Prospettive assistenziali 165/2009 | SENTENZA DELLA CASSAZIONE SUL RECESSO DALL’OBBLIGAZIONE DI CORRISPONDERE IL PAGAMENTO O L’INTEGRAZIONE DELLA RETTA DI RICOVERO | di Roberto CARAPELLE (*) |
Con sentenza n. 26863/08 del 6
giugno 2008, depositata in Cancelleria il 10 novembre 2008, la III Sezione
della Suprema Corte di Cassazione è intervenuta su di una rilevante
questione: la revocabilità o meno dell’impegno assunto dal parente del
ricoverato in struttura assistenziale a titolo di integrazione della retta
di degenza. I giudici di primo grado (Tribunale di Como) e di appello (Corte d’appello di Milano) avevano accolto la domanda della cooperativa che gestiva il servizio alberghiero per conto dell’Asl, ritenendo che il recesso comunicato dal parente non lo esentasse dal pagamento in quanto «l’impegno assunto integra un contratto di espromissione cumulativa comportante solo il trasferimento del debito del ricorrente al nuovo debitore e non anche il trasferimento delle posizioni attive, tra cui la facoltà di recesso spettante alla sola debitrice originaria». L’espromissione è istituto regolato dall’articolo 1272 del Codice civile che così testualmente dispone: «Il terzo che, senza delegazione del debitore, ne assume verso il creditore il debito, è obbligato in solido col debitore originario, se il creditore non dichiara espressamente di liberare quest’ultimo». La Corte di Cassazione con sentenza di rara concisione e chiarezza riforma la sentenza di merito rilevando: a) che l’espromissione presuppone l’esistenza del credito altrui e non è utilizzabile ove il credito per prestazione assistenziale di ricovero non sia ancora sorto: pertanto tale istituto può applicarsi solo per le rette già scadute e non già per quelle a scadere; b) per le rette a scadere possiamo parlare di assunzione di obbligazione di garanzia per futuri possibili debiti del ricoverato, garanzia per debiti futuri che è sempre revocabile; c) in ogni caso anche a voler ritenere che si tratti di contratto di espromissione, trattandosi nel caso in esame di contratto ad esecuzione continuata e periodica, è sempre possibile esercitare la facoltà di recesso ad opera del terzo, che è la vera controparte del contratto stesso e non già il ricoverato. La Corte di Cassazione fa riferimento all’articolo 1373 del Codice civile che così dispone: «Se a una delle parti è attribuita la facoltà di recedere dal contratto, tale facoltà può essere esercitata finché il contratto non abbia avuto principio di esecuzione. «Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, tale facoltà può essere esercitata anche successivamente, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione». La sentenza assume particolare importanza in quanto ribadisce in modo chiaro e convincente la possibilità per il terzo (spesso il parente) di liberarsi dall’obbligo di pagamento delle rette di degenza, obbligo di pagamento che, spesso, viene imposto quale condizione per il ricovero e, pertanto, ferme le prestazioni (rette) già scadute, è possibile per il futuro liberarsi dall’obbligo di pagamento inviando all’ente creditore una comunicazione di recesso che, per avere validità, deve avere forma scritta ed il cui ricevimento deve risultare da data certa, in quanto il recesso, quale atto recettizio, ha valore solo dal giorno in cui è stato ricevuto dal destinatario. |
(*) Avvocato Patrocinante in Cassazione e Consigliere della Fondazione promozione sociale. |