Prospettive assistenziali, n. 3-4, luglio-dicembre 1968

 

 

NON SIAMO I SOLI A DIRLO

 

 

ADOZIONE E RESPONSABILITA' DELLA MAGISTRATURA

 

Sulla magistratura, a nostro avviso, ricade la responsabilità principale se a distanza di ol­tre 34 anni, e cioè, da quando fu varata la legge sui Tribunali Minorenni non esiste un orga­nico, né un corpo specializzato di giudici minorili, né un giu­dice con funzione sociale e ca­pace di comprendere la realtà in cui opera, e in particolare aperto ai problemi della fami­glia e dei minori.

Tale affermazione può sem­brare grave e inusitata ma se i giudici tutelari e i giudici mi­norili (su cui poggia oggi e giustamente la nuova legge) non esistono, o sono scelti a caso, o non hanno quella pre­parazione sociologica e psico­logica necessaria ciò deriva ed è derivato dal fatto che essi non esercitano con esclusione delle altre attività quella fun­zione, e che nell'ambito della magistratura tutta la materia non è considerata o é relegata come un compito secondario, o addirittura demandata a can­cellieri o infine non è valutata ai fini della carriera. Alcuni magistrati anche in recenti in­terviste, hanno accusato il po­tere politico (leggasi intervi­sta del Presidente D'Orsi di Milano al Corriere della Sera) ma a nostro avviso la causa è più profonda e va ricercata proprio in quella formazione del giudi­ce che in Italia è diventato or­mai mitologico e cioè l'esper­to del diritto, il relatore di im­portanti questioni patrimoniali, e il ricercatore di eleganti que­stioni di diritto. Un giudice cioè distaccato dalle parti e ben di­verso da quello di cui hanno bi­sogno la legge sull'adozione speciale e il codice civile in materia di famiglia, di patria potestà, di rieducazione dei mi­nori. Le voci di rinnovamento uscite dalla magistratura sono rimaste purtroppo spesso pla­toniche, e anche la recente leg­ge che semplifica la nomina di consigliere di Corte d'Appello non ha eliminato questa pro­fonda difettosità di base. Il ma­gistrato in genere emette sen­tenze e non si interessa del risultato. Il magistrato minorile invece completa la norma di carattere generale (stato di abbandono, minore privo di as­sistenza, coniugi idonei ecc.) non con argomenti tecnico giu­ridici ma mutuando dalla real­tà che lo circonda gli apprez­zamenti e i suoi giudizi. Inoltre il magistrato minorile segue tutta la vicenda umana sino al suo esaurirsi e non può pre­scindere dal risultato concreto delle sue decisioni. Orbene, quando si lamentano certe de­ficienze dell'organico del Tri­bunale Minorenni o addirittura il mancato potenziamento dei Giudici Tutelari non bisogna dimenticare che questo settore è stato dimenticato e trascu­rato per molti anni da chi ave­va la responsabilità di metter­vi persone idonee ed efficien­ti (1).

E' di tutti i giorni d'altra par­te lo stato di inferiorità con cui agisce il magistrato addetto a questa materia nei confronti del magistrato ordinario che, abituato a un altro tipo di at­tività, non riesce a compren­dere la sottigliezza del lavoro e la sua delicatezza. In questo settore d'altra parte l'Italia è uno dei Paesi meno agguerriti d'Europa e basterebbe fare un confronto con la vicina Francia per rendersi conto che i giudi­ci minorili sono continuamente formati ed informati da corsi specializzati, subiscono una se­lezione personale, e formano un vero e proprio corpo di ri­cambio ben preparato ed effi­ciente. Ecco perchè noi dicia­mo che certe leggi vanno te­nute in vita perchè non restino lettera morta e che la pressio­ne dell'opinione pubblica che oggi vediamo ad ogni piè so­spinto, va ritenuta come uno dei fenomeni più vitali e più operanti. Tutta la nostra legi­slazione è costellata da tenta­tivi innovatori non portati a compimento e stando proprio nell'argomento è doveroso ri­cordare che già il legislatore nel 1934 aveva previsto un cor­po specializzato di magistrati minorili che non si verificò mai; che il legislatore nel 1942 abo­lendo i vecchi consigli di fa­miglia istituì i Giudici Tutelari con la intenzione che diven­tasse un magistrato specializ­zato per tutti gli affari riguar­danti i minori, e anche ciò di­venne lettera morta.

Le leggi furono fatte quindi, ma non furono portate a com­pimento con norme rigide di attuazione, e furono affidate al­lo spirito di iniziativa della ma­gistratura, che per ragioni con­nesse alla sua struttura, alla sua forma mentis, e alla sua carriera, trascurò invece que­sti settori fondamentali della vita pubblica considerandoli una attività uguale alle altre o addirittura non valorizzandola nel suo proprio ambito.

Abbiamo parlato di opinione pubblica, e abbiamo parlato di pressione di gruppi perchè la legge sia attuata. Ormai non c'è pubblicazione che non porti come titolo in grassetto la pa­rola «adozioni difficili» oppu­re «la legge non funziona» op­pure «perchè in Italia 30.000 bambini sono senza mamma?» (Arianna, maggio 1968) oppu­re: «Vuoi un bambino? prendi questo» (Rivista «Tempo», 16 aprile 1968), a proposito di un presunto errato metodo di fare incontrare i genitori con i bam­bini.

Indubbiamente molte criti­che non in-quadrano il proble­ma nella sua organicità e spes­so sono il frutto di impressioni un po' frettolose, ma resta il fatto che il problema esiste nella sua integrità e che gli or­gani responsabili devono af­frontarlo con impegno. Gli ar­ticoli e le critiche spesso non si pongono il problema che le tante deficienze che questa leg­ge ha sollevato non sono che «scoppi ritardati» di voci, di esigenze e di riforme accanto­nate per anni.

 

ITALO CIVIDALI, Giudice del Tribunale per i minorenni di Bologna, L'adozione speciale, in Medicina e Società, n. 8, marzo-aprile 1968, pp. 125 e 126.

 

 

(1) E' doveroso ricordare che in vari discorsi inaugurali dei Procura­tori generali, e del Procuratore Ge­nerale di Cassazione, si è richiamata l'importanza di questa branca giu­diziaria con forte risalto.

 

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