono le fun­zioni di presidente del tribuna­le per i minorenni o di capo dell'ufficio della procura per i mi­norenni non è richiesta la pre­sentazione di titoli agli scrutini per la promozione rispettiva­mente a Consigliere di Cassa­zione e a Sostituto procuratore generale di Cassazione».

 

 

PROPOSTA DI LEGGE N. 211 d'iniziativa dei Deputati MUS­SA IVALDI VERCELLI e MACCHIAVELLI

Presentata il 18 luglio 1968

 

INTEGRAZIONE DELL'ARTICO­LO 344 DEL CODICE CIVILE CONCERNENTE IL GIUDICE TUTELARE

 

ONOREVOLI COLLEGHI! - La legge 5 giugno 1967, n. 431, sull'adozione speciale ha demandato ai giudici tutelari com­piti di primaria importanza e in particolare il reperimento dei bambini privi di assistenza materiale e morale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi. Compete infatti ai giudici tutelari di:

trasmettere al tribunale per i minorenni gli atti, con la rela­zione informativa, sulle condi­zioni di ogni minore segnalato ai sensi del 2° comma dell'ar­ticolo 314/5;

esaminare gli elenchi trime­strali dei minori ricoverati o assistiti presso le istituzioni pubbliche o private di protezio­ne o assistenza all'infanzia (3° comma dell'articolo 314/5). Si osservi che i giudici tutelari, al fine di poter riferire, specifi­candone i motivi, al tribunale per i minorenni «sulle condi­zioni di quelli fra i ricoverati o assistiti che risultano in situa­zioni di abbandono» debbono assumere informazioni su tutti i minori ricoverati o assistiti;

effettuare, nel caso che il tribunale per i minorenni glieli affidi, i periodici accertamenti di cui all'articolo 314/8;

provvedere agli incombenti relativi alle tutele aperte a se­guito delle nomine di tutori di­sposte dal tribunale per i mi­norenni ai sensi dell'articolo 314/16;

vigilare, nel caso il tribunale per i minorenni gli affidi que­sto compito, sul buon anda­mento dell'affidamento prea­dottivo (articolo 314/20);

esprimere, in tutti i casi, il proprio giudizio prima della di­chiarazione di adozione spe­ciale (articolo 314/24).

Questi delicati e gravosi compiti si aggiungono a quelli affidati ai giudici tutelari dalle altre norme del codice civile.

In particolare si osserva che, a causa anche della scarsità di organici, i giudici tutelari hanno finora esercitato la so­printendenza delle tutele affi­date a persone fisiche e dei poteri tutelari affidati a enti e istituti di assistenza (articoli 354 e 402 codice civile) solo li­mitatamente, salvo casi raris­simi, agli aspetti patrimoniali.

Ora è notorio che le cure materiali, affettive ed educati­ve hanno un'importanza deci­siva nello sviluppo fisico, psi­chico, intellettuale, morale e sociale del bambino. E' pure scientificamente accertato che le carenze affettive ed educati­ve costituiscono il fattore prin­cipale se non esclusivo dell'a­socialità, della prostituzione e della delinquenza.

I giudici tutelari dovrebbero quindi soprintendere a che i tutori, gli enti e gli istituti di assistenza svolgano adeguata­mente le loro funzioni tutorie.

A questo riguardo è signifi­cativo osservare che è rimasta praticamente lettera morta la circolare n. 1626/4085 inviata in data 28 dicembre 1966 dal Ministero di grazia e giustizia, Direzione generale per gli isti­tuti. di prevenzione e di pena, ai primi presidenti delle corti d'appello e, per conoscenza, ai procuratori generali della Re­pubblica presso le corti di ap­pello che così si esprimeva: «Com'è noto alle SS.LL., in questi ultimi tempi, con preoc­cupante frequenza, la stampa ha dato notizia di gravi episo­di di maltrattamenti inflitti ai giovani ospitati presso istituti assistenziali.

«A prescindere dai provve­dimenti di carattere penale che la competente autorità giudi­ziaria promuove a seguito di ciò, questo Ministero richiama l'attenzione delle SS.LL, affin­ché i giudici tutelari esplichino opportuni interventi di control­lo e di protezione a favore dei minori accolti presso detti isti­tuti e che siano affidati, ai sen­si degli articoli 354 e 402 co­dice civile, ai poteri tutelari dell'ente ospitante».

Si rileva inoltre che dai dati statistici tratti dall'annuario dell'assistenza e della previ­denza sociale (Istat, vol. XIV, 1965) risulta che al 31 dicem­bre 1964 vi erano:

79.190 minori assistiti dai bre­fotrofi;

106.819 minori orfani ricovera­ti;

92.881 minori poveri o abban­donati ricoverati.

Alla stessa data, altre mi­gliaia di minori erano ricoverati negli istituti per handicappati fisici, psichici o sensoriali.

Da quanto risulta dall'Annua­rio di statistiche giudiziarie (Istat, vol. XIV, 1964) all'inizio del 1964 erano pendenti 73.747 tutele e 10.324 curatele.

Oltre che delicato e di pri­mordiale importanza per i mi­nori e la stessa società, enor­me è il lavoro che i giudici tutelari dovrebbero svolgere.

E' dunque necessario e ur­gente provvedere affinché es­si abbiano il tempo materiale per svolgere le loro funzioni.

Nella considerazione che nel­la città capoluogo di provincia non solo hanno sede il maggior numero di enti e di istituti di assistenza ma vi è anche il maggior numero di abitanti, la presente proposta di legge ten­de a risolvere il problema, per quanto concerne i giudici tute­lari, prevedendo che quelli de­stinati agli uffici delle tutele delle preture aventi sede nei capoluoghi di provincia non possono svolgere le loro fun­zioni presso altri uffici giudi­ziari.

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

Articolo Unico

All'articolo 344 del codice civile è aggiunto il seguente comma:

«I magistrati che esercitano le funzioni di giudici tutelari presso le preture aventi sede nelle città capoluogo di pro­vincia non possono svolgere incarichi presso altri uffici giu­diziari».

 

 

PROPOSTA DI LEGGE d'iniziativa dei Deputati BODRATO, FOSCHI, FRACANZA­NI, GIORDANO

Presentata il 25 luglio 1968

 

MODIFICAZIONI ALL'ARTICO­LO 75 DEL REGIO DECRETO 9 LUGLIO 1939, N. 1238, SULL'ORDINAMENTO DELLO STA­TO CIVILE

 

ONOREVOLI COLLEGHI! - L'articolo 314/2 del codice ci­vile precisa che:

«L'adozione speciale è per­messa ai coniugi uniti in ma­trimonio da almeno cinque an­ni tra i quali non sussiste se­parazione personale neppure di fatto e che sono fisicamente e moralmente idonei ad educare, istruire ed in grado di mante­nere i minori che intendono adottare.

L'età degli adottanti deve su­perare di almeno venti anni e di non più di quarantacinque l'età dell'adottando».

Questa norma è stata stabilita dal legislatore al fine di dare ai bambini che ne sono privi una famiglia fisicamente e moralmente idonea e con normali capacità economiche. Per quanto concerne la diffe­renza di età fra adottando e ciascun adottante il legislato­re ha giustamente previsto una inidoneità assoluta quando an­che uno solo dei coniugi abbia superato la differenza di età di 45 anni.

Tutte queste norme, ivi com­presa quella di consentire l'a­dozione speciale solo ai coniu­gi uniti in matrimonio da alme­no cinque anni e non separati neppure di fatto, attuano pie­namente la finalità dell'istituto giuridico dell'adozione specia­le (dare una famiglia ai bam­bini che ne sono privi) e rispondono all'interesse premi­nente del minore, principio più volte richiamato dalla legge n. 431 del 1967.

Fin dal momento dell'entra­ta in vigore della legge sull'a­dozione speciale (7 luglio 1967), le persone, coniugate o meno, che non rispondevano ai requisiti di cui all' articolo 314/2 del codice civile, si sono adoperate per ottenere bambi­ni in affidamento.

E' accaduto ed avviene che queste persone, constatata la impossibilità di avere figli in affidamento dai tribunali per i minorenni, si siano rivolte e si rivolgano agli ufficiali dello sta­to civile per ottenere la conse­gna di figli di ignoti ai sensi delle formule 42 e 119 del de­creto ministeriale 7 luglio 1958.

Ciò costituisce grave pregiu­dizio per i bambini in quanto l'ufficiale dello stato civile è nell'assoluta impossibilità giu­ridica e pratica di accertare la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 314/2 del codice ci­vile.

D'altra parte il tribunale per i minorenni, quando esamina la situazione del minore al fine della dichiarazione dello stato di adottabilità (e ciò avviene molto spesso a distanza di me­si) si trova nel dilemma di ac­cettare la sistemazione fami­liare del minore anche se essa non soddisfa le esigenze del bambino o provocare agli affi­datari e soprattutto al minore un grave trauma psichico im­ponendo il rispetto della legge e quindi l'allontanamento del minore dagli affidatari non in possesso dei requisiti previsti dalla legge sull'adozione spe­ciale.

A questo riguardo si osserva che se gravi sono gli effetti della carenza di cure familiari, deleterie sono le conseguenze della separazione.

D'altra parte è assurdo che di fronte a migliaia di richieste di adozione speciale da parte di coniugi validi si verifichino dei casi (purtroppo numerosi) di bambini figli di ignoti affida­ti alla cieca a coniugi o perso­ne non in grado di poter proce­dere all'adozione speciale.

E' parimenti assurdo che i tribunali per i minorenni siano messi di fronte a situazioni di fatto che limitano l'autonomia delle loro decisioni.

E' infine inconcepibile che bambini adottabili con adozione speciale vengano adottati con adozione tradizionale, o affilia­ti o restino in semplice affida­mento a causa di situazioni di fatto precostituite e che si pos­sono evitare.

Mentre confidiamo che gli o­norevoli colleghi vorranno da­re la loro approvazione alla pre­sente proposta di legge, sen­tiamo il dovere di richiamare all'attenzione del Ministro di grazia e giustizia la necessità di modificare le formule conte­nute nel decreto ministeriale del 7 luglio 1958, del Ministe­ro di grazia e giustizia al punto n. 42 sopprimendo le parole «al caso figlio di genitori non cono­sciuti che si consegna al di­chiarante», nonché al punto 119 sopprimendo le parole «o che si affida a persona».

Queste modifiche sono ne­cessarie al fine di evitare che questa proposta, una volta di­venuta legge, venga a trovare degli ostacoli sul piano della sua pratica applicazione con la sopravvivenza di formule non più adeguate.

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

Articolo unico.

L'articolo 75 del regio decre­to 9 luglio 1939, n. 1238, è so­stituito dal seguente:

«Chiunque trova un bambi­no deve farne la consegna all'ufficiale dello stato civile con le vesti e gli altri oggetti e contrassegni rinvenuti presso il bambino stesso; deve inoltre dichiarare tutte le circostanze di tempo e di luogo in cui il rinvenimento è avvenuto.

Della consegna si redige nel registro di nascita processo verbale circostanziato, nel qua­le si devono in ogni caso enun­ciare l'età apparente e il sesso del bambino, il nome e cogno­me che gli sono imposti e l'i­stituto a cui esso è consegna­to.

I bambini trovati e quelli de­nunciati come nati da genitori ignoti possono essere affidati solo ai servizi di assistenza dell'amministrazione provincia­le del luogo in cui il bambino è stato trovato o è nato.

L'ufficiale dello stato civile procede, entro dieci giorni dal­la formazione dell'atto, alla se­gnalazione di cui all'articolo 314/5 del codice civile».

 

www.fondazionepromozionesociale.it