Convegno nazionale

“IL DIRITTO DI TUTTI I BAMBINI FIN DALLA NASCITA ALLA FAMIGLIA  E LA PREVENZIONE DELL’ABBANDONO”

 Torino, 21 ottobre 2005

Allegato 4

 Lettera dell’On. Antonio De Poli, Assessore alle politiche sociali della Regione Veneto e Coordinatore interregionale degli Assessori alle politiche sociali.

 Proposta di tematiche da approfondire inerenti il diritto di tutti i bambini fin dalla nascita alla famiglia e la prevenzione dell’abbandono.

Premessa

La normativa italiana vigente attribuisce alle donne tre importanti diritti:

  

La situazione normativa attuale

 In base alla legge 328/2000 di riforma dell'assistenza e dei servizi sociali, le competenze in materia sono attribuite al Comuni. Tuttavia il 5° comma dell'articolo 8 della suddetta legge prevede che le Regioni possono affidare le attuali funzioni assistenziali delle Province ai Comuni oppure ad altri enti locali e cioè, ad esempio, alle stesse Province oppure a Consorzi fra Comuni e Province.

Attualmente alle Province sono attribuite le seguenti competenze che esse continueranno ad esercitare fino ad approvazione di una legge nazionale o regionale di modifica delle norme vigenti:

– assistenza ai minori nati fuori del matrimonio;

– funzioni assistenziali già svolte dall'Onmi in materia di minori nati nel matrimonio, nonché di gestanti e madri aventi difficoltà socio-economiche (legge n. 67/1993). Ciò non in tutte le Regioni;

– i ciechi e sordi poveri rieducabili.

L’emergenza del problema

La Commissione pari opportunità del Ministero pari opportunità riferisce che in Italia sono circa 3.000 i neonati abbandonati e ritrovati: il 73% è figlio di italiane, il 27%  di immigrate (tale dato comunque si rivela in costante aumento), prevalentemente tra i 20 e 40 anni. Le minorenni risultano il 6%.

È stata realizzata dal Ministero una campagna informativa in 5 lingue contro l’abbandono dei piccoli rivolta, oltre alle mamme, alle gestanti e alla gente comune, al personale sanitario, ai Comuni, ai politici, alle associazioni del privato sociale e del volontariato. Da ricerche effettuate dallo stesso Ministero emerge che l’abbandono dei minori riguarda tutti i ceti sociali: l’unica costante è la solitudine della donna insieme alla paura del giudizio in casa, in famiglia, ancora più forte nei piccoli paesi.

Inoltre il 1° rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (anno 2004-2005), realizzato da 35 associazioni italiane e internazionali che si occupano del problema, evidenzia che i piccoli non riconosciuti dichiarati adottabili sono circa 350-400 ogni anno.

L’altra emergenza assolutamente preoccupante riguarda gli infanticidi: essi sono in costante aumento: 12 nel 1998, 14 nel 1999, 20 nel 2000 e 63 nel 2001.

Quale Coordinatore degli Assessori alle politiche sociali pongo al dibattito e alla riflessione di quanti oggi partecipano al convegno con la loro esperienza e professionalità alcune tematiche di cui riferirò, con il vostro contributo, in sede tecnica nazionale del coordinamento degli Assessori e che successivamente potranno “tradursi” in Linee guida nazionali.

Esse potrebbero dare indicazioni rispetto al raggiungimento di alcuni sub-obiettivi, tenuto presente che l'obiettivo prioritario e da tutti condiviso è quello di garantire ai bambini e agli adolescenti la tutela dei diritti fondamentali alla salute, alla crescita, alla famiglia, ecc., nella consapevolezza che dovranno parallelamente essere eliminate le discriminazioni in materia di assistenza ai minori in modo da evitare conflitti di competenza, sovrapposizione di interventi, e promossi i necessari provvedimenti affinché tutte le funzioni socio­-assistenziali inerenti i minori siano attribuite ai Comuni. Ciò si è già realizzato in Emilia Romagna (legge regionale 2/2003) e in Piemonte (legge regionale 1/2004).

Pertanto i punti che ritengo importante proporre alla vostra riflessione e di cui mi farò portavoce in sede nazionale sono i seguenti :

1. individuazione, sulla base delle pluriennali esperienze realizzate nel nostro Paese, degli atti occorrenti per garantire interventi idonei a prevenire gli abbandoni che mettono in pericolo la vita dei neonati, per evitare gli infanticidi e per fornire alle gestanti le prestazioni necessarie perché possano assumere con la massima loro responsabilizzazione possibile le decisioni circa il riconoscimento o il non riconoscimento dei loro nati e ciò si rende possibile solamente se sono loro garantiti i diritti sopra citati (scelta se riconoscere o meno il neonato come figlio, diritto alla segretezza del parto, diritto all'informazione);

2. attivazione e/o potenziamento di interventi di prevenzione attraverso campagne pubblicitarie anche locali che tengano conto delle peculiarità culturali e sociali territoriali;

3. definizione di protocolli a livello territoriale (v. associazioni di Comuni, di Asl, convenzioni con il privato sociale, il volontariato, questura) per individuare percorsi comuni di informazione-formazione, di intervento, di reperimento di risorse e comunque di supporto alle gestanti e alle madri in grave difficoltà anche attraverso, ad esempio, la disponibilità di stanze letto singole al momento del parto, ospitalità presso comunità in cui la donna possa essere accompagnata da personale competente, nei due mesi dopo il parto, nel momento in cui deve prendere la decisione se riconoscere o meno il proprio nato;

4. sollecitazione perché nei piani di zona venga assunta questa problematica e definite le   modalità di risposta e di reperimento delle risorse;

5. esigenza di formazione per tutti coloro che vengono a contatto con queste situazioni. Non solo pertanto è necessario conoscere la normativa vigente rispetto all’assistenza sociale, psicologica e sanitaria prima, durante e dopo il parto, qualunque sia la propria scelta (tutelando così il diritto alla salute del nascituro), ma soprattutto deve essere considerata l’estrema delicatezza degli interventi rivolti ad ottenere in tutta la misura del possibile che il riconoscimento o il non riconoscimento vengano decisi in modo responsabile. Ciò comporta che gli interventi siano forniti da personale non solo specializzato (psicologi, assistenti sociali, educatori), ma anche in possesso di una preparazione specifica riferita anche alle conseguenze negative a medio e lungo termine derivanti dai riconoscimenti forzati, che purtroppo ancora avvengono e che determinano frequentemente abbandoni tardivi dei bambini con effetti negativi molto difficilmente recuperabili.

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