Torino, dicembre 2011

 

NORME PIù IMPORTANTI RIGUARDANTI LE PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI PERCHé COLPITE DA PATOLOGIE O HANDICAP GRAVEMENTE INVALIDANTI: APPUNTI IN MERITO ALLA PROPOSTA  ISTITUZIONE DI UN FONDO PER LA NON AUTOSUFFICIENZA [1]

 

 

NORME VIGENTI PRIMA DELLA LEGGE DI RIFORMA SANITARIA N. 833/1978

 

Regio decreto 6535/1889. I Comuni, salvo che gli oneri fossero assunti da altri enti assistenziali, erano obbligati a provvedere al ricovero delle persone «dell’uno e dell’altro sesso le quali per infermità cronica o per insanabili difetti fisici o intellettuali non possono procacciarsi il modo di sussistenza». In quel periodo erano considerati inabili al lavoro anche «i fanciulli che non hanno compiuto dodici anni».

 

Articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931. In base ai succitati articoli, ancora vigenti, «le persone riconosciute dall’autorità locale di pubblica sicurezza inabili a qualsiasi lavoro proficuo e che non abbiano mezzi di sussistenza, né parenti tenuti per legge agli alimenti e in condizioni di poterli prestare, sono sottoposte dal Prefetto, quando non sia possibile provvedere con la pubblica beneficenza, al Ministero dell’interno per il ricovero in un istituto di assistenza o beneficenza del luogo o di altro Comune». Premesso che i succitati compiti sono stati trasferiti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 alle Regioni e ai Comuni, si ricorda che, in base all’articolo 155 del citato decreto 773/1931, i Comuni dovevano (e devono) provvedere al ricovero (salvo che abbiano previsto servizi socio-assistenziali alternativi) degli inabili al lavoro non malati (per gli infermi interviene attualmente il Servizio sanitario nazionale) anche nei casi in cui i parenti, ricevuta dall’autorità di pubblica sicurezza la diffida per la corresponsione degli alimenti, non provvedevano (e non provvedono)[2].

 

Legge 1580/1931. Stabiliva che la rivalsa delle spese di spedalità e di quelle manicomiali poteva essere esercitata esclusivamente nei confronti dei parenti degli assistiti «che NON si trovino in condizioni di povertà». La circolare del Ministro dell’interno del 29 gennaio 1932, prot. 25200 precisava «il concetto di povertà agli effetti della ripetibilità o meno delle spese di spedalità deve essere quello dello stato di povertà relativa nel senso che tale stato sia sufficiente ad escludere il rimborso della spesa» e che l’azione di rivalsa «non è esperibile quando la condizione di povertà, pur non esistendo al momento del ricovero, sia successivamente intervenuta». Pertanto l’azione di rivalsa non era ammessa nei casi in cui il soggetto, mentre prima di ammalarsi viveva con le proprie personali risorse economiche, non possedeva il denaro necessario per pagare l’intera retta di degenza. La legge 1580/1931 è stata abrogata dalla legge 133/2008.

 

Regio decreto 383/1934. L’articolo 91 stabiliva che erano obbligatorie le spese a carico dei Comuni relative al «mantenimento degli inabili al lavoro». L’obbligatorietà di cui sopra è stata – purtroppo – cancellata dal decreto legge n. 702/1978, convertito nella legge n. 3/1979.

 

Leggi 841/1953 e 692/1955. In base a queste leggi, prima ai pensionati del settore pubblico e poi a quelli del settore privato, era stato riconosciuto, fra l’altro, il diritto alle cure ospedaliere gratuite e senza limiti di durata anche per i malati affetti da patologie croniche. Lo stesso diritto era stato concesso anche ai loro congiunti conviventi di qualsiasi età.

Quale contropartita il Parlamento aveva imposto un aumento dei contributi di malattia a carico dei lavoratori e dei datori di lavoro, aumento che mai è stato eliminato o ridotto.

Da notare che, anche dopo le succitate leggi 841/1953 e 692/1955, i lavoratori in servizio avevano diritto, escluse alcune malattie (ad esempio la tubercolosi), solamente ad un massimo di 180 giorni di ricovero ospedaliero. Trascorso detto periodo dovevano corrispondere la retta di ricovero con le loro personali risorse (redditi e beni). Quando i mezzi economici venivano a cessare, erano inseriti negli elenchi dei poveri, presenti in tutti i Comuni, ed avevano quindi diritto alle cure ospedaliere gratuite, essendo le relative spese a carico dei Comuni.

 

Legge 132/1968. L’articolo 29 imponeva alle Regioni di programmare i posti letto degli ospedali tenendo conto delle esigenze dei malati «acuti, cronici, convalescenti e lungodegenti».

 

Legge 180/1978. Stabiliva che la Sanità doveva garantire a tutti i cittadini, qualsiasi sia la loro età, i necessari servizi diretti alla prevenzione, cura e riabilitazione delle malattie mentali; le Province avevano trasferito alla Sanità il personale e i finanziamenti concernenti tutti i pazienti psichiatrici, compresi quelli anziani autosufficienti e non autosufficienti.

 

 



[1] Non vengono presi in esame gli eventi specifici concernenti le persone colpite da cecità e/o sordità.

[2] Cfr. l’articolo “Come abbiamo procurato un ricovero d’emergenza a un nostro congiunto colpito da grave handicap intellettivo”, Prospettive assistenziali, n. 123, 1998. L’accoglienza presso una comunità alloggio, ottenuta dopo 21 giorni dalla richiesta, è ancora in atto.