Prospettive assistenziali, n. 3-4, luglio-dicembre 1968

 

 

EDITORIALE

 

ADOZIONE SPECIALE, DIRITTO DI FAMIGLIA E ADOZIONE

 

 

Fino all'anno scorso, tutte le previsioni nor­mative che regolavano i rapporti giuridici tra ge­nitori e figli, tendevano, nella sostanza, a tutela­re prevalentemente l'interesse degli adulti: non vi era un solo articolo del codice civile in cui, esclusi gli aspetti patrimoniali, il minore fosse considerato soggetto di diritti (1).

Con l'istituzione dell'adozione speciale (L. 5 giugno 1967 n. 431) la concezione tradizionale è stata sovvertita con l'introduzione del princi­pio del prevalente interesse del minore. A ra­gione l'On. Bertè parlò di «rivoluzione coperni­cana» nel senso che veniva posto al centro del diritto l'adottato privo di assistenza familiare e non l'adottante privo di discendenti.

La «rivoluzione copernicana», tuttavia, non è avvenuta e non avviene senza scosse.

Vero è che tutti i magistrati hanno ormai ab­bandonato il sistema di numerare progressiva­mente le domande di adozione e le dichiarazio­ni degli stati di adottabilità, procedendo poi mec­canicamente al loro abbinamento numerico (bambino n. 1 con coniugi n. 1 ecc.).

Vero è che certi «abbinamenti» in massa, co­me quello avvenuto con la convocazione di 19 coppie di coniugi e la indiscriminata presenta­zione di altrettanti bambini adottabili, cui nella mente del tribunale che organizzò l’incontro a­vrebbero dovuto seguire immediati affidamenti, appartengono alla storia del passato.

Ma purtroppo molti minori continuano ad es­sere affidati senza tener conto del loro «premi­nente interesse», più volte richiamato dal legi­slatore.

Così ad esempio, il presidente del tribunale per i minorenni di X. continua imperterrito e soddisfatto di sé ad inviare i coniugi al locale brefotrofio, dopo aver loro fornito il nominativo di 4 o 5 bambini, perchè scelgano quello che ad essi riesce più simpatico.

Egualmente molti ufficiali dello stato civile procedono tuttora ad affidare al momento della denunzia di nascita i neonati figli di ignoti a persone di cui non sono in grado di accertare l'idoneità educativa.

E' avvenuto anche che una bambina non ri­conosciuta, in violazione alle prescrizioni dell'ufficiale dello stato civile, non sia stata conse­gnata all'Istituto Provinciale per l'Infanzia di Roma, ma affidata da intermediari ad una coppia il cui marito aveva sessantatre anni. Ciò malgra­do, il giudice tutelare, venuto a conoscenza del fatto (art. 345 c.c.), lo nominò tutore malgrado l'illiceità del rapporto e la sua età. Speriamo solo che il tribunale per i minorenni di Roma non conceda l'adozione tradizionale all'affidata­rio-nonno, sottraendo il minore dalla procedura di adottabilità.

Ma vi sono anche altri gravi inconvenienti nell'esecuzione della legge.

Per esempio, la circolare del Ministero di gra­zia e giustizia (Direzione generale degli affari civili, uff. IV, prot. n. 4/876/61

 del 23.4.68) di­spone che le spese di pubblicazione su uno 0 più giornali degli avvisi di ricerca (art. 394/9 c.c.) dei genitori irreperibili, che hanno lasciato i loro nati in situazione di privazione di assisten­za materiale e morale, vengano annotate a de­bito dei coniugi adottanti e così pure le spese sostenute dai consulenti tecnici per gli accerta­menti sui minori e sui genitori.

Che le idee dei Ministeri non siano ancora chiare in materia di adozione speciale è dimo­strato inoltre dall'affermazione contenuta nella circolare suddetta: «presupposto necessario all'adozione, imposto dalla legge, è l'elevato sta­to di benessere economico dell'adottante» men­tre l'articolo 314/2 c.c. pone come esclusiva con­dizione di carattere economico (e ci pare giu­sto!) che gli adottanti siano «in grado di man­tenere i minori che intendono adottare».

E' deplorevole, infine, che tutto 1'apparato dello Stato, pur essendo espressamente a ciò pre­posto, dopo l'approvazione di una legge, non sia in grado di offrire i mezzi necessari per la sua applicazione, anche quelli più modesti di cui è ­indice sintomatico il rifiuto, giustificato dalla mancanza di fondi, del Ministero di grazia e giustizia di fornire al tribunale per i minorenni di Torino una scrivania e una sedia, costringen­do i giudici a fare i turni per la mancanza di det­te attrezzature.

 

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L'adozione speciale ha dato pratica attuazio­ne ad un principio che a noi pare essenziale: il bambino ha bisogno per svilupparsi normalmen­te sul piano fisico, psichico, intellettuale, mora­le e sociale, di vivere in un contesto familiare.

Infatti, se i genitori d'origine o i parenti te­nuti agli alimenti non provvedono al minore, viene ricercata un'altra famiglia in cui il mino­re stesso viene inserito con pienezza di diritti.

Accanto alfa famiglia legittima di sangue, ab­biamo quindi - e sullo stesso piano - la fa­miglia legittima adottiva.

Ma vi è qualcosa di più. Il bambino adottabile con adozione speciale non può essere inserita in una famiglia qualsiasi, bensì in una che abbia particolari caratteristiche: stabilità del matrimo­nio (i coniugi non devono essere separati nep­pure di fatto), età valida (la differenza minima di età fra l'adottando e ciascun adottante deve essere almeno di venti anni, quella massima de­ve essere non superiore ai quarantacinque anni), capacità educative ed affettive («idonei ad edu­care ed istruire») e, infine, possibilità economi­che («in grado di mantenere il minore»).

 

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Anche la concezione del ruolo sociale della famiglia viene modificata.

La famiglia, che il legislatore del 1865 e del 1939 voleva chiusa in se stessa (2), può oggi avere figli di sangue e non di sangue con piena parità di diritti tra loro.

L'assunzione, poi, da parte dell'adottato dello stato di figlio legittimo e la cessazione dei suoi rapporti con il nucleo familiare di origine (anche se legittimo), è il suggello giuridico del valore determinante dei fattori ambientali nello svilup­po della persona in contrapposizione alla conce­zione, fino ad oggi dominante, della prevalenza di quelli ereditari (3).

Ne consegue che la filiazione (legittima, na­turale o adottiva) trova il suo fondamento non nei legami di sangue, ma nel rapporto affettivo ed educativo (reciprocamente formativo) fra genitori e figli.

Sottolineiamo, a questo riguardo, i tre distin­ti concetti di maternité (atto procreativo), ma­ternage (insieme delle cure materiali, affettive ed educative per mezzo delle quali il bambino diventa figlio di una determinata donna, procrea­trice e non), maternisation (insieme dei proces­si per mezzo dei quali il bambino rende la pro­creatrice o l'adottante una madre, sua madre) e corrispondentemente di paternité, paternage e paternisation (4).

Le basi etiche e scientifiche su cui si fonda l'istituto dell'adozione speciale hanno evidenzia­to la necessità di rinnovare ed adeguare anche altri campi della regolamentazione del diritto di famiglia.

Basti ricordare: le dichiarazioni giudiziali di paternità e maternità con le quali si fa divenire padre (o madre) il procreatore che non sole non ha avuto e non ha alcun rapporto con il minore ma che addirittura non vuole averne, la possibi­lità di procedere al riconoscimento della prole naturale in qualsiasi momento con conseguente assunzione della patria potestà anche quando si è ignorato per anni il minore, il divieto alla ma­dre ed al figlio di iniziare l'azione per il disco­noscimento di paternità.

 

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Notevoli sono pure le ripercussioni dell'ado­zione speciale nel campo assistenziale.

In primo luogo la legge 431/67 demanda ai giudici tutelari un'azione di vigilanza su tutti i minori ricoverati in istituto.

Oggi non sono più possibili equivoci su que­sto punto. Ci sembra che ciò debba essere riba­dito a coloro che capziosamente sfuggono a quanto già disposto dalle norme sulla tutela vi­genti fin dal 1939.

Esse prevedevano e prevedono, infatti, che i giudici tutelari soprintendano (art. 344 c.c.) alle tutele esercitate dagli istituti di assistenza sui minori ricoverati (art. 354 e 402 c.c.), indipen­dentemente dal fatto che siano non riconosciu­ti, riconosciuti o legittimi (art. 401 c.c.).

In secondo luogo è da osservare che i minori sono dichiarati in stato di adottabilità quando sono privi di assistenza materiale e morale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provve­dervi, anche se essi «sono ricoverati presso pubbliche o private istituzioni di protezione ed assistenza all'infanzia» (art. 314/4, 2° comma).

Il legislatore ha, anzi, ritenuto che il ricovero in istituti costituisca una fondata presunzione di privazione di assistenza materiale e morale, tan­to che il 3° comma dell'art. 314/5 stabilisce: «Le istituzioni pubbliche o private di protezione o as­sistenza all'infanzia trasmettono trimestralmen­te al giudice tutelare del luogo ove hanno sede l'elenco dei ricoverati o assistiti» (5).

Fino a ieri si riteneva, invece, che il ricovero in istituto fosse una valida e definitiva soluzione assistenziale!

Infine l'applicazione della legge 431/67, anche se scarsa, anzi soprattutto perchè scarsa, ha evidenziato le paurose lacune del nostro siste­ma assistenziale: mancanza di una linea politi­ca in materia, numero eccessivo degli enti, fra­zionamento delle competenze, assenza di con­trolli, ecc., il che confidiamo, solleciterà il Par­lamento a procedere, finalmente, ad una siste­matica e generale riforma dell'assistenza e del diritto di famiglia.

 

 

 

 

 

(1) R. DELL'ANDRO, Relazione alla proposta di legge n. 1489 «Legittimazione per adozione dei minori in stato di abbandono», Camera dei Deputati, IV legislatura.

(2) L'adozione tradizionale era infatti vietata (e lo è tuttora) in presenza di figli legittimi e legittimati; l'affi­liazione, che non prevede tale divieto, «non crea uno stato familiare ma si esaurisce nell'ambito del diritto so­stanziale in finalità assistenziali del minore» (Corte di Cassazione, Sez. 1ª, 20-1-1961).

(3) Le constatazioni fatte sui «bambini-lupi» sono il­luminanti sulla prevalenza dei fattori ambientali nello svi­luppo della persona (vedasi: Singh and Zingg, Wolf Chil­dren and Fereal Man, Harpers and Brothers, New-York and London, 1942; A. Gesell, Wolf Child and Human Child; Harpers and Brothers, 1941; A. VIZIANO, La vera storia del ragazzo-lupo morto 14 anni dopo la cattura, La Stampa del 28 luglio 1968.

(4) PIERRE JOANNON, Maternage et nursing, in La Presse médicinale, 1560, 53, p. 2059; NICOLE QUEMADA, Maternage et adoption. Ed. Foulon, Paris. In italiano «Cure materne e adozione», in Maternità e Infanzia n. 1-3 del 66. Estratti presso l'Unione Italiana per la Promozione dei Diritti del Minore.

(5) Agli effetti della legge sull'adozione speciale viene considerato «assistito» il minore che è assistito da un ente con ricovero presso un istituto non da esso gestito.

 

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