Prospettive assistenziali, n. 3-4, luglio-dicembre 1968

 

 

CONVENZIONI INTERNAZIONALI

 

CHI AVEVA RAGIONE SULLA INTERPRETAZIONE DELLA CONVENZIONE RELATIVA AL RICONOSCIMENTO DELLA FILIAZIONE MATERNA DEI FIGLI NATURALI? (1)

 

 

Senza discussione, il Parla­mento ha autorizzato il Presi­dente della Repubblica ad ade­rire alla Convenzione relativa al riconoscimento della filiazio­ne materna dei figli naturali, redatta a Bruxelles il 12 set­tembre 1962 dalla Commissio­ne internazionale dello stato civile.

Nel corso dell'esame del di­segno di legge governativo, una vivace polemica sull'inter­pretazione della Convenzione sorse fra: da una parte i Mini­steri degli affari esteri e di grazia e giustizia, e dall'altra parte l'Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affilianti (2).

Con una prima nota del 9 no­vembre 1963 inviata al Presi­dente del Consiglio, ai Ministri ed ai Senatori interessati, l'As­sociazione sosteneva: «la di­sposizione essenziale di questa Convenzione stabilisce che in tutti i Paesi firmatari, fra cui l'Italia, la semplice dichiarazio­ne fatta dalla madre o da un terzo qualsiasi e trascritta sull'atto di nascita, stabilisce un legame giuridico di filiazione fra il figlio naturale e la per­sona indicata come madre, pre­scindendo da ogni manifesta­zione di volontà, anche contra­ria, di quest'ultima».

Nella stessa nota, l'Associa­zione comunicava la seguente «Risoluzione di protesta del Comitato internazionale d'inte­sa delle associazioni di fami­glie adottive».

 

 

IL COMITATO INTERNAZIONA­LE D'INTESA DELLE ASSOCIA­ZIONI DI FAMIGLIE ADOTTIVE

 

«Avendo preso conoscenza della firma di una “Convention relative a l'établissement de la filiation maternelle des enfants naturels”, elaborata dalla Com­missione internazionale dello stato civile;

considerato che l'entrata in vigore di questa Convenzione stabilirebbe un legame giuridi­co di filiazione, con tutte le conseguenze che interessano sia lo “status” civile sia la nazionalità fra un figlio natura­le e la persona indicata come sua madre, al di fuori di qual­siasi volontà di quest'ultima;

considerato che l'introduzio­ne di questa disposizione mo­dificherebbe profondamente la situazione dei figli naturali nei paesi che fino ad oggi subor­dinano la formazione di ogni legame giuridico fra il figlio na­turale e la madre ad un ricono­scimento esplicito di quest'ul­tima;

considerato che la creazio­ne, sulla sola dichiarazione di terze persone, di un legame. giuridico fra il figlio naturale e una donna che non vuole as­sumere nei suoi confronti re­sponsabilità alcuna, compro­metterebbe, per un grandissi­mo numero di bambini, la pos­sibilità di trovare una famiglia adottiva, paralizzando l'opera dei servizi che si occupano della protezione dell'infanzia abbandonata, e che questa mi­sura aumenterebbe il già gran numero dei bambini di fatto abbandonati, ma praticamente inadottabili;

attira l'attenzione sull'effetto tragico sul piano umano, fami­liare e sociale che avrebbe l'introduzione di questa Conven­zione in molti paesi;

 

INDIRIZZA UN APPELLO AN­SIOSO E URGENTE

 

1) ai Governi, di lasciare sen­za seguito la “Convention re­lative l'établissement de la fi­liation maternelle des enfants naturels”;

2) ai Parlamentari, di respin­gere la Convenzione che arre­ca un danno così grave ed evi­dente alla salvaguardia dell'in­fanzia abbandonata;

3) fa appello inoltre a tutti i servizi pubblici e privati che si occupano della protezione dell'infanzia abbandonata, di unir­si d'urgenza e con energia a questa protesta per impedire che l'irreparabile venga fatto.

Lussemburgo, 2.11.1963

L'interpretazione data dalla Associazione alla Convenzione di Bruxelles trovava conferma nel «Projet de loi» n. 798 pre­sentato in data 29 gennaio 1964 dal Governo francese all'As­semblea Nazionale.

Nella relazione allegata il Governo francese affermava:

«Questa disposizione (art. 1 della Convenzione) costituisce una profonda innovazione nel sistema francese delle prove della filiazione naturale. In ef­fetti le legislazioni di numero­si paesi vicini al nostro non fanno distinzioni, per quanto concerne le forme delle prove ammesse per stabilire la filia­zione materna, fra il figlio le­gittimo e il figlio naturale, men­tre questa distinzione è neces­sariamente imposta dalla pro­va della filiazione paterna a causa dell'assenza del matri­monio. Queste legislazioni con­sentono che la prova della fi­liazione materna sia data dall'atto di nascita, nei casi in cui questo documento indichi il no­me della madre. Il sistema sta­bilito dal Codice civile del 1804 è diverso poiché esso esige un atto distinto dall'atto di na­scita.

Detti atti possono essere concomitanti ma devono ema­nare dalla madre stessa; si tratta del «riconoscimento». In mancanza, il fanciullo ha so­lo la possibilità di ottenere il riconoscimento della sua filia­zione per mezzo di una senten­za (...). La Convenzione del 12 settembre segna la fine di que­sta concezione e l'accettazio­ne della prima soluzione pro­posta, che sembra preferibile. In effetti, quando il cognome della madre è indicato nell'atto di nascita di un figlio naturale, questa indicazione è general­mente esatta (...). Appare ne­cessario stabilire nel Codice civile che l'atto di nascita con­tenente la indicazione della madre stabilisce d'ora innanzi la filiazione».

Il Governo francese, nel ci­tato progetto di legge, propo­neva all'Assemblea Nazionale di essere autorizzato a ratifica­re la Convenzione e chiedere inoltre la modifica dell'art. 344 del codice civile con l'aggiunta della seguente frase: «L'atto di nascita contenente l'indica­zione del cognome della madre ha ali stessi effetti di un rico­noscimento da parte sua».

Alla Commissione affari e­steri del Senato ed ai Ministe­ri degli esteri e di grazia e giu­stizia, l'Associazione Famiglie Adottive comunicava l'interpre­tazione data dal Governo fran­cese e chiedeva che fossero resi pubblici i verbali delle riu­nioni tenute dalla Commissio­ne internazionale dello stato ci­vile che aveva redatto la con­venzione di Bruxelles, al fine che il Parlamento potesse esa­minare il disegno di legge con piena conoscenza dei fatti.

A quest'ultima richiesta non venne mai data alcuna rispo­sta; per contro il relatore del disegno di legge allegò alla re­lazione della III Commissione permanente della Camera l'ap­punto del Ministero di grazia e giustizia, ufficio VII, che ri­portiamo integralmente:

«In un esposto dell'Associa­zione Nazionale Famiglie Adot­tive ed affilianti (v. all.) - con riferimento anche ad una pre­cedente nota sull'argomento - viene sostenuta l'opportunità che il Parlamento non proceda alla ratifica della Convenzione indicata in oggetto. assumen­dosi che la stessa sarebbe in contrasto con le norme che re­golano la specifica materia nel nostro ordinamento e rende­rebbe , pertanto, necessaria una profonda modificazione della disciplina vigente.

In particolare, l'esposto in questione si riferisce alla di­sposizione dell'art. 1 della Con­venzione predetta, secondo cui «quando una persona è de­signata nell'atto di nascita di un figlio naturale come madre di quest'ultimo, la filiazione materna é stabilita da tale de­signazione. Questa filiazione può tuttavia essere contesta­ta».

Secondo la cennata Associa­zione, la quale si appoggia e fa proprie le reazioni verifica­tesi in un ordinamento giuridi­co diverso dal nostro (quello francese), la predetta disposi­zione andrebbe interpretata nel senso che «la semplice dichia­razione fatta dalla madre o da un terzo qualsiasi e trascritta sull'atto di nascita stabilisce un legame giuridico di filiazio­ne tra il figlio naturale e la persona indicata come madre, pre­scindendo da ogni manifesta­zione di volontà, anche contra­ria. di quest'ultima».

Si fa presente, al riguardo, che detta Convenzione, riguar­dante unicamente la rilevanza giuridica della designazione della madre contenuta nell'atto di nascita, non concerne la for­mazione dell'atto stesso, cui restano ovviamente applicabili le singole legislazioni naziona­li, e che, pertanto, la relativa ratifica da parte del Parlamen­to non comporterà alcuna mo­dificazione né al Codice civile né al vigente ordinamento del­lo stato civile italiano.

Basta ricordare, in materia, che a norma dell'art. 254 c.c., l'indicazione della madre nell'atto di nascita importa rico­noscimento del figlio naturale. L'art. 73 del cennato ordina­mento dello stato civile, inol­tre, prescrive che nell'atto di nascita di un figlio illegittimo le enunciazioni relative alla pa­ternità e maternità debbono es­sere fatte soltanto per il ge­nitore o per i genitori che per­sonalmente rendano la dichia­razione di nascita o che hanno fatto constare per atto pubbli­co del proprio consenso ad es­sere nominati.

Completamente infondate - o originate da erronee infor­mazioni - debbono, pertanto, considerarsi le affermazioni contenuta nell'esposto di cui trattasi: le norme della Con­venzione, innovatrici per l'ordi­namento francese, sono perfet­tamente conformi alla legisla­zione italiana vigente».

L'Associazione replicava con la seguente nota del 2 gennaio 1967:

«Preso atto della relazione dell'On.le Di Primio e dell'ap­punto (allegato alla relazione stessa) redatto dall'Ufficio VII del Ministero di Grazia e Giu­stizia, l'Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affilianti:

1) conferma la validità degli esposti precedenti e riafferma che le disposizioni della pre­detta Convenzione sono in net­to contrasto con le norme che regolano la materia del nostro ordinamento. Infatti la dispo­sizione dell'art. 1° della Con­venzione va interpretata nel senso che: «la semplice dichiarazione fatta dalla madre o da un terzo qualsiasi e tra­scritta sull'atto di nascita sta­bilisce un legame giuridico di filiazione con il figlio naturale e la persona indicata come ma­dre, prescindendo da ogni ma­nifestazione, anche contraria, di quest'ultima»;

2) osserva ancora una volta che tale interpretazione è sta­ta data da tutti i firmatari (ap­punto per tale motivo la con­venzione non è stata firmata, a quanto ci risulta, dai rappre­sentanti dell'Austria, della Grecia e del Lussemburgo e for­tissime reazioni si sono scate­nate in Francia quando il Go­verno ha presentato il disegno di legge per la ratifica) e in particolare dal Governo france­se;

3) richiama l'attenzione sul fatto che, in materia di ricono­scimento di figli naturali, le norme vigenti negli ordinamen­ti italiano e francese sono i­dentiche. Infatti l'art. 334 del codice civile francese stabili­sce che: «La reconnaissance d'un enfant naturel sera faite par un acte autentique, lorsque elle ne l'aura pas été dans son acte de naissance». Ora tale disposizione, contrariamente a quanto ha affermato nell'appun­to l'Ufficio VII del Ministero di Grazia e Giustizia, è sostanzialmente uguale a quella dell'ar­ticolo 254 del codice civile ita­liano!

Ciò premesso e considerata l'importanza del problema (an­cora maggiore oggi a seguito dell'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del pro­getto per una nuova regola­mentazione del trattamento giuridico dei figli adulterini), l'Associazione chiede che pri­ma della ratifica, il Governo I­taliano richieda alla Commis­sione Internazionale dello Sta­to Civile l'esatta interpretazio­ne della Convenzione e che siano resi pubblici gli atti pre­paratori».

Il disegno di legge già ap­provato dal Senato il 25 maggio 1965, veniva accolto senza di­scussione e senza modifiche dalla Camera e promulgato con legge 24 aprile 1967.

Il problema sembrava ormai chiuso, essendo d'altra parte l'Associazione soddisfatta (an­che se non convinta) dall'in­terpretazione data dal Parla­mento (3) e dal Governo ita­liano.

Grande è stata pertanto la sorpresa nel constatare che i partecipanti italiani all'Assem­blea generale della Commissio­ne internazionale dello stato ci­vile tenutasi a Lussemburgo il 6, 7, 8 e 9 settembre 1967 ave­vano sollevato il problema dell'interpretazione della Conven­zione di Bruxelles.

Il rappresentante del nostro paese, nell'esposizione dell'attività svolta dalla sezione ita­liana, disse: «Sulla Convenzio­ne relativa al riconoscimento della filiazione materna dei fi­gli naturali, dei problemi erano stati sollevati nel nostro paese.

In particolare, è stato affer­mato che la Convenzione ren­de obbligatoria la menzione del cognome della madre sull'atto di nascita e conseguen­temente il riconoscimento del bambino». (4)

Proseguiva il rappresentante italiano affermando: «la forma dell'atto di nascita e le moda­lità relative alla dichiarazione di volontà della madre di esse­re designata, cioè di riconosce­re il bambino, non dovrebbero in alcun modo essere modifica­te in conseguenza dell'applica­zione della Convenzione».

Replicava il Presidente dell'Assemblea generale di Lus­semburgo: «tutte le delegazio­ni non sono forse d'accordo con l'interpretazione italiana della Convenzione».

Ne seguiva la richiesta del­la sezione italiana della Com­missione internazionale dello stato civile di «un dibattito ge­nerale sul contenuto e nelle conseguenze dell' applicazione della convenzione relativa all'accertamento della filiazione materna dei figli naturali».

A questo punto si pone l'in­terrogativo: Chi aveva dato la interpretazione esatta, i Mini­sieri degli esteri e di grazia e giustizia o l'Associazione Na­zionale Famiglie Adottive e Af­filianti?

In ogni caso sarebbe neces­sario che, se ancora non è sta­to depositato lo strumento di ratifica, il Presidente della Re­pubblica non aderisse alla Con­venzione prima che ne venisse chiarita l'interpretazione esat­ta.

FRANCESCO SANTANERA

 

 

 

 

(1) Legge 24 aprile 1967 in Gaz­zetta Ufficiale del 7 giugno 1967, La­vori parlamentari (IV legislatura):

- Disegno di legge n. 955 presentalo al Senato dal Ministro degli affari esteri di concerto con i Ministri di grazia e giustizia e dell'interno in data 26 dicembre 1964 ed approvalo nella seduta del 25 maggio 1965.

- Disegno di legge n. 2409 trasmes­so dal Senato alla Camera il 28 mag­gio 1965 ed approvato nella seduta del 13 aprile 1967.

Testo tradotto della Convenzione. Sono riportati solo i primi cinque ar­ticoli. Gli articoli 6-7-8-9 e 10 riguar­dano solo gli organi competenti a ri­cevere gli strumenti di ratifica, l'en­trata in vigore della Convenzione, la sua durata e la sua applicazione nei territori extra metropolitani dei pae­si aderenti.

«La Repubblica Federale Tedesca, la Repubblica Austriaca, il Regno del Belgio, la Repubblica Francese, il Re­gno di Grecia, la Repubblica Italiana, il Gran Ducato del Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi, la Confedera­zione Svizzera e la Repubblica Tur­ca, membri della Commissione Inter­nazionale dello Stato Civile, deside­rosi di armonizzare le norme concer­nenti il riconoscimento della filiazio­ne materna dei figli naturali, hanno convenuto le disposizioni seguenti:

Art. 1

Quando una persona è designata nell'atto di nascita di un figlio natu­rale come la madre di quest'ultimo, la filiazione materna è stabilita da questa designazione. Questa filiazio­ne può tuttavia essere contestata.

Art. 2

Quando la madre non è designato nell'atto di nascita, essa ha facoltà di fare una dichiarazione di ricono­scimento davanti all'autorità compe­tente di uno degli Stati contraenti.

Art. 3

Quando la madre è designata nell'atto di nascita e dimostra che una dichiarazione di riconoscimento è nondimeno necessaria per soddisfare le esigenze della legge di uro Stato non contraente, essa ha facoltà di fa­re detta dichiarazione davanti all'au­torità competente di uno degli Stati contraenti.

Art. 4

Le disposizioni degli articoli 2 e 3 non pregiudicano la validità del riconoscimento.

Art. 5

Le disposizioni dell'articolo 1 si ap­plicano, in ciascun Stato contraente, solo alle nascite posteriori all'entra­ta in vigore della presente Convenzione».

(La Convenzione non è stata fir­mata dall'Austria, dalla Grecia e dal Lussemburgo).

(2) Ricordiamo anche gli articoli di:

RENE' SAVATIER, Est-ce possible, in Recueil Dalloz, 16 ottobre 1963 pp. 36 e segg.;

EMILIO GERMANO, La Convenzione di Bruxelles è contraria al nostro co­dice, in La Stampa del 30 agosto 1964;

SALVATORE LENER, La tutela della prole nata fuori del matrimonio nell'odierno stato sociale, in Redenzione Umana, n. 2, aprile 1965, p. 138;

EMILIO GERMANO, E' necessario che la Camera respinga una legge «eu­ropea» sulla maternità, in La Stam­pa del 29 luglio 1965;

MARIO STELLA RICHTER, La condizio­ne giuridica dei figli naturali, in Atti del Convegno di studio su «La tutela giuridica dei figli nati fuori del ma­trimonio», Giuffré Editore, 1966, p. 44;

EMILIO GERMANO, Un accordo in­ternazionale in contrasto con la leg­ge, in La Stampa del 9 agosto 1967.

(3) Il relatore On. Di Primio ave­va precisato: «La Convenzione, ri­guardante unicamente la rilevanza giuridica della designazione della ma­dre contenuta nell'atto di nascita, non concerne la formazione dell'atto stesso, cui restano applicabili le sin­gole legislazioni nazionali e, pertan­to, la relativa ratifica da parte del Parlamento non comporterà alcuna modificazione al codice civile né al vigente ordinamento dello stato ci­vile».

(4) Purtroppo non è stato riferito in modo esatto l'interpretazione dell'Associazione Famiglie Adottive. Essa aveva sostenuto, come risulta dai documenti citati, che quando sull'atto di nascita era indicato il co­gnome della madre (indicazione che poteva essere fatta da un terzo qual­siasi anche contro la volontà della madre stessa), detta indicazione ve­niva ad avere gli stessi effetti del riconoscimento.

 

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