Prospettive assistenziali, n. 2, aprile-giugno 1968

 

 

ATTUALITÀ

 

L'ATTEGGIAMENTO DELL'INSUFFICIENTE MENTALE VERSO SE STESSO *

 

 

Per quanto riguarda il bambino subnormale possiamo indagare i problemi dei genitori, possiamo preoccuparci della sua educazione e della sua assistenza, ma non dobbiamo mai trascurare di pren­dere in considerazione la coscien­za che egli ha di sé. Questo peri­colo sussiste, perchè noi lo rap­portiamo alla normalità, perchè lo vogliamo aiutare a vivere in un mondo normale e perchè egli non è in grado di rappresentare a se stesso il suo atteggiamento verso di sé. Tuttavia, non possiamo avvi­cinarci a lui semplicemente dall'e­sterno, dalla famiglia, dalla scuola o dai sistemi assistenziali, bensì dobbiamo essere consapevoli di quanto sia difficile per un bambino subnormale vivere in una famiglia, in un ambiente normali!

Molte piccole osservazioni ed esperienze dimostrano che il bam­bino subnormale ha effettivamente un atteggiamento nei propri con­fronti. Egli ha coscienza di un suo rapporto con il mondo circostante delle persone e delle cose; ma non è in grado di astrarre le singole esperienze di vita. Egli stabilisce pienamente il suo comportamen­to nei riguardi del mondo circo­stante, ma non ne trae regole di condotta generali, bensì indica la sua azione caso per caso. Non solo l'insieme delle sue attività intellet­tuali, ma anche la sua attività mo­toria influenza il suo atteggiamen­to verso il mondo circostante.

 

L'immagine di se stesso

 

Due fasi di sviluppo determinanti:

a) il bambino sviluppa l'immagi­ne fondamentale;

b) con la pubertà egli si forma una propria immagine.

Queste due fasi di sviluppo so­no presenti anche nel bambino sub­normale, benché estensione, contenuto e distribuzione dell'immagi­ne fondamentale e propria dipen­dano fortemente dal grado di insuf­ficienza mentale, e sulla deforma­zione dell'immagine incida partico­larmente atteggiamento del mon­do circostante. Da questo momento è chiaro quanto sia importante il problema: come andrò incontro al bambino subnormale?

La prima frattura con se stesso e con l'altro si verifica nel momen­to in cui il bambino impara a pa­ragonarsi con un mondo che gli è necessario per la soddisfazione dei suoi bisogni. Nel bambino subnor­male questa prima frattura dura più a lungo ed egli ha bisogno del­le cure della madre per un periodo maggiore. Anche qui la posizione della madre nei riguardi del bam­bino subnormale è essenziale, poi­ché le cure della madre possono oscillare tra due estremi, o essere eccessive o essere insufficienti e, sia in un modo sia nell'altro, ren­dere difficile al bambino il rappor­to con l'ambiente. Perciò, per il primo sviluppo dell'immagine di sé è importante classificare l'insuffi­cienza mentale, evitare di circon­dare il bambino di sterili cure e in­vece integrarlo in queste porzioni del mondo circostante in modo che egli lo conosca come sicurezza, af­fermazione e conformità.

Lo sviluppo ulteriore porta al lin­guaggio e di conseguenza al pro­prio nome che in un primo tempo rappresenta soltanto un segnale per l'attenzione e poi diventa un codice per se stesso. Anche il bambino subnormale può completare in una certa misura questo svilup­po. Non bisogna dimenticare però che egli molto più a lungo consi­dera il proprio nome come un se­gnale per l'attenzione. E' perciò importantissimo insegnare al bam­bino subnormale il rapporto con il suo nome.

Il bambino fa un altro passo ver­so la configurazione di un'immagi­ne di sé con la scoperta del proprio corpo; egli scopre il proprio viso, le proprie membra, ecc. Da questo momento bisogna indurre il bambino subnormale a conoscere il proprio corpo e a servirsene. Egli non deve crescere isolato, senza uno specchio, come un bambino anonimo. In base alle sue esperien­ze potremo osservare come egli preferisca immagini di altri visi e in tal modo comprovi di essere perfettamente in grado di sentire come gli altri guardino lui.

La differenziazione dell'immagi­ne di sé avviene attraverso la rela­zione con il mondo circostante, re­lazione nella quale sono fissate tut­te le esperienze, le possibilità ecc. In questo caso lo sviluppo del bam­bino subnormale è molto limitato. Il potere di irraggiamento dell'am­biente può stabilire il rapporto sol­tanto in misura limitata. Perciò il bambino subnormale agisce in mo­do instabile, poiché per quanto ri­guarda il mondo circostante egli ha un solo punto di riferimento, se stesso, e non sa che ne sono pos­sibili altri.

Il bambino normale passa, attra­verso questa differenziazione, dal­le conoscenze concrete alle astratte e in tal modo impara a classifi­care e a valutare. La possibilità dell'astratto non esiste per il bam­bino subnormale, perciò egli vive nel momento, e in esso risponde con gioia o tristezza, con piacere o con avversione. Egli è in grado di ricoprire un ruolo concreto in un determinato momento, senza però che questo ruolo diventi per lui tipico. Questa caratteristica non è limitata all'infanzia dell'individuo subnormale, ma ne accompagna la maturità ed è per noi determinante.

Un fattore che rende difficile la formazione di un'immagine di sé è il giudizio del mondo circostante. Noi giudichiamo l'insufficienza mentale come negativa, «primiti­va», ecc. Il bambino subnormale è cosciente di essere respinto, di essere escluso da molte cose, sen­te che da lui non ci si aspetta nulla. Questo ha una grande influenza sull'immagine di sé che è domina­ta dall'esperienza della propria in­capacità. E' possibile cambiare questa immagine ponendo l'accen­to sui fattori positivi che bisogna badare di valutare realisticamente. Poiché il bambino subnormale vive nel momento, a questo livello egli non dovrebbe avere coscienza di essere respinto, bensì di essere accolto, non di essere escluso, ben­sì di essere accettato. Poiché egli vive in un mondo normale, sussiste il grave pericolo che il bambino subnormale sia continuamente re­spinto e l'esperienza lo convinca di questo: «Per quanti sforzi io faccia, per quanto io lo voglia, non riesco!» Sarebbe però errato ri­sparmiargli l'insuccesso con una eccessiva quantità di fattori protet­tivi, poiché egli deve venir accet­tato secondo le sue capacità, e noi lodiamo la sua buona riuscita, ma non passiamo sotto silenzio una sua cattiva prova. Non deve essere l'oggetto di tutte le cure della fa­miglia, ma un membro di questa a pieno diritto.

Nella cerchia di adulti che via via si allarga il bambino normale che cresce viene confrontato con l'i­deale del bambino: «Un bambino buono non fa questo!...». «Un bam­bino diligente lavora volentieri!»... ecc. Nonostante tutte le possibili differenze dovute a caratteristiche individuali diverse e talvolta anche contraddittorie, questo ideale ha un valore di base positivo. Proprio l'espressione «il secolo del bam­bino» dimostra quale forte posizio­ne il bambino detenga. In base a questo valore positivo il bambino normale mette in relazione la pro­pria immagine di sé con l'ideale e di conseguenza prende coscienza del suo posto tra gli altri.

Tutt'affatto diversa è la situazio­ne del bambino subnormale. Anche lui sta in un rapporto con una cer­chia di adulti i quali hanno un'im­magine standard del bambino sub­normale. Questa immagine è nega­tiva, sia quanto al valore di base, sia quanto alle caratteristiche in­dividuali. Il valore di base negativo può ricevere un'espressione più o meno estrema, però non è mai mes­so da parte completamente. Ciò mette il bambino subnormale in una situazione tutt'affatto diversa da quella del bambino normale! Egli prende coscienza di sé come di un individuo che viene valutato negativamente, che rende infelici e spinge alla commiserazione. Poichè egli, a causa della sua anormalità, non è in grado di comprendere que­sta valutazione e l'immagine che ha di se stesso è tutt'affatto diver­sa, egli non può stabilire nessuna relazione tra l'immagine propria e l'immagine standard e perciò non si crea un posto tra gli altri. Da questa immagine standard la sua immagine di sé non viene arricchi­ta e incentivata, bensì viene im­prontata a un senso generale di incapacità. Infatti, quante volte ab­biamo sentito un bambino subnor­male esclamare davanti a un nuo­vo compito: «Non sono capace!». Si può cambiare questo punto di partenza del bambino subnormale, cambiando la sua immagine stan­dard. Molti lo hanno tentato in ma­niere diverse, ma sempre con lo stesso risultato, perchè la nuova immagine standard non era realisti­ca ma ideale. Ciò è avvenuto per esempio quando si è tentato di compensare la debolezza mentale con attività psichiche e artistiche fuori del comune. Si può creare un'immagine tipo nuova e realistica soltanto quando si considera il set­tore intellettuale non come settore parziale autonomo, bensì nella sua azione sull'insieme della persona­lità.

La formazione dell'immagine di sé consente al bambino normale di sviluppare un modo di comporta­mento, gradi di rendimento e una scala di valori. In tal modo il bam­bino raggiunge un equilibrio che gli permette di elaborare la pres­sione esterna e il conflitto interio­re. L'equilibrio così acquisito met­te il bambino in condizione di difendere se stesso, cioè l'immagine che ha di sé. Mediante il potere di giudicare se stesso e difendersi, cose queste intimamente collegate, il bambino può affermarsi nella si­tuazione che deve affrontare e nelle sue esperienze interiori. Quando questo sviluppo nel bambino non procede normalmente, sappiamo che possono verificarsi turbamenti, ansia e disfatta dell'io.

Come stanno le cose a questo riguardo a proposito del bambino subnormale? Si trova in una posi­zione identica o simile a quella de­gli altri bambini quanto alla valuta­zione di se stesso e alla possibili­tà di autodifesa? Se prendiamo in considerazione l'insufficienza men­tale esclusivamente, perveniamo senza dubbio all'affermazione che un bambino subnormale è tutt'altra cosa. Però l'esperienza ha permes­so di apportare alcune correzioni a questo giudizio. E' vero che per il bambino subnormale è impossi­bile giungere attraverso una serie di riflessioni a un giudizio su se stesso. Tuttavia, sulla base di al­cuni modelli di comportamento an­che il bambino subnormale può pervenire a un giudizio di sé, pro­prio quando egli considera se quei modelli sono adeguati o no. Osser­vando un bambino subnormale, ve­diamo che egli abbandona un de­terminato ruolo quando a causa di esso egli urta contro l'ambiente. In questo noi poniamo un momen­to importante per la formazione del giudizio di sé, quando non ac­cettiamo il ruolo da lui assunto, semplicemente giustificandolo sul­la base della sua insufficienza mentale, ma gli opponiamo tanta resistenza da costringerlo ad ab­bandonarlo. Questa durezza, che spaventa i genitori dei bambini subnormali, non è volta contro il bambino, bensì è intesa ad offrir­gli l'aiuto necessario perchè si o­rienti in una determinata situazio­ne e, tramite un esatto giudizio di sé, pervenga a un certo equilibrio.

Anche per quanto riguarda l'auto­difesa, in base alla nostra espe­rienza, possiamo dire che il bambino subnormale può acquisirla. Essa sarà sempre più diretta, più elementare e indifferenziata. Ma proprio quando un bambino subnor­male viene a trovarsi in una situa­zione di paura, vediamo in lui chia­ri segni di una attiva autodifesa, che viene spesso cambiata per ag­gressività. Perciò è molto più faci­le comprendere l'autodifesa del bambino subnormale e aiutarlo a servirsi degli adeguati mezzi di di­fesa. Altrimenti egli rimane indife­so di fronte a un mondo che non è in grado di dominare. Sia detto qui soltanto marginalmente, quale vantaggio la televisione potrebbe rappresentare per il bambino subnormale!

E' certo che alla formazione del giudizio di sé e della autodifesa sono posti limiti angusti, ma abbia­mo già ottenuto molto quando ab­biamo fatto comprendere al bambi­no subnormale che egli è capito nelle sue debolezze e che noi ri­conosciamo e lodiamo le sue capa­cità, invece di condannare le sue debolezze e considerarle qualcosa di cui ci si deve vergognare.

L'immagine di sé è notevolmen­te rafforzata dal passaggio dalla fanciullezza alla maturità. Il periodo della pubertà mette il fanciullo tra due mondi, in uno dei quali egli non è più niente, nell'altro non è ancora. In questo periodo l'imma­gine di sé del bambino diventa l'immagine di sé di un uomo o di una donna e assume le caratteristi­che dei doveri dell'adulto.

Poiché nel bambino subnormale le attività intellettuali sono molto limitate, non è possibile un autono­mo inserimento nella società e non diminuisce la dipendenza dagli al­tri, per lui è molto difficile essere riconosciuto quale adulto. Poiché il subnormale rimane bambino nel suo comportamento esteriore, egli viene facilmente considerato bam­bino per tutta la vita e come tale trattato! Poiché la sua evoluzione generale non concorda con quella fisica, egli trova sbarrato l'accesso alla maturità e in tal modo esperi­menta un forte perturbamento dell'immagine di sé. Poiché, se viene trattato come un bambino cresciu­to, egli stesso agirà come tale. Per­ciò è importantissimo riconoscere come uomini e donne anche gli in­sufficienti mentali, cioè non nega­re loro i diritti degli adulti alla pie­na realizzazione della loro vita se­condo le loro possibilità. Vogliamo assolutamente difenderli da una fe­licità infantile e assicurarli del loro diritto alla felicità degli adulti.

Hermann Wintsch

 

 

 

* Traduzione da un testo ciclostilato del Pastore Prof. HERMANN WINTSCH.

 

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