Prospettive assistenziali, n. 2, aprile-giugno 1968

 

 

ATTUALITÀ

 

EDUCAZIONE, RIABILITAZIONE E INSERIMENTO SOCIO LAVORATIVO DEGLI INSUFFICIENTI DELL'INTELLIGENZA GRAVI E GRAVISSIMI *

 

 

Il numero dei ritardati mentali gravi aumenta sempre più. Negli ultimi anni la medicina ha fatto enormi progressi per allungare la vi­ta dell'uomo, perciò, molti bambi­ni subnormali che prima sarebbero morti durante i loro primi anni di vita; oggi vivono. E questo ci po­ne il non facile compito di aiutarli a inserirsi nella nostra società se­condo le-loro capacità.

Ma la realtà, qual è? I ritardati mentali gravi sottostanno all'isola­mento e alla compassione. Chi si degna di lavorare con loro, di viag­giare in treno o sedersi con loro allo stesso tavolo, oppure di intrattenersi con loro?

Certo, alcuni progressi si son fatti. Il problema dei minorati men­tali non urta più contro una grande indifferenza. Bambini subnormali non vengono più nascosti timoro­samente in casa. Il loro numero è talmente aumentato che non si po­trebbero più internare tutti in rico­veri remoti e isolati

Ma proprio per questo essi sen­tono maggiormente il loro isola­mento. Ciò vuol dire: per loro, solitudine, tormento e sterilità e per i genitori grandi sacrifici, preoccu­pazioni e perplessità.

Noi sappiamo che il ritardo men­tale è una condizione della quale non possiamo sperare guarigione. Oggi però sappiamo pure che una educazione e una riabilitazione so­no possibili.

E qui sta la chiave per aiutarli ad uscire dal loro isolamento: edu­chiamo quindi i bambini subnorma­li e riabilitiamo i giovani affinché possano inserirsi nella nostra co­munità. Inseriamo inoltre gli adul­ti nel lavoro, dando loro possibilità di superare le difficoltà della vita, nonostante la loro infermità.

Questa educazione è possibile solamente se noi cambiamo il no­stro comportamento verso i ritardati mentali. Se noi incontriamo un bambino subnormale eccoci ad e­sclamare: Povero bambino! Lui ci fa compassione. Sì, compassione, perchè è diverso da noi e noi sen­tiamo che la sua vita non è facile. Con questa insana compassione nel cuore ci chiniamo poi su di lui. Abbiamo constatato come un grande numero di visitatori del no­stro Centro sia preso subito dalla compassione e cerchi di esprimer­si, facendo a un bambino una ca­rezza o dandogli dei dolciumi. E sono poi molto meravigliati se il piccolo reagisce con un rifiuto e non si accorgono neppure che il bambino subnormale non vuole e non ha bisogno di compassione, ma di ben altro.

Non è vero che i bambini sub­normali siano dei poveri bambini. Essi non si rendono conto della loro condizione e possiedono, dal lo­ro punto di vista tutto ciò che oc­corre per vivere. Così essi ci dimostrano che vogliono essere con­siderati solo dei bambini. La com­passione ci permette di vedere so­lo la loro infermità mentre l'amore ci mostra il bambino. Noi non dob­biamo chinarci verso di loro, per­ché essi stanno allo stesso nostro livello e perchè sono bimbi come tanti altri e persone come noi.

Esprimere questo in parole e ac­cettarle non è difficile. Ma con ciò non si aiuta né i bambini subnor­mali gravi, né i loro genitori. Dob­biamo quindi trasformare in fatti queste parole.

Con l'idea della costruzione del nostro Centro abbiamo cercato di realizzare questa verità. Se è vero, che essi sono innanzitutto dei bam­bini, allora hanno loro pure gli stes­si diritti come gli altri bambini, quindi soprattutto il diritto d'essere educati e riabilitati. Non basta met­ter loro a disposizione un letto per dormire, dar loro da mangiare e occuparli durante il giorno. Non è nemmeno necessario farli vivere tutta la vita separati dagli altri e solo fra consimili.

Noi dobbiamo educarli così che possano vivere fra noi e formarsi, a modo loro, un'esistenza comple­ta. Ciò vuol dire che noi abbiamo degli obblighi. E se mancano i mez­zi per l’educazione, è solo perchè noi non riconosciamo i nostri do­veri.

Naturalmente per l'educazione dei ritardati mentali gravi occorre: denaro, personale specializzato e altre premesse. Ma solo là, dove si riconoscono i propri doveri, si impara ad adattarsi alle possibilità reali.

Se ora io cerco di descriverVi l'idea del nostro Centro, la cui co­struzione potrete poi osservare più tardi durante la proiezione del film, non vuol-dire che desidero si fac­cia nello stesso modo. Vorrei solo darvene un'idea affinché possiate realizzare ciò che più conviene ai vostri interessi. L'essenziale non consiste nel possedere tutto quan­to si desidera, ma nel dimostrare che si adempie veramente ai do­veri assunti verso i ritardati men­tali gravi.

Il bambino subnormale ha diritto all'educazione!

Noi sappiamo che un fanciullo subnormale dipende da noi duran­te tutta là sua vita. Ciò non è pe­rò una ragione, per trascurare la sua educazione. Perchè non im­porta che abbisogna di cure, ma quanto aiuto gli occorre.

Vogliamo trattare l'argomento spassionatamente e con cifre con­crete. Un fanciullo subnormale ineducato lo si può lasciare, finché possibile; presso i genitori ed alla loro morte internarlo in un istitu­to. Ammettiamo che un tale sub­normale campi 50 anni. Secondo la situazione dei suoi genitori gli occorre una certa quantità di mezzi pubblici, che noi dobbiamo procu­rarci. Confrontiamolo con un altro ritardato mentale che vive non ine­ducato presso i genitori, ma che frequentò, come tutti i fanciulli normali, durante dieci anni una scuola, (per lui naturalmente spe­ciale), che poi seguì un tirocinio professionale speciale di due an­ni, ed infine che può lavorare par­zialmente. Bene anche a lui occor­rono mezzi finanziari. Ammettiamo dunque che anche costui campi 50 anni. Noi abbiamo quindi calcolato esattamente quanto viene a costa­re ognuno di questi casi e siamo giunti al seguente risultato: al sub­normale educato occorreranno, fino alla sua morte, Fr. 250.000 (corri­spondenti a L. 36.000.000) di mez­zi pubblici in meno che all'altro ineducato.

Ciò dimostra chiaramente che l'educazione dei ritardati mentali rappresenta non solo un obbligo, ma bensì una necessità anche ri­spetto agli Enti Pubblici. Se per i ritardati mentali si intraprende po­co, non bisogna credere di rispar­miare; al contrario, si sceglie la via più costosa.

Che bisogna fare per educare i fanciulli subnormali gravi? L'alto numero di questi fanciulli rende impossibile il trovar posto per tutti negli istituti. D'altronde, per un buon numero di ragazzi non sa­rebbe nemmeno necessario. Infatti per molti fanciulli subnormali è meglio se possono vivere a casa, in un ambiente conosciuto. Hanno bisogno di una scuola, così come gli altri fanciulli hanno scuole, do­ve possano venire educati in mo­do a loro adatto. Purtroppo, un gruppo di fanciulli subnormali, hanno genitori che non sono in grado di tenerli o che non dispon­gono di mezzi o di forze sufficienti per educarli in modo adeguato alle esigenze della vita. Perciò devono venir internati. L'istituto però non deve sostituire la famiglia e non deve allontanare il fanciullo dai ge­nitori. I bambini del nostro Centro ritornano dai genitori ogni fine-set­timana, perchè noi non vogliamo che essi perdano il contatto con i loro familiari. Naturalmente abbia­mo anche un buon numero di bam­bini orfani. Anche questi abbando­nano il dentro a fine-settimana per recarsi dalle loro famiglie affidata­rie, perchè il bambino ritardato mentale abbisogna in modo parti­colare del calore familiare. Or be­ne, anche l'istituto non deve offri­re una atmosfera protettiva simile a quella di un ospedale. Nel nostro Centro noi cerchiamo di procurare le stesse condizioni e persino gli stessi pericoli che i bambini tro­vano a casa loro. Da noi, otto bam­bini abitano assieme a una capo - gruppo e ad un'aiutante in un ap­partamento proprio, in tutto e per tutto simile ad un appartamento normale. Con l'aiuto della capo­gruppo i bambini imparano a far fronte da soli alle necessità quoti­diane. Abbiamo inserito un negozio proprio, dove i diversi gruppi com­perano giornalmente il latte, pane, burro ecc. che loro occorre. Con ciò vorremmo dare al bambino la impressione d'esser capace di fare le spese e dargli la possibilità di vivere l'atmosfera vera di un ne­gozio, con tutti i suoi odori e tutte quelle cose ben imballate.

Il fanciullo ritardato mentale la­scia la sua famiglia per frequenta­re la scuola (pure situata nel Centro). La scuola assomiglia esterna­mente a quella del paese o della città. E' vero che i bambini non si rendono conto della loro condizio­ne, ma è pur vero che si accorgo­no quando si respingono. Perciò, anche loro, come gli altri bambini, devono poter andare a scuola, fare una passeggiata scolastica, parteci­pare a una festa della gioventù, ecc. E' molto importante per l'edu­cazione di rafforzare nel bambino la fiducia in se stesso. Troppo spesso dovette sentirsi dire: Tu non lo sai fare, va via, sei troppo stupido. E tutto ciò lascia delle im­pressioni profonde che si rispec­chiano nel suo comportamento. Per­ciò l'educazione della nostra scuo­la è basata sul principio di dimo­strargli: Anche tu lo sai fare.

Se noi diciamo, che i fanciulli ritardati mentali sono come gli al­tri bambini, non deve essere interpretato in modo sbagliato, spe­cialmente per quanto riguarda la riabilitazione. Cioè si corre il ri­schio di voler insegnare ai ritarda­ti mentali gravi, con eccessivo im­pegno, quello che si ritiene impor­tante per gli altri bambini, per e­sempio: lo scrivere, il leggere, il contare. I ritardati mentali non tro­vano naturalmente un impiego in un ufficio, ma possono essere edu­cati ad eseguire lavori ausiliari. In­vece di sciupare il tempo e troppe forze per insegnar loro le cose de­gli altri bambini, noi cerchiamo di far imparare loro cose pratiche che servano loro per la vita. Per loro è importante che sappiano cavarsela nel traffico pubblico, che tro­vino l'edificio postale, i negozi, che sappiano rispondere al telefono, la­vorare con resistenza, vestirsi da soli, che mangino senza suscitare curiosità dovuta al loro comporta­mento. Quando noi siamo convinti che in seguito questi bambini pos­sono vivere con noi, in società, dobbiamo far di tutto per premu­nirli contro le troppe assidue atten­zioni altrui nei loro confronti, per­ché proprio questo sarebbe sba­gliato.

L'educazione concernente i con­tatti con il prossimo occupa nella riabilitazione dei ritardati mentali un posto di capitale importanza. Spesso i ritardati mentali hanno l'aria trascurata. Si ha l'impressio­ne vedendoli che si abbia seguito il ragionamento: per questo fan­ciullo non ne vale la pena! Si cre­de che i vestiti belli e ben fatti non siano adatti a lui, che non sia necessario curare i suoi denti e che il taglio dei suoi capelli non abbia importanza. Proprio contro questo noi cerchiamo di agire. C'è un rinomato quadro del rinasci­mento che rappresenta un celebre re, la cui fronte tutta deturpata dalle ferite, causò al pittore grandi difficoltà. Ma l'artista trovò la so­luzione giusta. Dipinse il re in una data posizione, cioè, facendogli sor­reggere il capo con la mano na­scondendo così il deturpamento. E noi, abbiamo lo stesso compito verso i fanciulli subnormali. Noi non dobbiamo mettere in risalto la loro deficienza, ma cercare di na­sconderla dando loro un aspetto cu­rato, un buon portamento e buone maniere.

I fanciulli subnormali non resta­no però tutta la loro vita dei bam­bini. Anche loro diventano adulti. Il loro comportamento che da bam­bini faceva un effetto buffo, da a­dulti disgusta. Perciò non si deve smettere l'educazione dei subnor­mali al termine della loro infanzia, ma bisogna proseguirla fino al loro inserimento nella società.

L'educazione si fa ora particolar­mente difficile, perchè il ritardato mentale resta spesso nel suo com­portamento come un bambino, men­tre ha Varia di un adulto. Nono­stante il suo comportamento non si deve considerarlo un bambino per tutta la sua vita, ma bisognerà cercare di inculcargli al massimo il senso della responsabilità, sem­pre in proporzione alle sue forze. Al nostro Centro infantile cerchia­mo di preparare i fanciulli subnor­mali al futuro ruolo di adulti. Du­rante questo periodo, il bambino subnormale vive però ancora in un ambiente pieno di protezione. Ed è assai difficile convincere i geni­tori dei nostri fanciulli che anche a questo bambino non bisogna ne­gare il contatto col mondo. I geni­tori hanno paura che non sappia cavarsela e temono che per lui tutte queste cose siano troppo dif­ficili. Qui incomincia la seconda fa­se importante dei nostri doveri. Dobbiamo dimostrare ai ritardati mentali un po' di fiducia. Dobbiamo dar loro la possibilità, se pur li­mitata, di farsi valere.

Perciò noi pretendiamo dai no­stri giovani, che frequentano il no­stro Centro di lavoro, che facciano da soli il viaggio scuola-casa e ca­sa-scuola. Il successo è maggiore di quello che si possa pensare. Certo, può succedere che non scen­dano alla stazione giusta e prose­guano il viaggio, come capitò a due dei nostri giovani, che una do­menica sera dimenticarono di scen­dere dal treno e giunsero fino a Chiasso, cioè fino al confine. Non capitò loro niente. Poterono ritor­nare gratis e si rallegrano ancor oggi del lungo viaggio fatto in treno.

Se un ritardato mentale non re­sta un bambino, ma diventa un a­dulto, allora egli ha diritto a un lavoro. Non solo per via dell'occupa­zione o del guadagno, ma perchè fa parte dell'adempimento della no­stra vita di occupare un posto in modo utile.

Un ritardato mentale grave è in grado di eseguire un lavoro? Se noi li vediamo e se noi sappiamo poco o nulla su di loro risponde­remmo con un no a questa doman­da. Ma ciò non corrisponde alla realtà, perchè l'esperienza ci dimo­stra che anche il ritardato mentale gravissimo può eseguire un lavoro se si adempiono due condizioni.

Innanzitutto è necessario che i compagni di lavoro, oppure dicia­mo così, i suoi colleghi, siano disposti ad accettarlo. La decisione, se un. minorato mentale può lavo­rare o meno in una azienda, non vien presa nell'ufficio del Direttore e dai Capi, bensì dapprima e in modo particolare dai compagni di lavoro. Se essi sono disposti ad accettarlo, se essi comprendono quanto sia necessario per la sua vita poter fare qualcosa di utile, egli saprà eseguire dei semplici la­vori. Se invece egli viene trattato da burattino con il solo scopo di di­vertirli durante le ore noiose di la­voro, orbene in questo caso non si avrà successo. Perchè anche il mi­norato mentale, come ogni altra persona, ci tiene a un ruolo, anche se questo ruolo, all'occasione, è soltanto quello del burattino.

Noi non possiamo però pretende­re dagli altri operai una compren­sione particolare. Perciò è bene educare il subnormale in modo che sappia adattarsi alla nuova situa­zione. Una volta quando mi presen­tai con un subnormale a un Diret­tore, questi mi disse dapprima, as­sai bruscamente, di non aver inte­resse per simile mano d'opera; per farmi piacere, però, si interessò del ragazzo. Frusciante nel suo manto bianco e inforcati i grossi occhiali si diresse verso il giova­ne. Senza accorgersi perse cammin facendo il suo fazzoletto. Il ritar­dato mentale grave si abbassò, pre­se il fazzoletto e lo porse al Direttore balbettando faticosamente: Scusi. Questi mi guardò sorpreso e disse: Ma questo ragazzo è co­me uno di noi; lo posso impiegare. Questo esempio dimostra quale importanza abbia il buon comporta­mento dei giovani e come non sia giusto lasciarli allo stato infantile.

Naturalmente non tutti i ritarda­ti mentali gravissimi, che in parte soffrono di diverse infermità, pos­sono essere occupati in un'azienda. Per loro abbiamo nel nostro Centro un'officina protetta. Nel mare ci so­no dei pesci che nuotano liberi nell'acqua perchè si sentono sicuri grazie alle armi che possiedo­no per difendersi. Ci sono però anche animali di mare che vivono in caverne ben protette. Vivono in mare come gli altri, ma per poter sopravvivere occorre loro un po­sto particolarmente protetto. Para­goniamo quindi questa caverna ben protetta con la nostra officina. Qui, in questa officina particolarmente protetta e curata, i ritardati menta­li eseguono normali ordinazioni di industria.

C'è da meravigliarsi nel consta­tare quanto riescano a fare i ritar­dati mentali dopo essere stati edu­cati e riabilitati. Ma anche qui è importante riconoscere loro il dirit­to al lavoro e lasciar loro la scelta del genere di lavoro che più li in­teressa e che più si addice alle lo­ro facoltà. Sempre quando si inserisce un ritardato mentale nella so­cietà o nel lavoro noi non dobbia­mo pensare a quello che lui non sa fare, bensì dobbiamo tenere mag­giormente conto di quello che sa fare. E' appunto qui che noi faccia­mo dei grossi errori. Noi tutti sia­mo intelligenti, però possiamo te­ner testa a questa domanda: Noi intelligenti agiamo proprio solo da intelligenti? Naturalmente no, per­ché anche noi commettiamo molte sciocchezze. Ora, il ritardato men­tale non fa molte cose assennate è vero, ma neppure combina stol­tezza su stoltezza, tanto più che lui non se ne rende conto. Qui lui è in vantaggio e non solo in questa situazione, ma anche in altre. Noi possiamo dunque fare in modo, con una adeguata riabilitazione e edu­cazione, che il subnormale possa vivere fra di noi. Il nostro sforzo non è vano perchè l'aiuto che noi portiamo a un ritardato mentale, lui, ce lo ripaga.

Abbiamo inserito in un'azienda uno di questi giovani. Il padrone dapprima si faceva scrupoli, ma più tardi venne da me e mi disse: Da quando Hans (Hans è il nome del subnormale grave) è da noi, tutto è cambiato. Perché? volli sa­pere. Il padrone mi rispose: Vede, io soffro spesso di emicrania. Gli altri operai non mostravano com­prensione e tutt'al più si sussurra­vano: Il vecchio batte la luna. Hans invece venne da me, pose la sua mano sulla mia fronte e disse: Tu non bene. Questa partecipazione non solo mi commosse ma fece capire anche agli altri che io non mi sentivo bene e che non si trat­tava di semplice malumore. Da al­lora noi facciamo gli stessi lavori, alle stesse macchine, nella stessa fabbrica, ma è come se un raggio di sole entrasse dalla finestra.

I ritardati mentali sono capaci di donarci quel raggio di sole pieno d'umanità in una vita che è attac­cata troppo alle cose terrene. Per­ciò mantenere i nostri doveri e impegnarci a far valere i loro diritti, mi sembra un obbligo. Vorrei ora chiudere questa mia conferen­za con un paio di rime infantili che datano dalla guerra civile spagno­la:

 

Dove sei tu, confratello?

Noi abbiamo freddo, soffia il vento del nord,

prendici sotto la tua protezione,

prima che sia troppo tardi.

 

 

* Conferenza del Pastore HERMANN WINTSCH tenuta a Torino e a Milano il 24 e 25 gennaio 1968.

 

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